Come tutte le novità, anche il riformato Codice della Strada ha suscitato parecchie polemiche soprattutto da parte di associazioni, opposizioni politiche e organizzazioni per la mobilità sostenibile. Le contestazioni non si riferiscono solo al merito, ma anche al metodo di approvazione, giudicato frettoloso e poco sensibile alle esigenze degli utenti più deboli della strada.
Ma quali sono le lacune – presunte o effettive – della nuova normativa? Cerchiamo di fare chiarezza.
Le controverse norme sulla sicurezza
Uno dei punti più discussi è quello sulla ricaduta dei nuovi provvedimenti in tema di sicurezza.
Si è ragionato al riguardo con l’inasprimento delle sanzioni per contenere l’eccesso di velocità e l’uso del telefonino al volante. Poi è stata introdotta la sospensione breve della patente di guida da 7 a 15 giorni (elevati a 30 giorni in caso di incidente) per circolazione contromano, passaggio con il rosso, mancato utilizzo del casco e delle cinture di sicurezza e utilizzo di dispositivi elettronici alla guida.
Ugualmente apprezzabile appare l’installazione di specifici cartelli per contrastare l’imbocco in contromano delle strade, con una postilla specifica per i veicoli pesanti che, nei tratti autostradali con divieto di sorpasso, dovranno utilizzare esclusivamente la corsia più vicina al margine destro della carreggiata, salvo diversa indicazione.
Dall’altro lato, molte critiche ha sollevato la modifica sul rilevamento con gli autovelox, per la quale se si ricevono più multe nello stesso tratto stradale, entro un’ora e sotto la competenza dello stesso ente, si applica una sola sanzione (la più grave, aumentata di un terzo). Per i detrattori questo sarebbe un incentivo a violare le regole e si porterebbe dietro anche un allentamento dei controlli sulla velocità. E ha fatto storcere parecchi nasi anche la limitazione dei controlli automatici per guida distratta, che riguarda appunto principalmente l’uso del cellulare.
I tanti problemi delle norme per guida sotto effetto di stupefacenti
Le maggiori polemiche, però, si sono concentrate sulle novità introdotte dalle norme che disciplianano la guida sotto stupefacenti. Chi viene trovato al volante sotto l’effetto di droghe, infatti, si vedrà revocata la patente con sospensione di tre anni. Per arrivare a tanto, ora basta la positività al test senza – ed è qui la differenza rispetto al passato – la necessità dello stato di alterazione psico-fisica. Nel provvedimento non sono compresi i consumatori di cannabis terapeutica.
C’è da dire che la Cassazione ha in parte depotenziato la norma, affermando che solo l’esame del sangue è affidabile per determinare lo stato di alterazione da droga. Ma anche altre argomentazioni vengono portate a critica della riforma.
Manca una lista delle sostanze e i livelli di soglia
L’Associazione Guarneri Onlus evidenzia come manchi – oggi, ma in realtà anche ieri – una chiara lista di quali siano le sostanze stupefacenti e psicotrope non permesse alla guida. Inoltre da nessuna parte si indicano i livelli soglia per le sostanze (e non si fa riferimento a tale determinazione in nessun ulteriore decreto). Le benzodiazepine, per esempio, ansiolitico molto diffuso, sono incompatibili con la guida ma, avendo una durata d’azione di 5-10 ore, in quel periodo non si potrebbe guidare. Di più: se non è specificata alcuna soglia, si potrebbero trovare dopo 24 ore ancora tracce di benzodiazepina nel sangue o addirittura dopo giorni nelle urine.
Test salivari poco attendibili
Altra criticità: nel testo di legge si fa riferimento come primo accertamento ai campioni salivari, poi passati a laboratori certificati per fare esami tossicologici analitici. Ora, i test salivari sono utili, ma non sono disponibili per tutti i tipi di sostanze e possono occasionalmente produrre falsi positivi a causa di interazioni con farmaci o altri prodotti. Quindi per confermare un risultato positivo che abbia valore legale potrebbero non essere sufficienti.
Si crea così una disparità di trattamento fra chi guidando «dopo aver assunto stupefacenti» venga fermato per un controllo e chi, guidando «dopo aver assunto stupefacenti», uccida una persona in un omicidio stradale. E la disparità va a favore di quest’ultimo.
Omicidio stradale solo con lo stato di alterazione
Ma anche ammettendo che tutti questi interrogativi possano essere risolti con ulteriori decreti o direttive – aggiunge l’Associazione – rimane l’intoppo più grave, ovvero le modifiche alla legge sull’omicidio stradale e a quella sulle lesioni stradali, dove è stato inserito come aggravante «lo stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope».
Si crea così – di fatto – una disparità di trattamento fra chi guidando «dopo aver assunto stupefacenti» venga fermato per un controllo e chi, guidando «dopo aver assunto stupefacenti», uccida una persona in un omicidio stradale. E la disparità va a favore di quest’ultimo.
Stefano Guarneri, presidente dell’Associazione, spiega il concetto con un esempio: «Supponiamo che un guidatore venga fermato e al droga-test risulti positivo al metabolita benzoilecgonina, ovvero il primo metabolita della cocaina, avendola assunta in precedenza. Con la nuova normativa è un chiaro art. 187 e quindi al conducente viene contestata un’ammenda dai 1.500 ai 6.000 euro; l’arresto da 6 mesi ad un anno; la sospensione della patente di guida da uno a due anni. Supponiamo altresì che lo stesso autista invece che venir fermato dalla Polizia investa ed uccida un bambino sulle strisce – caso realmente verificatosi – e risulti positivo al metabolita della cocaina. Dato che il 589 bis parla di “stato di alterazione psicofisica”, non sarà possibile dimostrare lo stato di alterazione, quindi nessuna aggravante e condanna a omicidio stradale semplice da 2 a 7 anni e non aggravato con pena da 8 a 12 anni».