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Uggè: «La responsabilità condivisa? Mai controllata: qui ha fallito la riforma della 286. Colpa di politica e committenza»

Sono 20 anni che l'autotrasporto è stato riformato con una normativa che rinunciava alle tariffe obbligatorie in cambio di maggiore responsabilità della committenza, chiamata ad avere più consapevolezza di quanto accade lungo la filiera. Il presidente di Unatras e di FAI giudica lacunosa la riforma in quanto sono mancati i controlli, anche perché «qualcuno non li ha voluti». Però, ribadisce la capacità di deterrenza di quel principio pure per contenere i tempi di attesa. Mentre sulla CQC "troppo cara" ha una soluzione: «Consentiamo di fare l’esame da privatisti». Infine, per Trasportounito, che agita il fermo, ha un suggerimento...

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La riforma della 286? Sostanzialmente «inattuata a causa della mancanza di controlli, che non sono mai stati effettuati anche per volontà della committenza!.
La CQC è lunga e costa troppo? «Ma perché la facciamo prendere da privatista come avviene in tutta Europa».
I tempi attesa al carico sono troppo lunghi? «Se un autotrasportatore rimane quattro ore sotto il sole o al gelo è probabile che non sia nelle condizioni psicofisiche ottimali per condurre un mezzo. Ma anche qui non è anche colpa di chi lo ha fatto attendere?».
È un Paolo Uggè a tutto campo, quello impegnato a gestire una trattativa con il governo che stenta a trovare un punto di approdo, ma anche propenso – in qualche modo – a tendere una mano a Trasportounito, che proclama fermi e «divide la categoria» quando invece «su alcune proposte saremmo tutti d’accordo». Al fondo di tutto, però, secondo il presidente di Unatrae e di FAI Conftrasporto, rimane «la lacuna mai colmata», che si è creata rispetto a una normativa decisiva dell’autotrasporto italiano, quella imponeva una responsabilità condivisa tra domanda e offerta di trasporto. Una normativa, il decreto legislativo n. 286/2005 voluto proprio da Uggè, quando all’epoca era sottosegretario ai Trasporti. E allora partiamo proprio da qui.

Presidente Uggè, sono trascorsi venti anni dalla riforma dell’autotrasporto contenuta nel decreto 286. Che bilancio si può fare?
Il bilancio è piuttosto negativo. La riforma prevedeva il passaggio da tariffe obbligatorie a tariffe identificate sui costi della sicurezza e della circolazione, definite dal ministero dei Trasporti con modalità di controllo in base al principio della responsabilità condivisa tra tutti i soggetti della filiera. Ma il presupposto era di effettuare i controlli, disponendo di verifiche approfondite nei casi di incidenti gravi sul rispetto delle normative che determinano la sicurezza sociale dei lavoratori, la circolazione e l’attività tipica di autotrasporto. Per qualche tempo, abbiamo mandato noi la comunicazione degli incidenti ai Prefetti, ma poi ci siamo resi conto che era inutile. Abbiamo fatto fare anche qualche interrogazione parlamentare per sensibilizzare le forze dell’ordine preposte ai controlli, ma comunque l’attività di sorveglianza è stata insufficiente. 

Chi non ha fatto la propria parte?
Coloro che dovevano disporre ed effettuare i controlli. Innanzitutto, le Prefetture, poi gli agenti: anche i CMR, acquistati per fare le verifiche sulle strade sono stati accantonati. La responsabilità è della politica, di chi ha gestito il Ministero dei Trasporti fino ad oggi. Il dato che emerge a 20 anni dall’emanazione di quella legge, di quel decreto legislativo, è che di fatto non è stato applicato.

Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri del 13 marzo scorso va in questa direzione? 
Si tratta sostanzialmente di controlli per verificare i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, le prestazioni salariali, i contributi, la sicurezza sociale, ma ci si dimentica sempre della parte significativa che è quella legata alla prestazione di trasporto. Una domanda su tutte: perché gli incidenti stradali dell’autotrasporto vengono classificati come incidenti stradali, invece che incidenti sul lavoro? Spesso, ci sono indicazioni e condizioni imposte dal committente o dal caricatore che impongono ritmi non in linea con la sicurezza stradale. Vogliamo verificare anche questi aspetti almeno quando siamo di fronte a incidenti gravi?

Perché gli incidenti stradali dell’autotrasporto vengono classificati come incidenti stradali, invece che incidenti sul lavoro? Spesso, ci sono indicazioni e condizioni imposte dal committente o dal caricatore che impongono ritmi non in linea con la sicurezza stradale. Vogliamo verificare anche questi aspetti almeno quando siamo di fronte a incidenti gravi?

Secondo lei perché non ci sono stati controlli adeguati?
È la dimostrazione che qualcuno – che io individuo nella committenza – è interessato a non far fare questi controlli. In questo modo si possono imporre condizioni al limite e tariffe che non tengono conto dei costi nel rispetto delle regole. 

