Proviamo a vederla in un altro modo. La diligenza a cui si dà l’assalto non è più quella della legge di Bilancio (ex legge di Sostenibilità, ex ex legge Finanziaria), ma quella dei rimborsi (parziali) dell’accisa sul gasolio degli autotrasportatori. L’iconografia classica rappresenta la legge con la quale il governo decide la spesa per l’anno successivo come una sgangherata carrozza dell’epopea western, carica di valigie, pacchi e pacchettini (le risorse) legati alla meno peggio sull’imperiale, a bordo della quale i viaggiatori (il governo), sporgendosi pericolosamente dai finestrini, sparano su un’orda di pellerossa famelici (le categorie o, se preferite, le lobby), i quali con carabine, archi e frecce, spronano i loro mustang cavalcati a pelo, per avventarsi sulle valigie – piene di whisky, di armi o di pepite d’oro – per impadronirsene (con un emendamento) e, al chiuso del teepee, soddisfare le proprie basse ingordigie.
Per una volta proviamo a pensare che la diligenza, anziché essere quella del governo, sia quella dell’autotrasporto, che le valigie contengano le risorse destinate al settore, che quella più grande racchiude gli sgravi per l’accisa sul gasolio e che, al posto dei pellerossa, ci siano i ministri del governo in carica (e qualche altra categoria o, sempre se preferite, qualche altra lobby, perché le lobby sono sempre soltanto quelle degli altri), mentre dalla diligenza si affacciano le associazioni degli autotrasportatori per difendere, sparando raffiche di dichiarazioni, i beni che permettono la sopravvivenza della categoria contro la concorrenza internazionale.
UNO SGRAVIO PER LA COMPETITIVITÀ
Perché lo sgravio sulle accise per i veicoli al di sopra le 7,5 tonnellate – protagonista anche quest’anno della legge di Bilancio per quanto riguarda l’autotrasporto – nasce nel 2000 sulla base di una direttiva europea del 1996 (e adottata anche da Belgio, Francia, Slovenia, Spagna e Ungheria) proprio per avvicinare alla media europea le nostre tariffe che sono tra le più alte d’Europa. Si tratta di uno sconto di 214,18 euro per ogni mille litri, grazie al quale gli autotrasportatori pagano «solo» 403,22 euro di accisa (sempre per mille litri), anziché 617,40 (per far due conti, il 14 ottobre il prezzo alla pompa era di 1,473 euro al litro).
Dal 2013 a oggi, però, quel baule traboccante pepite d’oro (poco più di 1,2 miliardi) faticosamente estratte con anni di scavo dalle miniere governative, ha cominciato a far gola ai predatori del deserto del Mojave, capeggiati dal gran capo Tabula Rasa (il ministro dell’Economia di turno) che hanno cominciato a cercare di impadronirsene in ogni legge finanziaria, incontrando ogni volta la feroce resistenza della diligenza, pronta (paradossalmente) a fermarsi pur di respingere l’assalto.
IL PARCO CIRCOLANTE DEI VEICOLI INDUSTRIALI | ||
classe ambientale | veicoli circolanti | % |
Euro 0 | 91.420 | 14,0 |
Euro 1 | 59.423 | 9,1 |
Euro 2 | 103.827 | 15,9 |
Euro 3 | 168.474 | 25,8 |
Euro 4 | 33.956 | 5,2 |
Euro 5 | 127.988 | 19,6 |
Euro 6 | 67.912 | 10,4 |
TOTALE | 653.000 | 100 |
Fonte: Elaborazione Uomini e Trasporti su stime Unrae al 31/12/2017 |
Ma già nel 2016, con l’accordo delle associazioni, dal baule caddero nelle mani di Tabula Rasa i primi 140,9 milioni, grazie all’esclusione dal beneficio di veicoli di classe ecologica fino agli Euro 2 compreso (i più inquinanti e pericolosi), con l’impegno di spenderli però per ferrobonus e marebonus. Non è bastato. Da allora, ogni anno, in nome dell’Ambiente è partito un nuovo assalto, per accaparrarsi un 15% di quel miliardo e passa stanziato per coprire lo sconto sulle accise del gasolio. Assalto che, però, rintuzzato ogni volta, sembrava definitivamente respinto lo scorso anno, con una legge di Bilancio per cancellava almeno per il triennio, la minaccia di quel taglio.
