Si dice che il linguaggio dell’arte sia universale, perché capace di dialogare con tutti indistintamente. Ma allo stesso tempo è anche un «tramite» complesso, perché per arrivare ovunque necessita di abbattere alcune barriere, che spesso costituiscono un intralcio. Barriere normative, giuridiche, legali. Immaginate per esempio il momento del trasporto di un’opera d’arte, come per esempio un quadro di Van Gogh, e di doverlo prelevare da un museo per poi trasferirlo in un altro per un’esposizione temporanea. E immaginate pure i possibili danni che potrebbe subire l’opera durante questo trasporto. L’arte, del resto, non è una merce come le altre e trasportarla è un lavoro di estrema precisione. E lo è ancor di più se chi la trasporta deve farsi carico in toto del peso della responsabilità in caso di danni, dal momento che non sempre è chiaro come la si ripartisce tra vettore, fornitore o committente.
A tutto ciò aggiungiamoci pure che il trasporto delle opere d’arte non solo è particolarmente complesso dal punto di vista logistico (manovre delicate al carico e scarico, operazioni di imballaggio che devono rispondere a certi standard, utilizzo delle tecnologie più appropriate, anche in chiave sostenibile, per un determinato trasporto, ecc.), ma si inserisce più in generale in un mercato che, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, è pesantemente penalizzato dal punto visto burocratico e fiscale.
Ecco che allora questo linguaggio universale rischia di strozzarsi. E gli attori che stanno nel mezzo, ovvero quelli della catena logistica, fanno fatica a capirsi: vettori, committenti, doganalisti, galleristi. Di questo e altro si è parlato in occasione del convegno «Profili giuridici e doganali della circolazione e della logistica delle opere d’arte», organizzato dal Propeller Club Port of Bologna e tenutosi ieri a Bologna all’interno di Palazzo Vizzani, all’interno dello studio legale Zunarelli e nella sede dell’associazione culturale Alchemilla presieduta da Camilla Sanguinetti.
La responsabilità del vettore
Nel convegno è stato posto in primis l’accento sulla responsabilità nel trasporto di opere d’arte. Stefano Zunarelli, professore di Diritto della navigazione e dei trasporti all’Università di Bologna, ha discusso un esempio di modello contrattuale abbastanza in uso nel settore della movimentazione delle opere d’arte. Un contratto che menziona l’attività di trasporto come «prestazione primaria», ma che tuttavia di riferimenti alla normativa sui trasporti ha abbastanza poco. Anzi, la terminologia utilizzata in questi casi è sempre quella del contratto di appalto o della disciplina generale dei contratti contenuta nel codice civile. E in tale frangente il rischio di generare confusioni è alto, specie sul tema della responsabilità del vettore in caso di danni.
«Fatto salvo per le polizze assicurative sottoscritte per le opere da movimentare, da alcuni passaggi del contratto sembrerebbe che il trasportatore o il fornitore dei servizi assumi una responsabilità assoluta, cioè che non prevede esenzioni neppure nel caso di forza maggiore. Se per esempio c’è un terremoto e il veicolo risulta coinvolto e le opere d’arte danneggiate, il vettore è responsabile». Certo, sono previste alcune clausole di esonero, ma solo se diventa impossibile proseguire il trasporto. Tuttavia, se l’oggetto e i beni trasportati sono ugualmente danneggiati, la responsabilità cade comunque sul trasportatore (e quindi anche in caso di forza maggiore). A quel punto sembrerebbe che non resti altra strada che appellarsi alla copertura assicurativa, ma il punto è che non è contemplato un obbligo di assicurazione con esclusione della rivalsa nei confronti del trasportatore. Insomma, è facile che in questi casi qualche contenzioso possa sorgere sempre.
In generale, secondo Zunarelli, il fatto che spesso si adotti uno schema contrattuale il più generico possibile, è proprio l’effetto di una mancanza di una disciplina specifica dell’attività di trasporto di opere d’arte. Ecco quindi la richiesta: «Perché allora non introdurre interventi normativi ad hoc, come lo si è fatto per alcuni settori specifici del trasporto come ad esempio quello dei medicinali? Vista l’importanza dell’arte nel nostro Paese, forse i tempi sono maturi per fare un passo in questa direzione».
Una legislazione complessa
Altro problema preso in considerazione nel corso del convegno è la legislazione severa che interessa la movimentazione delle opere d’arte nel nostro Paese. Alessia Calarota, direttrice della Galleria d’Arte Maggiore di Bologna, ha sottolineato come «la logistica sia diventata una voce di bilancio sempre più importante all’interno dell’attività delle gallerie d’arte» e come, però, nel nostro Paese «si faccia di tutto per ostacolare la circolazione delle opere». Pur avendo enormi potenzialità, con interesse economici favorevoli, il mercato italiano è infatti fortemente penalizzato per complesse ragioni burocratiche e fiscali, tra cui i limiti posti all’export delle opere, vincoli vari delle sovrintendenze e lunghi iter di approvazione, senza dimenticare la pesante tassazione sulla compravendita di beni (in Italia, l’Iva per l’acquisto di opere viaggia tra il 22 e il 10%, ed è comunque superiore rispetto alla Francia, dove si attesta al 5%, seppure il disegno di legge Marti prevede di introdurre anche da noi la percentuale del 5,25% a partire dal 2025). «In Francia – ha sottolineato Calarota – lo Stato sta approvando tante leggi per agevolare la circolazione delle opere d’arte, mentre in Italia la si impedisce in ogni modo possibile e immaginabile».
