Il percorso di riduzione delle emissioni rimane rigoroso anche per i camion e ancora di più per gli autobus urbani. Rispetto ai biocarburanti, non passa l’emendamento con cui si prevedeva l’inserimento del fattore di correzione del carbonio, ma viene comunque introdotta una definizione di biocarburanti, da portare adesso all’approvazione del trigono.
Ma procediamo con ordine, con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che percentualmente, rispetto al 2019, devono raggiungere il 45% nel periodo 2030-2034, il 65% nel 2035-2039 e il 90% a partire dal 2040. È questo il cuore della decisione presa dal Parlamento europeo martedì 21 novembre con 445 voti favorevoli, 152 contrari e 30 astensioni. I tagli di emissioni, peraltro, si applicano a tutti i veicoli, anche a quelli definiti come «professionali» e individuati nei camion per la raccolta rifiuti, quelli con cassone o allestiti con betoneria. E ovviamente comprendono anche gli autobus seppure con un criterio più rigoroso. Perché per questa tipologia di veicoli il Parlamento concorda con la proposta della Commissione di autorizzare l’immatricolazione solo di nuovi autobus urbani a zero emissioni a partire dal 2030, e propongono un’esenzione temporanea (fino al 2035) per gli autobus urbani alimentati a biometano, in determinate condizioni.
Il relatore del provvedimento, il verde olandese Bas Eickhout, ha ricordato che autocarri e autobus a zero emissioni sono necessari ai fini della transizione energetica, perché sono «una componente fondamentale per avere un’aria più pulita nelle nostre città». Ma soprattutto ha sottolineato come la nostra proposta va intesa come una proposta ai governi nazionali di «investire nell’elettrificazione e nell’idrogeno».
La definizione di carburanti CO2 neutrali
Fin qui nulla niente di nuovo rispetto a quanto già approvato dalla Commissione Ambiente del Parlamento qualche settimana fa e che ricalcava anche la posizione espressa dal Consiglio.
Rimane invece da capire il capitolo «biocarburanti». L’emendamento introdotto non riguarda il fattore di compensazione del carbonio – come detto – ma l’individuazione di una definizione dei carburanti neutri dal punto di vista delle emissioni di CO2, individuati nel «biogas, biocarburanti o carburanti sintetici», ritenuti in grado «già oggi, di contribuire a una significativa riduzione della CO2 e al miglioramento della qualità dell’aria, nonché avere un ruolo fondamentale nella transizione. Nel contempo, possono far parte della soluzione in futuro nei casi in cui sia difficile o impossibile disporre di un autocarro elettrico o a idrogeno».
La posizione della Commissione
Un’apertura modesta, ma basata soprattutto sulla logica. D’altra parte, già prima della votazione parlamentare il commissario europeo per l’Azione per il Clima, Wopke Hoekstra, aveva detto a chiare lettere che «la Commissione europea non pensa che includere un cosiddetto fattore di correzione del carbonio nelle nostre regole sia la strada giusta da seguire» per abbattere le emissioni del settore trasporti, facendo espresso riferimento all’iniziativa italiana di introdurre nelle nuove norme una modalità per calcolare il contributo dei carburanti a zero-basse emissioni, quali appunto i biocarburanti, all’interno dei regolamenti. L’unica apertura che Hoekstra ha concesso riguarda la possibilità di accordare ai costruttori di camion un «bonus di conformità per la produzione di nuovi camion, laddove gli Stati membri garantiscano la fornitura, per esempio, di ricariche elettriche», aggiungendo che i carburanti innovativi sono comunque fondamentali per alimentare il parco veicolare attuale, in attesa cioè che i trasportatori adottino nuovi veicoli a emissioni zero.
Il ministro Urso a margine della votazione
Il Parlamento di fatto si è allineato a questa posizione. Adolfo Urso, ministro per le Imprese e del Made in Italy, presente a Strasburgo, ha puntualizzato che «l’emendamento non è passato per una manciata di voti» e che da parte sua aveva chiesto agli eurodeputati italiani di votare compatti. A margine, in un punto stampa del Parlamento, il ministro ha anche dato udienza a una serie di rappresentanti delle associazioni di imprese (Confindustria) e di alcune grandi aziende italiane (Eni, Enel, Ferrovie dello Stato, Iveco, Versalis, Edison, Fincantieri) proprio per approfondire le questioni legate al provvedimento adottato.
In ogni caso la semplice definizione di carburanti CO2 neutrali, non accompagnata dalla correlazione con il fattore di correzione del carbonio, ha comunque un valore. E lo si desume da due letture in qualche modo contrapposte, che comunque arrivano ad avvalorare il medesimo punto di arrivo.
Massimo Salini, l’eurodeputato che ha presentato l’emendamento
Da una parte, infatti, Massimo Salini, europarlamentare di Forza Italia appartenente al gruppo PPE, definisce il nuovo regolamento sui mezzi pesanti «un ottimo risultato», soprattutto in relazione «all’approvazione in plenaria della prima definizione di “Carburanti CO2 neutri” contenuta in un mio emendamento, che include anche i biofuel sviluppati dall’Italia e salva il motore a combustione». Poi, entrando più nel dettaglio, ha rimarcato come questo «precedente normativo avrà un impatto rilevante, potenzialmente dirompente anche su altri file automotive: la definizione di ‘CO2 neutral fuels’, che include sia i biocarburanti promossi dall’Italia che gli e-fuel della Germania, è infatti contenuta in un dossier legislativo fatto proprio dall’assemblea plenaria del Parlamento europeo e, in quanto tale, non potrà essere ignorata dalla Commissione europea né nel trilogo finale, né in altre sedi».