IL DDL «CLIMA»
Evidentemente il governo (ma era un altro) parlava con lingua biforcuta, se a metà settembre il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, ne ha annunciato la riduzione del 10% già nel 2020, per arrivare al loro annullamento nel 2040, in un disegno di legge inizialmente denominato «Ambiente» ma, dopo la performance di Greta Tumberg all’Onu, subito ribattezzato disegno di legge «Clima». Apriti cielo! Gli assaltati della diligenza che con la legge di Bilancio del 2018 credevano di aver raggiunto una piazzaforte ben difesa, si sono ritrovati a Fort Apache. «Un clamoroso autogol per lo Stato», ha tuonato il vice presidente di Confcommercio e Conftrasporto, Paolo Uggè, paventando il «nomadismo del pieno» nei Paesi confinanti, prospettiva temuta anche dal presidente di Confartigianato Trasporti, Amedeo Genedani che ha definito il provvedimento «drastico e socialmente inattuabile» e il segretario di Assotir, Claudio Donati, ha aggiunto riferendosi al nuovo governo: «Se il buongiorno si vede dal mattino, finora abbiamo visto solo nuvoloni che non promettono niente di buono».
La proposta sollevata in un convegno dell’AIRP
«CREDITO DI IMPOSTA SULL’ACQUISTO DI PNEUMATICI RICOSTRUITI»
Introdurre un credito di imposta sulla spesa relativa all’acquisto di pneumatici ricostruiti: la richiesta di questa misura di fiscalità ambientale, utile a supportare la crescita della filiera della ricostruzione di pneumatici, è emersa nel corso del convegno “Non chiamatelo rifiuto! Sfide e nuove prospettive per l’economia circolare” organizzato da Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) a Roma lo scorso 25 settembre, riscuotendo notevole interesse. A sollevare la proposta è stato Franco D’Amore (vicepresidente e direttore Area Energia I-Com – Istituto per la Competitività che ha definito il settore della ricostruzione di pneumatici rappresenti un mercato estremamente interessante, in quanto emblematico di come si possa ripensare un prodotto in maniera intelligente. Un settore – ha aggiunto – che «in Italia ha un know-how innovativo che va sempre più incentivato».
In apertura, il presidente di Airp, Stefano Carloni, aveva sottolineato la necessità di creare strumenti idonei ed efficaci per accelerare la transizione verso il modello dell’economia circolare. «Un impulso significativo in tal senso – ha ricordato – è senz’altro stato dato dal cosiddetto pacchetto Economia Circolare (le quattro direttive europee approvate nel maggio del 2018 dal Consiglio Europeo) che prevede per i paesi dell’Unione europea ambiziosi obiettivi di riciclaggio e di riduzione dei rifiuti, nell’ottica di promuovere una più generale transizione verso l’economia circolare. Il nostro Paese però, ad oggi, non ha ancora recepito tali direttive. La scadenza per il recepimento è a luglio del 2020 e auspichiamo pertanto che, a fronte di tale obbligo, il decisore pubblico arrivi a creare strumenti efficaci per supportare un nuovo modello industriale». G.B.
LE LETTERE DI UNATRAS
Perché l’assalto alle accise avviene, come da metafora, in un deserto: quello delle relazioni con l’esecutivo da poco insediato, che ancora non ha dato cenni di vita alle associazioni dell’autotrasporto, nonostante la prima richiesta di incontro alla nuova ministra Paola De Micheli, le sia stata fatta pervenire il giorno stesso della sua nomina con una lettera di Unatras, il principale raggruppamento di associazioni del settore. Alla quale è seguita, subito dopo le prime notizie sul ddl «Clima», una seconda missiva – più preoccupata e dettagliata – per tornare a chiedere un incontro, definendo «inaccettabile» l’idea di un taglio lineare dello stanziamento per le accise, ma offrendo disponibilità a un intervento graduale, purché collegato alla creazione di un Fondo per il rinnovo del parco, alla ripubblicazione dei valori di riferimento dei costi d’esercizio, alla operatività delle norme sui tempi di pagamento.
Quindici giorni dopo – e siamo a mercoledì 9 ottobre – in assenza di risposte, il tono di Unatras è diventato minaccioso: una terza lettera alla ministra registrava il «malcontento» degli autotrasportatori, protestava perché la categoria «ha solo assistito ad annunci di provvedimenti a mezzo stampa, senza essere coinvolta in decisioni che potrebbero segnare la sopravvivenza stessa di decine di migliaia di imprese dell’autotrasporto italiano» e annunciava la convocazione «nelle prossime settimane» dei propri organi esecutivi «per assumere le decisioni conseguenti vista la perdurante mancanza di risposte alle problematiche emergenziali».
