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Incentivi e trasporto green. Largo ai figli di un BIO minore

La Nuova Sabatini Green viene estesa ai veicoli sopra le 3,5 tonnellate che utilizzino carburanti alternativi, facilitando le procedure per l’utilizzo dell’HVO, mentre il ministro Urso annuncia che il nuovo Ecobonus finanzierà anche i mezzi commerciali fino a 12 tonnellate con bio carburanti, anche con alimentazione tradizionali, ma con rottamazione di un veicolo obsoleto.

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Il green si colora di bio. Due misure adottate a fine anno dal governo fanno intendere chiaramente che sta finendo, almeno in Italia, la tendenza a incoraggiare solo l’alimentazione elettrica per abbattere l’inquinamento e i climalteranti. Da tempo l’esecutivo sostiene l’importanza dei biocarburanti carbon neutral (accanto all’alimentazione elettrica) proprio per ridurre l’impatto ambientale dei trasporti durante la fase di transizione green. Che senso ha puntare esclusivamente sull’elettrico nel 2035 (nel 2040 nel caso dei camion) e mantenere oggi in circolazione un parco di veicoli industriali (si tratta di 732 mila mezzi al di sopra delle 3,5 tonnellate) che, secondo le stime Unrae ha un’età media di 14,8 anni, e per metà (il 49%) è costituito da veicoli fino alla classe Euro III? E, dunque, il governo italiano, mentre da una parte, in tutte le sedi istituzionali del’Unione europea cerca di trovare spazio anche ai biocarburanti, dall’altra sta spostando gradualmente la sua politica di incentivazione verso queste alimentazioni e, comunque, verso quelle a basso impatto ambientale.

È significativo in questo senso che il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) abbia ampliato il godimento delle agevolazioni per gli investimenti «puliti» delle PMI ai veicoli al di sopra delle 3,5 tonnellate che si alimentino con biocarburanti. Si tratta della Nuova Sabatini cosiddetta Green: l’incentivo sostiene l’acquisto di beni strumentali, tra cui appunto i veicoli, riconoscendo un contributo (che può essere assistito anche dal Fondo di garanzia per le PMI fino all’80%dell’ammontare se non duri più di cinque anni e se sia compreso tra 20 mila e 4 milioni di euro) maggiorato del 3,575 per cento annuo per i mezzi che utilizzano combustibili alternativi, quali – come recita l’apposita circolare ministeriale «l’elettricità, l’idrogeno, i biocarburanti, i combustibili sintetici e paraffinici, il gas naturale, compreso il biometano, in forma gassosa (GNC) e liquefatta (GNL) e gas di petrolio liquefatto (GPL)».
§In realtà la circolare è stata emanata nel luglio scorso, ma la sua applicazione proprio ai biocarburanti e all’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), il biodiesel sempre più diffuso per la facilità del suo impiego sui veicoli più recenti, era impossibile a causa dalla mancanza sul documento unico di circolazione di un’indicazione che segnalasse la compatibilità del veicolo con questi carburanti.
Sollecitato dalle associazioni dell’autotrasporto – e in particolare da Anita – il Mimit ha risolto il problema con un escamotage, riportato nelle FAQ sulla Nuova Sabatini (la numero 6.B.7) sul sito del ministero: basterà includere, nella documentazione da presentare per accedere all’incentivo, un’autocertificazione del costruttore del veicolo in cui si autodichiari la compatibilità del motore del veicolo con biocarburanti, compreso appunto l’HVO.

Ancor più indicativa la scelta del nuovo Ecobonus, il sostegno finora riservato in gran parte all’acquisto di veicoli d’alimentazione elettrica. È stato lo stesso ministro Adolfo Urso ad annunciare agli assessori regionali all’Ambiente di Piemonte, Lombardia, Liguria e Veneto, che ai primi dell’anno la misura sarebbe stata modificata per il 2024, attraverso un Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM), riconoscendo l’incentivo, previa rottamazione, anche ai veicoli commerciali fino a 12 tonnellate, ad alimentazione alternativa (ma anche tradizionale), mentre per l’acquisto di un veicolo elettrico (o a idrogeno) non ci sarà bisogno di rottamazione, per ottenere il finanziamento.
A convincere il governo è certamente stato lo scarso appeal con cui gli incentivi alla trazione elettrica sono stati accolti dagli acquirenti di veicoli commerciali (e non solo), ma su come sarà configurato il nuovo Ecobonus per i veicoli commerciali ancora si sa poco, soprattutto perché la decisione scaturirà da un tavolo convocato dal ministro Urso per i primi di febbraio al fine di varare un Piano incentivi complessivo per l’automotive, in parallelo con un «Tavolo Stellantis», una serie di incontri con il Gruppo nel quale è confluita la Fiat, al quale il titolare del Mimit chiede un maggiore impegno produttivo negli impianti italiani. La trattativa si annuncia dunque complessa e, soprattutto, dominata dal comparto auto, nel quale dovrebbero entrare diversi fattori di calcolo, dal tasso di inquinamento del veicolo al reddito ISEE dell’acquirente. Un quadro nel quale il ruolo dei veicoli commerciali rischia di venire soffocato da quello – assai più consistente per numeri e fatturato – della motorizzazione privata. Scontato che l’incentivo sarà erogato in misura differente per peso e alimentazione (più basso per i pesi più leggeri e per le alimentazioni tradizionali), resta da capire la cifra che il Mimit metterà a disposizione per i veicoli commerciali fino a 12 tonnellate, ma che sarà comunque una piccola parte (si parla di una forbice tra i 20 e i 43 milioni di euro) dei 610 milioni promessi per tutto l’automotive, autoveicoli e motoveicoli compresi.

