È un appuntamento fisso. Una tradizione che pare brutto interrompere. Un rito – con i suoi celebranti, le sue devozioni, le sue liturgie – che sembra impossibile da sradicare. Ogni anno, alle prime nevicate, molte autostrade chiudono i caselli al traffico pesante (e non solo), gli autotrasportatori protestano, il governo interviene, ma – dopo qualche giorno – a risolvere il problema ci pensa il generale Inverno allentando la morsa del maltempo. E allora i toni si abbassano, il governo torna a occuparsi d’altro e tutto continua come prima. Fino alla prossima nevicata.
Genova (ancora) bloccata
La stagione 2020-2021 non ha voluto interrompere il canone, anzi lo ha rinnovato da subito. Già ai primi di dicembre (ufficialmente ancora in autunno) una nevicata sul Nord Ovest ha causato la chiusura al traffico pesante della maggior parte delle autostrade liguri (A6 Torino-Savona, A26 Genova-Gravellona Toce e A7 Genova-Milano), costringendo i camion tra il basso Piemonte e la Francia ad allungare il percorso di 150 chilometri per sconfinare attraverso la A 10 (Genova-Ventimiglia), mentre centinaia di camion sono rimasti boccati per ore sulla A6, tra Bolzaneto e Busalla, perché erano entrati in autostrada dopo che era scattato il divieto. E il porto di Genova, il più importante d’Italia (sempre in attesa di un autoporto dove ospitare i camion in caso di problemi di traffico), è rimasto intasato dai tir in transito.
«Dopo che da cinque giorni viene lanciato l’allerta neve», ha immediatamente protestato il coordinatore ligure di Trasportunito, Giuseppe Tagnocchetti, «la Società Autostrade non ha svolto alcuna attività preventiva e non si è attrezzata per intervenire per la pulizia delle strade con una rete che è oggi totalmente paralizzata». E Guido Rossi, direttore dell’Astra di Cuneo, ha rincarato la dose: «Chi paga il pedaggio, paga anche la pulizia della strada», ha lamentato, ricordando che «ci sono mezzi per togliere quattro centimetri di neve».
Piccata la replica di Autostrade per l’Italia, con una nota del direttore del primo tronco, Mirko Nanni: dopo aver ricordato di aver impegnato dalle prime ore del mattino oltre 700 addetti alla viabilità, con più di 500 mezzi spargisale, Nanni se l’è presa con i camionisti («Nella tratta nord dell’A7 diversi mezzi pesanti non hanno rispettato il divieto di ingresso in autostrada»), concludendo con uno sgradevole scaricabarile: «Le difficoltà viabilistiche generatesi nel pomeriggio sono dovute, oltre che dalla nevicata, a diverse concause: tra queste, la chiusura per diverse ore della A6, la cui gestione è diversa da Aspi».
Una replica infelice, attenuata tardivamente dalla promessa di rimborsare il pedaggio a tutti gli automobilisti e i camionisti rimasti bloccati, anche perché, se erano entrati in autostrada dopo che era scattato il divieto, evidentemente i casellanti li avevano fatti passare. Come hanno fatto notare ironicamente le rappresentanze liguri di Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, «forse la Società Autostrade non si è resa conto che camionisti, corrieri, autisti di pullman e singoli automobilisti sono rimasti sequestrati talmente tante ore che, quando sono entrati lungo la rete autostradale, non vi era alcun divieto».
E un’associazione di consumatori, l’Assoutenti, ha avviato una raccolta di firme per un’azione collettiva, presentando alla Procura di Genova un esposto per disastro colposo con richiesta di risarcimento. Ma è intervenuta anche la politica, prima l’assessore regionale ligure alla Protezione civile, Giacomo Giampedrone, perché la nevicata era stata «prevista con 24 ore di anticipo», poi le critiche del governatore Giovanni Toti che ha chiamato in causa anche le responsabilità del ministero dei Trasporti. E a questo punto, anche la ministra Paola De Micheli, chiamata in causa ha detto la sua: «Se penso all’autostrada piena di neve, bisogna, oltre che lanciare l’allerta, poi bloccare l’accesso in autostrada ai mezzi pesanti; se questo è stato fatto, bene; se non è stato fatto, ci sono responsabilità. E questo va controllato». È stato controllato? Chissà. Intanto sotto Natale e ancora ai primi di gennaio la neve è tornata a fioccare, riproponendo chiusure, ritardi, disagi, proteste.