RINVIATO AL 2021
La durezza dei toni qualcosa deve aver smosso, dal momento che due giorni dopo l’invio di quest’ultima lettera, il ministro Costa ha annunciato che la misura sarebbe uscita dal ddl «Clima» e sarebbe stata affrontata nella legge di Bilancio e, a metà ottobre, il Documento programmatico propedeutico alla stesura della legge rinviava l’eliminazione del beneficio al 2021, limitandolo alle classi ecologiche Euro 3 e Euro 4. Non proprio quello che si aspettavano le associazioni, ma certamente una base su cui ragionare.
Uggè per primo, infatti, aveva subito suggerito di correggere il taglio lineare che avrebbe penalizzato «anche i mezzi pesanti meno inquinanti come gli Euro 6» e di colpire invece «solo i veicoli più vecchi», spingendo così «le imprese a rinnovare il parco circolante, con un evidente vantaggio per l’ambiente, considerato che il 60% dei mezzi circolanti in Italia è di categoria ante Euro 4» e anche per l’automotive e per lo Stato, «che incasserebbe l’Iva su ogni veicolo di nuova generazione acquistato».
In realtà, l’esclusione degli Euro 3 dai benefici dello sconto, gli autotrasportatori se l’aspettavano già lo scorso anno, tanto più che continuano a susseguirsi le misure degli enti locali che ne proibiscono la circolazione: in varie forme sono già in vigore in quattro regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto) e nel Lazio. Gli ultimi li hanno decisi a Roma (dal 1° novembre nel cosiddetto «Anello ferroviario»), mentre dal 1° ottobre a Milano e in tutta la Lombardia è scattato il divieto per tutto l’anno, dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 19.30. L’aggiunta degli Euro 4 è una sorpresa, ma di scarsa entità. I dati Unrae al 31 dicembre 2017 mostrano che dei 653 mila veicoli pesanti in circolazione, il grosso è proprio costituito dagli Euro 3 (168.474, pari al 25,8%), mentre gli Euro 4 sono solo 33.956 (il 5,2%). Con il 40% già fuori dai benefici (Euro 0, 1 e 2), questi resterebbero soltanto al 30% di veicoli più nuovi: gli Euro 5 (127.988) e gli Euro 6 (67.192).
IL FONDO PER IL RINNOVO DEL PARCO
Dunque, un grosso risparmio per lo Stato. Ma difficilmente l’autotrasporto accetterebbe che queste nuove pepite d’oro finite nelle mani dei guerrieri di Tabula Rasa, andassero molto lontano da Fort Apache. Tanto più che fin dall’inizio dell’assedio agli Euro 3, l’impegno era di accompagnare la misura con un Fondo per il rinnovo del parco che, con un’età media di 13,8 anni, è tra i più vecchi d’Europa, come ha ricordato il presidente della sezione Veicoli industriale di Unrae, Franco Fenoglio, insistendo che bisogna «ottenere un significativo rinnovo del parco circolante, la cui anzianità media continua intanto a crescere», invece che di lanciarsi in «vaghe affermazioni sulla necessità di attuare una politica verde».
Qualcosa anche su questo terreno si sta muovendo. Intanto sembra finalmente giunto in porto, con l’imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, lo stanziamento di 25 milioni promesso per il 2019 (9 dei quali per l’acquisto di Euro 6 con rottamazione, altri 9 per veicoli ad alimentazione a basso impatto, gli altri per rimorchi, semirimorchi e casse mobili). Un’altra quindicina (15,7 per la precisione), dovrebbero arrivare attraverso il decreto fiscale collegato alla prossima legge di Bilancio, che assegna alle imprese iscritte al REN e all’Albo degli autotrasportatori un contributo tra i 2 e i 20 mila euro per radiare e rottamare veicoli dalle 3,5 tonnellate in su, con contestuale acquisto o noleggio, di altri veicoli Euro 6 o a basso impatto ambientale.
Ancora poco, probabilmente, ma insomma, tra pellerossa e Fort Apache, se non proprio una bandiera di pace, ci sono scout e ranger al lavoro, su un problema che è davvero aspro. Lo sgravio delle accise per l’autotrasporto – lo abbiamo ricordato all’inizio – non è un’esclusiva italiana. In Francia lo sconto è stato ridotto quest’estate di 2 centesimi al litro; un incontro delle associazioni di categoria con la ministra dei Trasporti Élisabeth Borne, a metà ottobre, non ha avuto esito positivo e ora la parola passa al Parlamento che il prossimo 19 novembre dovrà votare il taglio nella legge Finanziaria. «Il governo», ha scritto in una sua nota la Fédération Nationale des Transports Routiers (FNTR), «è sordo alle richieste del settore». Anche Oltralpe hanno il gran capo Tabula Rasa, solo che si chiama «Orecchio Chiuso».