Sulla spinta delle incessanti istanze ambientaliste, il termine “economia circolare” è diventato ormai familiare a tutti, visto che basta interrogare un motore di ricerca perché appaiano migliaia di risultati. Si tratta di un tipo di economia in grado di rigenerarsi da sola, autogarantendosi una propria sostenibilità ambientale. In sostanza, la “circular economy” si basa sulla capacità di riutilizzare, recuperare o riciclare i materiali di scarto delle diverse fasi produttive, tentando di riconquistare la totalità o una parte del valore del bene finito, per reinserirlo in un nuovo ciclo di produzione o di utilizzo.
Una delle aziende più attive e all’avanguardia nel settore è il Gruppo Santini, che ha fatto da tempo dei servizi ambientali il proprio core business. La società di Bolzano è nata nel 1945, grazie alla passione e all’intraprendenza del fondatore Marino Santini e del figlio Sergio, ed è diventata oggi un punto di riferimento nel settore del riciclaggio in Alto Adige, con un fatturato annuo di 30 milioni di euro e 130 dipendenti. Il Gruppo si occupa di servizi ambientali (gestione rifiuti, ecoconsulenza e formazione), attraverso una propria struttura logistica e impianti di recupero e selezione del rifiuto.
Ma come si svolge l’attività dell’azienda? Ce lo dice Andrea Santini, amministratore delegato del Gruppo, insieme al fratello Mauro.
«L’esperienza acquisita nel corso degli anni nel settore della gestione dei rifiuti, pericolosi e non – spiega Santini – mediante la caratterizzazione e la raccolta degli stessi, ci ha permesso di ottimizzare l’attività fornendo tutta una gamma di servizi necessari. Il flusso ha inizio prelevando il materiale dai produttori, piccole e medie imprese, con una copertura su tutto il territorio e attraverso mezzi di nostra proprietà. Disponiamo di un parco veicoli composto da 55 mezzi, di cui 8 di piccola taglia, 11 di media grandezza e il resto oltre le 26 tonnellate. La maggior parte rientra nella classe di omologazione Euro 4 o superiore, con l’obiettivo futuro di cambiare progressivamente gli altri in Euro 6».
I veicoli di cui dispone l’azienda sono regolarmente autorizzati e attrezzati e in grado di trasportare tutte le tipologie di rifiuti solidi, liquidi e fangosi, pericolosi o meno, anche in regime di ADR. Si tratta principalmente di bilici, autocarri con impianto carrabile per la rapida movimentazione di cassoni (allestiti anche con polipo meccanico per il carico di rifiuti sfusi) e autocarri dotati di sponda mobile posteriore, per il carico in autonomia.
«Dopo il prelievo – precisa ancora Santini – il materiale misto viene trasportato nelle strutture del Gruppo dove viene lavorato, cernito e preparato per la spedizione. Si cerca di recuperare quanto più materiale possibile, poi il 70% del risultato è inviato direttamente al destinatario finale, sia esso impresa che riutilizza o discarica. Mandiamo la carta in cartiera, il ferro alle ferriere, la legna di riuso al Gruppo specializzato Saviola di Viadana (Mantova), l’alluminio, il rame e quant’altro alle aziende metallurgiche e così via. Il rifiuto generico è indirizzato invece o in discarica o all’inceneritore e quelli speciali (prodotti chimici e altro) sono spediti a impianti di trattamento specifici, per essere poi conferiti agli inceneritori dedicati. Dopo di che si carica altro materiale dai clienti e il giro ricomincia».
Il prelievo del rifiuto avviene in un raggio d’azione abbastanza contenuto, massimo un centinaio di chilometri dalla sede bolzanina. Il materiale pronto per essere spedito è invece affidato quasi completamente a vettori terzi, anche perché in questi casi il chilometraggio aumenta ed è una scelta più conveniente. Cinque camion al giorno vanno per esempio all’estero, con una piccola azienda che si trova in Austria.
Ma come sta andando l’economia circolare in Italia? Funziona benissimo, anzi verrebbe da dire fin troppo bene. Se c’è un problema, infatti, è quello della sovrapproduzione. In questo momento il riciclo di materiale è a livelli molto alti come volume complessivo, tanto che il quantitativo disponibile è molto maggiore rispetto alla richiesta. «C’è troppo materiale sul mercato rispetto a quello che basterebbe per produrre sufficiente riciclato – afferma Santini – Questa situazione comporta sbalzi di prezzo notevoli verso il basso, che complicano il mantenimento dei contratti e che quasi azzerano i margini di guadagno delle aziende come la nostra. In più si è aggiunto il problema dei dazi americani su ferro, alluminio e altro, per cui questi tipi di materie sono rimaste ferme nel Vecchio Continente. Il consueto fabbisogno europeo non è stato perciò sufficiente per smaltire la sovrapproduzione di materiale riciclato».
L’altra questione è che spesso si parla di economia circolare in modo improprio o parziale, sottovalutando la complessità dei vari modelli di business di cui è composta. La si ridimensiona, in altri termini, al solo riciclo, che è soltanto uno dei suoi aspetti: «È perciò importante – conclude Santini – che l’opinione pubblica capisca bene il concetto fondamentale che le risorse non sono infinite e che i vecchi modi di fare economia vanno definitivamente superati, se si vogliono ottenere rilevanti e positivi risultati ambientali».