Tutto, cioè, secondo copione. In realtà, però, gli autotrasportatori non chiedono affatto di chiudere l’autostrada. Tutt’altro. «Il vero problema», precisa Sergio Lo Monte, segretario generale di Confartigianto Trasporti, «non è quello di dare l’allerta e bloccare i mezzi pesanti, ma di intervenire rapidamente con spargisale e spazzaneve, come fanno in tutta Europa». E, al videocast K44 Risponde, edito settimanalmente da Uomini e Trasporti e Trasporto Europa, ha riferito i risultati di un sondaggio fra le aziende della sua associazione che operano in Inghilterra, Germania, Slovenia, Ungheria, ma soprattutto in Francia e Svizzera, due nazioni con le quali condividiamo le Alpi: «Appena emanato il bollettino meteo, entrano in azione i mezzi antineve e i camion vengono fermati nelle aree di parcheggio (spesso con servizio di ristoro) solo per far passare i veicoli spazzaneve e spargisale, che poi si mettono davanti a loro e liberano la strada per far ripartire i camion a loro seguito a gruppi di 30-40-50».
Ma il Brennero funziona
È più o meno quello che fa l’Autostrada del Brennero. Alla stessa trasmissione, Carlo Costa, direttore tecnico generale di A22, ha affermato con soddisfazione che, a sua memoria, al blocco dei mezzi per neve è stato fatto ricorso solo una volta, per una slavina e per poche ore. «Ci sforziamo di tenere aperto 365 giorni all’anno», ha affermato. «Non sono dell’opinione – come avviene qualche volta in territorio austriaco – che la soluzione migliore sia quella di bloccare tutto il traffico preventivamente, aspettare che sia finita la precipitazione, pulire tutto e poi far passare i mezzi». Ma ha aggiunto che «per potere garantire l’efficienza in condizioni straordinarie ci vuole un’organizzazione che sia sovrabbondante rispetto all’ordinario».
Dunque: treni di lame che procedono allo sgombero, trattamenti preventivi con solventi salini solidi e liquidi, interventi con frese per neve più copiosa, pale gommate per le aree di servizio. «Per coprire i nostri 314 km», ha spiegato con una punta d’orgoglio, «abbiamo circa 300 mezzi, quasi uno a chilometro: l’autostrade è divisa in sei Centri di manutenzione e per ogni Centro si muovono cinque treni di lame: tre con lama spargineve sfalsati per coprire in larghezza tutta la carreggiata, più lo spargitore di sale e quello di soluzione salina».
I tempi d’intervento
Attenzione, dunque, perché quando usano la parole «autostrade», gli autotrasportatori intendono soprattutto la società Autostrade per liItalia e, per la Salerno-Reggio Calabria, l’Anas. Ai quali non pongono solo una questione di mezzi. Sotto accusa sono anche – spesso soprattutto – i tempi con cui scattano i provvedimenti: alle volte troppo in anticipo – alla minima previsione che poi magari non si concretizza – altre volte troppo in ritardo, quando le carreggiate sono coperte di neve e i veicoli sono in autostrada e vengono bloccati lì. E anche i tempi di riapertura sono messi sotto accusa. «Le società autostradali», sintetizza Giuseppina Della Pepa, segretario generale di Anita, «dovrebbero intervenire prima e, comunque, dovrebbero togliere i blocchi con la stessa tempestività con cui li impongono».
Tempistiche che finiscono per sconvolgere l’intero sistema: «Se non ci sono le condizioni per viaggiare», ha protesta Tagnocchetti a K44 Risponde, «ce lo devono dire almeno 36 ore prima, perché altrimenti non riusciamo a fermare i veicoli in tempo». E succede, come ha raccontato alla stessa trasmisssone Marco Vincenzi, responsabile qualità sicurezza ambiente del consorzio GAM di Mantova che «con i veicoli bloccati nelle autostrade, il fermo di un mezzo che doveva consegnare in giornata e andare a ritirare un carico da trasportare il giorno successivo mette in crisi tutto il sistema: bisogna avvertire il destinatario e mandare un altro veicolo a ritirare il carico mancato. Una beffa».
