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Salvini ministro delle Infrastrutture: cosa vuol dire per l’autotrasporto

Da un certo punto di vista se un leader politico punta al ministero dell’Interno e poi ne accetta un altro in cambio, significa che questo secondo è comunque di pregio. E in effetti, seppure – forse – decurtato delle competenze del Mare, lo è di certo, visto che gestirà una montagna di soldi in arrivo dal PNRR e da altri fondi. Ma un occhio dell’autotrasporto, scarico di autisti, va anche al ministero della Natalità. Sperando che, più che incentivare le nascite, attui politiche demografiche

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Era nell’aria da giorni e nel week end di esordio del governo a guida Giorgia Meloni c’è stata la conferma: Matteo Salvini è il nuovo ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. Carica importante, che si cumula – in tandem con il nuovo ministro degli Esteri, Antonio Tajani – con quella di vicepresidente del Consiglio, già ricoperta nel primo governo Conte. Tutti sanno che Salvini volesse in realtà il Viminale, perché da ministro degli Interni si governano meglio i flussi migratori. In realtà, se si considerano che i terminali di tali flussi sono i porti, anche dalle Infrastrutture si può condizionare l’azione sui migranti. Se non fosse che sul Mare ora si affaccia – e governa – anche il nuovo ministro del Sud, Nello Musumeci. Cosa voglia dire e come si coordini questo con il ministero delle Infrastrutture non è ancora chiaro. Ma è certo che la cosa interessa, oltre che i trafficanti di migranti, anche tutte le Autorità portuali italiane. Il conferimento delle deleghe all’interno dei singoli ministeri, atteso nei prossimi due o tre giorni, aiuterà a capire.

Rimane il fatto, però, che il ministero delle Infrastrutture acquista un evidente riconoscimento in termini di importanza: perché se un leader politico, seppure frenato elettoralmente, lo accetta quale incarico di peso significa che il capo condominio di piazza di Porta Pia è un ruolo di prestigio. Non vi fate troppe illusioni, però. A renderlo tale sono soprattutto i contenuti – e i soldi – che traboccano dai cassetti relativi alle Infrastrutture più che quelli riferiti ai Trasporti. Cosa evidente già ieri e oggi a maggior ragione, visto che, dopo il lavoro ineccepibile dal punto di vista temporale dell’ex ministro Enrico Giovannini, il ministero delle Infrastrutture si trova a gestire l’attuazione pratica – che spesso significa organizzazione dei cantieri e assunzione di personale – di una sessantina di miliardi di progetti piovuti per i due terzi dal PNRR e per un terzo dal Fondo nazionale complementare. E dentro c’è di tutto, dal rinnovo del parco veicolare del trasporto pubblico locale alla realizzazione della diga foranea di Genova. Senza considerare che a questa montagna di soldi si aggiungono quelli provenienti da altri fondi settoriali (circa 104 miliardi di cui la metà in viaggio verso le ferrovie) e 48 miliardi di appalti già aggiudicati.

Quindi, se è anche vero che la premier Meloni ha voluto nominare un ministro specifico (Raffaele Fitto) – seppure senza portafoglio – per l’attuazione del PNRR e che quindi anche qui ci sarà da capire i contorni delle deleghe, è del tutto evidente che il quantitativo di denaro che si troverà a gestire il dicastero salviniano non ha eguali né con quelli in dote ad altri ministeri, né con quelli amministrati in passato dello stesso ministero. E forse la neo premier spera che tutto questo mare di progetti tenga impegnato il leader leghista e non lo faccia debordare o distrarre da altre sirene dell’attualità, quelle a cui il leader leghista ha il vizio, il gusto e anche l’abilità a rincorrere.

Tutto questo per l’autotrasporto avrà un impatto diretto, anche perché nelle pieghe del PNRR – come detto – si trova di tutto, compresa la realizzazione di una quarantina di stazioni di ricarica a idrogeno per veicoli pesanti. Sarebbe comunque utile se nella realizzazione di tutte queste opere, si desse spazio anche a quelli destinati alle aree di sosta per camion, utilizzando quel miliardo e mezzo stanziato da Bruxelles. Lo richiedono la sicurezza delle merci e soprattutto quella dei conducenti. Quelli attuali e quelli potenziali. Perché è chiaro che se tanta parte delle pause e delle soste degli autisti si svolge all’interno di tali spazi, è molto probabile che la scarsa qualità di questo luogo di lavoro tenga lontani i giovani da questa professione gravemente lacunosa.

Certo, il problema principale è pure che di giovani in realtà ce ne sono sempre meno, perché se l’Europa è una società anziana, l’Italia è più vecchia della media europea e l’autotrasporto italiano è più vecchio della media della società italiana. Ma qui si entra in un altro discorso e, da oggi, in un’altra competenza (della ministra Eugenia Roccella), affidata per la prima volta alle cure di un ministero specifico, aggregato a quello della famiglia, e definito della Natalità. Chi, come l’autotrasporto, attende un ringiovanimento urgente, forse avrebbe potuto confidare di più su un ministero della «Demografia», in grado cioè di gestire il fenomeno nel suo complesso e non tramite il solo incremento delle nascite, giocoforza più lento e macchinoso. Ma è questione di etichette, che valgono molto meno delle soluzioni concrete. Se arrivano le seconde, delle prime ci si scorderà in fretta.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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