La contrarietà alla definizione di «carburanti CO2 neutrali» di T&E
Su un versante completamente opposto si è espressa l’associazione Transport & Environment (T&E) invitando i ministri dell’Ambiente dell’Ue e la Commissione a opporsi a questa sorta di scappatoia per i biocarburanti, interpretata come «un’ancora di salvezza lanciata dagli eurodeputati all’industria petrolifera». «Con una maggioranza di soli sette voti – ha criticato T&E – i deputati hanno votato per consentire che i camion alimentati con i carburanti sintetici e persino con biocarburanti più insostenibili, come l’olio di palma e la soia, siano considerati “neutri” dal punto di vista climatico e delle emissioni», mentre il responsabile Trasporto Merci di T&E, Fedor Unterlohner, ha detto chiaramente che «i biocarburanti e gli efuels non decarbonizzeranno la logistica e i veicoli pesanti. Piuttosto consentiranno di vendere il maggior numero possibile di camion diesel per i decenni a venire. Le compagnie petrolifere hanno esercitato forti pressioni per ottenere questa scappatoia, al fine di mantenere alta la domanda di idrocarburi. Chiediamo al Consiglio di chiudere ogni varco a questa soluzione e respingere queste pressioni».
Acea critica, ma guarda avanti
Sigrid de Vries, Direttore Generale dell’ACEA, ha puntualizzato invece come «per i produttori di autocarri e autobus, la questione non è se, ma quanto velocemente possiamo decarbonizzare».
Nella sua ottica, cioè, «i produttori stanno facendo del loro meglio per decarbonizzare, ma molto dipende da altre condizioni incentivanti che sono in gran parte al di fuori del loro controllo. I responsabili politici devono riconoscere questo aspetto nella normativa sulla CO2 e garantire un quadro politico incentivante che acceleri la transizione verde del trasporto stradale».
Poi, guardando all’ultimo tassello di questo percorso normativo, vale a dire ai negoziati del trilogo, «i colegislatori – secondo Acea – dovrebbero stabilire un monitoraggio annuale delle condizioni favorevoli a livello di Stati membri. Un attento monitoraggio è essenziale per garantire che eventuali carenze nell’installazione delle infrastrutture o di altre condizioni favorevoli alla transizione siano affrontate tempestivamente. In assenza di queste solide condizioni abilitanti, le sanzioni per i produttori che non rispettano le regole sarebbero molto utili».
Le dure critiche dell’IRU
E chiudiamo con l’IRU che non ha risparmiato pesanti critiche al voto del Parlamento, giudicando gli obiettivi fissati «troppo ambiziosi» e per di più ritenuti da Raluca Marian, direttore di IRU EU Advocacy, «scollegati dalle possibilità di approvvigionamento energetico e dalle realtà aziendali sul campo».
Secondo IRU, cioè, «a breve e medio termine, non ci sono segnali che indichino che l’infrastruttura per gli obiettivi di veicoli a emissioni zero così elevati per i veicoli pesanti sarà pronta per la diffusione su larga scala nelle aree urbane e sulle principali reti stradali dell’UE. Oltre alla mancanza di stazioni di ricarica, non esiste un piano a livello europeo, né alcun piano regionale, per i necessari aggiornamenti della rete elettrica».
La stessa organizzazione giudica «debole» il riconosciuto dei biocarburanti tramite la definizione ricordata, anche se ricorda che pone fiducia sul fatto che «il Consiglio ha chiesto alla Commissione di presentare al Parlamento e al Consiglio una relazione che esamini il ruolo dei biocarburanti e dei carburanti rinnovabili entro dicembre 2025».
Ma ci saranno anche vincoli all’acquisto?
Infine, IRU critica pure un passaggio del testo approvato dal Parlamento, assolutamente inedito, che sembrerebbe per la prima volta introdurre non soltanto vincoli normativi alla produzione, ma anche all’acquisto. Il passaggio, in particolare, è quello in cui si stabilisce che la Commissione debba intraprendere l’iniziativa di presentare una proposta legislativa al Parlamento e al Consiglio per aumentare la quota di veicoli a motore pesanti a zero emissioni posseduti o noleggiati dai gestori di grandi flotte. «Ciò che è assolutamente inaccettabile sono gli obiettivi di acquisto obbligatori», ha commentato Marian. «Gli operatori commerciali del trasporto su strada – ha aggiunto – non svolgono la loro attività sulla base di contratti pubblici. Ci deve essere un limite all’interventismo economico che viola in modo sproporzionato e non necessario i diritti di proprietà e di libertà d’impresa sanciti dall’Europa. Non possiamo accettare richieste irragionevoli agli operatori privati che lavorano con capitali privati e sono gli unici responsabili della gestione dei propri rischi operativi e finanziari».