Eppure, che ci sia bisogno di rimettere mano agli incentivi per il rinnovo di un parco camion tra i più vetusti d’Europa (a giugno 2023, l’Unrae stimava un’età media di 12,6 anni per i veicoli industriali sopra le 16 tonnellate) è sotto gli occhi di tutti. Solo nell’ultimo triennio (2021-2023) quasi 298 milioni, ma da due ministeri diversi (MIT e Mise poi Mimit), dedicati ad alimentazioni elettriche, ma anche a basso impatto o tradizionali, con o senza rottamazione, con tipo di erogazione più o meno immediata e sistemi prenotazione differenti. L’intera filiera dell’automotive più pesante sta richiedendo da mesi una pianificazione da 700 milioni fino al 2026 – con strumenti finanziari semplici e veloci – per l’acquisto di veicoli a emissioni zero, il finanziamento di infrastrutture di ricarica, la spinta alla diffusione di carburanti rinnovabili. In altre parole, ancora i biocarburanti. Annunciata da Anfia, Anita, Federauto, Unatras e Unrae ai primi di novembre, sarà illustrata nei dettagli dopo la sua presentazione al ministero dei Trasporti che sembra imminente, anche se rischia di sovrapporsi al Tavolo Automotive convocato dal ministro Urso.
Proprio per fare chiarezza su questo punto, il presidente di Confartigianato Trasporti, Amedeo Genedani, a metà dicembre, nel corso dell’assemblea nazionale dell’associazione, ha sollecitato al titolare dei Trasporti, Matteo Salvini, in collegamento da remoto, una risposta esplicita sulla richiesta avanzata dalle rappresentanze della filiera. «Da tempo», ha ricordato Genedani, «le nostre imprese stanno investendo con proprie risorse per sostituire i veicoli con mezzi meno inquinanti. Ma non possiamo fare tutto da soli. A fronte dell’assenza nel Pnrr di interventi per la trasformazione ecologica del trasporto su gomma, sollecitiamo al Governo un impegno strutturale e articolato almeno sui prossimi 5 anni per accompagnare gli sforzi degli autotrasportatori in direzione della transizione energetica e tecnologica. In particolare, sollecitiamo il rifinanziamento ed efficienti modalità attuative del fondo dedicato a incentivare la sostituzione degli attuali camion (il 65% dei quali sono Euro 3 e classi inferiori) con veicoli Euro 6 e a trazioni alternative». Ma Salvini non si è sbilanciato: ha promesso genericamente «attenzione e impegno», promettendo soltanto di sbloccare rapidamente i 70 milioni di euro già a bilancio per recuperare i crediti d’imposta di luglio 2022.

Su un punto, tuttavia, gli autotrasportatori sono stati accontentati. Da anni stavano chiedendo di modificare il meccanismo del Marebonus, i cui incentivi – per uno di quei misteri sepolti tra le carte della burocrazia europea – erano assegnati non a chi utilizzava il servizio, per incoraggiarli a usufruirne di più (i trasportatori), ma a quelli che lo fornivano (gli armatori) che avrebbero dovuto in questo modo tenere più basse le tariffe.
Il meccanismo, tuttavia, non ha funzionato ed era stato modificato obbligando gli armatori a girare una parte dell’incentivo ai trasportatori. Dopo mesi di trattative, finalmente, ai primi di dicembre è partita una nuova piattaforma per i nuovi incentivi – denominati non più Marebonus, ma Sea Modal Shift – sulla quale gli autotrasportatori che scelgono le vie del mare potranno richiedere direttamente l’incentivo. Si tratta di una dotazione di 83 milioni per le attività svolte tra il 2023 e il 2026, la metà dei quali (42 milioni) riguardano le prime due annualità.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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