Si blatera tanto di digitalizzazione. Dal Belgio arriva una lezione tutta pratica di cosa voglia dire. Siamo nel porto di Anversa, laddove nel 2020, in piena pandemia, le merci movimentate sono state pari a 230,8 milioni di tonnellate, in flessione del 3,1% sul 2019, a fronte invece di un record nei container: 139,0 milioni di tonnellate di carichi pari a 12,0 milioni di teu, in aumento dell’1,3% sull’anno precedente. Pensate che nel quarto trimestre 2020 lo scalo belga ha movimentato più di 3,1 milioni di teu (+5,5%). Ebbene, adesso per gestire questa marea montante di contenitori si adotta un sistema nuovo, un processo digitale pensato appositamente per il rilascio e definito Certified Pick up (CPu), con cui si abbandona l’identificazione basata sugli scomodi codici PIN per adottare invece un sistema Alfapass e soprattutto la semplice scansione del dito.
Lo scopo di questo sistema, oltre a rendere il processo più sicuro e trasparente, serve a rendere il rilascio dei container d’importazione, molto più veloce. È questa, in realtà, la seconda fase del CPu che inizierà ufficialmente il 1° luglio e che necessita, da parte delle compagnie di navigazione, la concessione dei relativi diritti al ritiro ai loro clienti e, quindi, di una registrazione da effettuarsi sul sito di NxtPort non più tardi del 1° giugno.
CPu è una piattaforma dati che collega tutti coloro che entrano a far parte del processo di importazione dei container, adottata in modo progressivo così come voluto dall’autorità portuale. Nella prima fase, iniziata a gennaio di quest’anno il sistema è servito a segnalare la procedura di avanzamento del container tramite una serie di “semafori verdi”.
Lo stesso direttore del porto di Anversa, Jacques Vandermeiren, ha spiegato che il nuovo processo serve a garantire un «rilascio rapido e ottimizzato dei container in arrivo, che poi lasceranno il porto per ferrovia, per navigazione interna o per camion».