Enrico Giovannini è il nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. Non è un neofita della pubblica amministrazione avendo già ricoperto l’incarico di ministro del Lavoro sotto il governo Letta, dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014. Ma non è questa forse la sua esperienza principale. Nato a Roma nel 1957, infatti, Giovannini ha studiato e oggi insegna statistica (di natura economica, per la precisione, all’Università Tor Vergata) oltre che Sviluppo Sostenibile presso l’Università LUISS e la Scuola Nazionale di Amministrazione, perché di fatto negli ultimi anni, dopo aver guidato per otto anno l’ufficio statistico dell’OCSE (dal 2001 al 2008), per quattro la nostra ISTAT (dal 2009 al 2013) e aver condotto esperienze in decine di altri organismi di primissimo piano a livello internazionale, ha fondato nel 2016 l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) allo scopo di far crescere e sviluppare una cultura della sostenibilità anche in funzione di quanto previsto dall’Agenda 2030. Un organismo che riunisce oltre 290 tra istituzioni, associazioni e gruppi della società civile, che da 4 anni organizza il Festival dello Sviluppo sostenibile. Ma forse l’incarico meno considerato, più sotto traccia della sua lunga e prestigiosa carriera o, meglio, quello che gli è valso con ogni probabilità la nomina a ministro del governo Draghi è quella di aver fatto parte della squadra guidata da Vittorio Colao, quella task force che ha prodotto un rapporto di oltre 100 pagine poi finito in un cassetto e fino a ieri apparentemente dimenticato. Da domani, invece, con l’ingresso dello stesso Colao nel governo (in veste di ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale) e della nomina di un altro membro della sua squadra, Roberto Cingolani a capo del nuovo ministero della Transizione energetica, quel rapporto potrebbe essere ritirato fuori e anzi costituire in parte da architrave di molte delle future scelte del nascente esecutivo Draghi.
In capo al ministero di Giovannini ci sarà anche e soprattutto quello di amministrare i 31,98 miliardi che il Recovery destina alle Infrastrutture, spendendole il più possibile per uno sviluppo sostenibile. Anche perché alla mobilità green, nel dettaglio, sono convogliati ben 18 miliardi. Insomma, una mole notevole di soldi che il nuovo capo del ministero di Piazza di Porta Pia gestirà sotto il segno della sostenibilità, che nel suo lessico contempla declinazioni importanti verso il sociale e in direzione dei giovani.
Per capire come Giovannini intende spendere i soldi concessi dall’Europa è sufficiente ripercorrere alcune delle recenti dichiarazioni espresse nel corso di recenti interviste.
«Il futuro sarà pieno di shock e quindi non basta far ripartire il Pil, questi soldi devono servire a trasformare l’economia per renderla più resiliente».
Ma ancora più illuminante è quanto ha dichiarato soltanto poche settimane fa all’Huffington post: «Ma davvero noi pensiamo che i nostri centri storici saranno pieni di bar che sopravvivranno con la vendita di tramezzini all’ora di pranzo a chi andrà in ufficio tutti i giorni? Tantissime imprese pensano di usare lo smart working anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria. Quindi, tante persone passeranno la giornata nei pressi della propria abitazione, il che potrebbe essere un’opportunità per nuovi esercizi di prossimità. Forse avrebbe più senso finanziare nuove iniziative che assistere chi spera soltanto che tutto torni com’era».
E quest’ultima frase dovrebbe funzionare da monito anche per l’autotrasporto: il nuovo ministro avrà certamente chiaro il suo ruolo, ma sarà sicuramente interessato a ragionare con chi ha voglia di innovazione. E l’innovazione nella testa di Giovannini ha il verde come colore obbligato.