Sono i temi all’ordine del giorno nel confronto aperto con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Cosa proponete per superare questa dinamica?
Abbiamo chiesto delle misure che intervengano come deterrente qualora non siano applicate le normative che concorrono a determinare maggiore sicurezza, come per esempio i costi minimi definiti dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Quale potrebbe essere una misura deterrente un po’ più incisiva?
Abbiamo in piedi una discussione sui tempi di sosta. Un autotrasportatore che rimane quattro ore sotto il sole o al gelo non è nelle condizioni psicofisiche ottimali per condurre un mezzo. Ecco qui che la responsabilità va accertata in base a quanto specificato nella legge 286/2005 su tutta la filiera. 

Si potrebbe intervenire innalzando i 40 euro/h oggi previsti dopo le prime due ore?
L’incremento, che pure ci è stato proposto, non cambia niente. Il problema è organizzativo: la committenza come si organizza per rispettare i tempi di consegna? C’è una responsabilità condivisa che va rispettata, altrimenti si può agire su diversi fronti: si può segnalare all’Albo che potrebbe far partire, in caso di mancato rispetto dei tempi di pagamento, la segnalazione all’Antitrust, per esempio, oppure alla Guardia di Finanza. Insomma, dobbiamo riuscire a sfondare il muro dei controlli: è uno degli aspetti fondamentali nella vertenza con il Governo. 

Le soluzioni per attuare la responsabilità condivisa possono essere diverse: vogliamo escludere dagli incentivi statali chi non rispetta le norme? È una possibilità. La scelta di come far rispettare queste norme di sicurezza sociale e della circolazione spetta a chi ha la responsabilità politica

Avete pensato di includere la committenza al tavolo di confronto?
È una cosa che è stata fatta nel 2009-2010 e fu un errore: la committenza ricorse a Bruxelles contro i costi minimi della sicurezza accusandoci di patti di cartello e vennero annullati. Quindi includere la committenza nelle trattative con il Governo è un rischio che non vogliamo più correre: meglio concordare con il ministero i passi da fare e concretizzarli in una legge dello Stato. Poi sarà il ministero a interfacciarsi con la committenza per pretendere il rispetto della legge. Le soluzioni possono essere diverse: vogliamo escludere dagli incentivi statali chi non rispetta le norme? È una possibilità. La scelta di come far rispettare queste norme di sicurezza sociale e della circolazione spetta a chi ha la responsabilità politica. La strada c’è da vent’anni.

Come nel caso dell’abuso di subvezione per cui non c’è una sanzione certa…
In quel caso si risale a coloro che hanno fatto i vari passaggi e al committente che affida i contratti di trasporto. La modalità c’è ed è quella di coinvolgere direttamente il primo committente, come nella protesta dei bisarchisti nel 2003-2004 che terminò quando convinsi Sergio Marchionne a far inserire nei contratti la responsabilità diretta dei primi vettori.

Abbiamo visto che oggi nella maggior parte dei tender c’è il divieto di subvezione, ma ahimè sappiamo che spesso viene aggirato…
Infatti, non basta scrivere, devi anche controllare. Lo Stato deve intervenire, ma manca una politica mirata a reprimere questi comportamenti vergognosi. Tutto questo per quale vantaggio? Per un risparmio sul costo del trasporto da parte del committente, quando peraltro incide pochissimo sul prezzo del singolo oggetto. 

Un autotrasporto che subisce questo sistema sarà mai in grado di andare incontro alla transizione energetica?
Certo che no. E quindi anche su questo noi siamo costretti a chiedere al Governo un ristoro significativo per il rinnovo del parco circolante. 

Rispetto alla CQC la direttiva comunitaria non prevede corsi lunghi e costosi come vengono imposti in Italia. E allora, perché non consentire ai canditati di presentarsi da privatisti come accade ora con la patente? L’importante è superare l’esame e abilitarsi. Ma in questo modo non si chiede ai giovani di sostenere un costo di 4-5mila euro per diventare autisti…

Tornando alla vertenza con il Governo, Trasportounito ha revocato il fermo. Che ne pensa?
Rispetto le decisioni di ognuno, ma secondo me è stata una scelta sbagliata averlo annunciato, perché divide e indebolisce la categoria. Detto questo, quello che Trasportounito sta chiedendo è condivisibile, ma è un percorso che va costruito con il confronto costante e continuo. Per esempio, tra le proposte di Trasportounito ce n’è una molto convincente, rispetto alla semplificazione della CQC: la direttiva comunitaria non prevede corsi lunghi e costosi, come vengono imposti attualmente. E allora, perché non consentire ai canditati di presentarsi da privatisti come accade ora con la patente? L’importante è superare l’esame e abilitarsi. Ma in questo modo non si chiede ai giovani di sostenere un costo di 4-5mila euro per diventare autisti…

Non c’è ancora una data per il confronto con il MIT, mentre Unatras ha convocato i vertici per il 9 aprile…
Il 9 aprile prenderemo delle decisioni anche in base a quello che sarà successo, non escludendo anche la proclamazione di un fermo. Trasportounito, nel caso, dovrebbe rafforzare questa iniziativa. Il segretario generale di Assotir ha detto una cosa vera: «Il governo ha ripreso a ritrattare, vediamo di portarlo a conclusione». Poi, se non risponde, la strada è quella della protesta. 

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