Ma questa è solo la sintesi di 15 anni di proteste, da quando nel 2005 un protocollo – promosso dall’allora sottosegretario ai Trasporti, Paolo Uggè, e sottoscritto da ministero dell’Interno, Anas, Aiscat, Confindustria, Confcommercio e associazioni dell’autotrasporto – aveva fissato una serie di procedure per stabilire le regole di un Piano neve da far scattare all’arrivo delle precipitazioni. Il documento prevedeva cinque codici di intervento (in ordine di pericolosità: bianco, verde, giallo, rosso e nero), nei più gravi dei quali attuare il «filtraggio dinamico» dei mezzi pesanti sulle autostrade (in pratica un blocco temporaneo dei mezzi che lasci libera una corsia per i veicoli leggeri) e una serie di misure per informare tempestivamente automobilisti e camionisti delle difficoltà dovute alle precipitazioni nevose.
La casistica
Il tutto inquadrato in una procedura che scatta con l’allerta dato dalla Protezione civile, passa ai Comitati operativi per la viabilità (COV), istituiti presso le Prefetture, e arriva a Viabilità Italia (l’organismo di coordinamento del ministero dell’Interno) che pianifica e comunica le misure decise. Il vero centro decisionali, dunque sono i COV, dove siedono – oltre alle istituzioni – anche Anas e Aiscat. Ma non gli autotrasportatori. «Talvolta veniamo contattati», riferisce Lo Monte, «ma il Prefetto ci convoca, in genere, solo dopo che abbiamo protestato». In questo contesto, i gestori autostradali hanno buon gioco nell’ottenere dal Prefetto l’autorizzazione alle chiusure. Le conseguenze sono:
- le chiusure senza neve (nel febbraio 2012, l’allora presidente di Anita, Eleuterio Arcese, minaccia di denunciare i prefetti per aver disposto divieti di transito per «presunta neve»);
- le chiusure disposte all’ultimo momento (nel febbraio 2013, tutte le associazioni insorgono perché le ordinanze prefettizie sono scattate nella tardissima serata, quando i mezzi erano già in circolazione);
- il filtraggio dinamico in sostituzione della pulizia della carreggiata (nel gennaio 2016, la Protezione civile smentisce clamorosamente l’Anas per aver bloccato i camion sulla A3 fra Lagonegro e Falerna, mentre aveva tutto il tempo per intervenire con spargisale e spazzaneve);
- l’interpretazione rigida del Piano Neve da parte delle Prefetture (nel gennaio 2017 il segretario di Trasportounito, Maurizio Longo, accusa che «dalle Prefetture sono giunte, forse con troppa disinvoltura, le limitazioni ai Tir o addirittura il divieto di transito di questi sulle autostrade (pulite) costringendoli a seguire percorsi sulle strade ordinarie (ghiacciate) ovvero fermarsi alle aree di sosta programmate»;
- il ritardo nella revoca dei divieti (nel febbraio 2018, migliaia di camion rimangono fermi nel Centro-Sud mentre splende il sole e la neve si è sciolta, ma le ordinanze di divieto emessa da 48 Prefetture sono ancora in vigore. «Non si comprende», ironizza il presidente di Anita, Thomas Baumgartner, «perché i provvedimenti non siano stati revocati con la stessa celerità con cui sono stati imposti»).
Le associazioni di rappresentanza sono convinte che molti di questi problemi potrebbero essere rimossi con la loro partecipazione ai COV. Lo hanno chiesto fin dai primi Piani neve, ma negli ultimi anni lo hanno fatto con maggiore insistenza. CNA-Fita, in particolare, ha formalizzato la richiesta già nel 2018 con un documento formale per chiedere di modificare il Piano Neve. Ma hanno ottenuto solo un vago impegno a una maggiore flessibilità e la promessa che la ripresa della circolazione possa essere decisa direttamente dalle pattuglie della stradale, senza aspettare il provvedimento prefettizio.
Intanto, continua a nevicare.
Al Piano Neve e alle problematiche collegate
alle chiusure autostradali K44 Risponde
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