Sull’argomento sono intervenute anche l’avvocata Federica Fantuzzi, che ha fornito un quadro generale della normativa doganale delle opere d’arte, e Silvia Arceci, cargo manager dell’Aeroporto di Bologna, che ha affermato la necessità di «semplificare gli iter normativi dal punto di vista pratico, per agevolare gli scambi ed essere concorrenziali».
Successivamente, Alvise di Canossa, presidente di Logistica Arte, ArtDefender e Arterìa, nonché membro delegato (dal presidente Riccardo Fuochi) del Propeller Club – Port of Milan, ha messo in evidenza come «nel mondo l’economia dell’arte e della cultura valga circa 80 miliardi di dollari all’anno. L’Italia, invece, muove appena 350-400 milioni di euro. Questo è dovuto al fatto che il nostro è uno dei Paesi con la più stretta normativa giuridica, per cui la circolazione delle opere d’arte è come se di fatto non esistesse».
Logistica sostenibile
Un altro elemento con cui il settore della logistica dell’arte si deve confrontare è quello della sostenibilità. «In Europa vi è una convinzione diffusa: quella di movimentare le opere d’arte utilizzando meno mezzi possibili per evitare l’inquinamento ambientale. In Italia questo concetto è ancora abbastanza scarso», ha commentato Alvise di Canossa, aggiungendo che «le richieste che gli appaltatori fanno ai trasportatori riguardano molto spesso l’impiego di più camion dedicati addirittura per un’unica opera. Anche se c’è in ballo il valore di una grande opera, non bisogna dimenticare di salvaguardare il mezzo e il modo con cui si trasporta l’arte, facendo sì ad esempio che il veicolo sia tecnologicamente avanzato e il meno impattante possibile per l’ambiente».
Sempre in ottica di sostenibilità, da segnalare l’intervento di Dino Menichetti, Regional Manager Dachser & Fercam Italia, che ha illustrato alcuni progetti sostenibili dell’organizzazione di cui è presidente, Fercam Echo Labs, tra cui il recupero di materiali di scarto della filiera logistica in un‘ottica di economia circolare, in particolare di legno (pallet a perdere, casse di trasporto, ecc.) per costruire degli arredi per esterno e interno, ma anche di Ethapoam, il polietilene assorbente per imballaggi che viene usato per ammortizzare urti e proteggere le opere d’arte nel trasporto.
Tra i relatori anche Roberto Miccù, Professore di Diritto Pubblico dell’Università La Sapienza di Roma, che ha sottolineato come a livello pubblicistico l’arte sia vista più come un qualcosa da tutelare piuttosto che da valorizzare a livello economico, e Lapo Sergi, Presidente di Apice S.c.r.l. e Vice-Chairman di Icefat, che ha enfatizzato come il ricorso a modalità più sostenibili, come quella marittima, espongono a tante incognite non soltanto dal punto di vista temporale, ma anche del rischio della protezione delle opere. E al riguardo ha ricordato che ogni anno finiscono in mare qualcosa come 3.000 container.
Alessandro Negri, infine, responsabile operativo della Fanzaga Autotrasporti, ha spiegato i vantaggi ambientali del trasporto di groupage applicato all’arte. Un sistema, in pratica, basato sul fatto che ogni settimana, a giorni prefissati, uno o più veicoli dell’azienda partono per raggiungere una decina di destinazioni in Italia e altrettante in Europa, in particolare laddove si svolgono le principali aste o in cui esiste una domanda di movimentazione di oggetti artistici. E in ogni centro raggiunto, i mezzi di Fanzaga coprono non soltanto la distribuzione, ma anche il ritiro di quanto diventerà il carico per il viaggio di ritorno. In questo modo si ottiene un’ottimizzazione dei carichi che è una delle principali precondizioni di un trasporto sostenibile.
Il convegno ha avuto poi un’appendice ludo-artistica, coincidente con l’inizio delle manifestazioni collegate ad ArteFiera, rappresentata dalla fruizione interattiva dell’installazione del collettivo «Canemorto», apparsa estremamente metaforica di quanto preso in considerazione nel corso del convegno. L’installazione, infatti, è rappresentata dalla creazione di una pista che si snoda nelle diverse stanze di un appartamento e su cui viaggiano dei piccoli veicoli, la cui struttura portante è costituita da un piccolo quadro. Una forma di movimentazione di oggetti artistici da vivere e sperimentare in modo giocoso, libero dai vincoli e dalle difficoltà di cui invece è gravato il mondo della movimentazione delle opere d’arte.
Un impegno per il futuro
Massimo Campailla, il presidente del Propeller Club Port of Bologna che ha concluso il convegno dopo che Marianna Tranchida e Francesco Montanari l’avevano moderato, ha constatato i tanti e interessanti spunti sollevati e ha espresso la volontà del Club di tornare sull’argomento, approfondendo singoli aspetti in futuri momenti di incontro. Molto probabilmente all’edizione 2025 di ArteFiera.