Idrogeno e alta capacità ferroviaria. Sono questi i due pilastri su cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato il 24 aprile al Senato e il cui via libero definitivo dal parte del Parlamento è atteso per il prossimo 30 aprile, immagina poggerà il trasporto merci dei prossimi anni. Vale a dire affidato (seppure in piccola percentuale) a camion elettrici alimentati da fuel cell a idrogeno, ma soprattutto affidato sempre più alla modalità ferroviaria con cui quella stradale dovrà sempre più stabilire un dialogo.
Prima di entrare nel dettaglio, però, è bene chiedersi: cos’è in concreto il PNRR? È un programma di investimenti che l’Italia dovrà attuare il entro il 2026 e inserito nell’ambito del progetto Next Generation EU voluto da Bruxelles per far fronte ai danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus.
Il PNRR è composto da sei missioni e sedici componenti: 1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; 2. Rivoluzione verde e transizione ecologica; 3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4. Istruzione e ricerca; 5. Inclusione e coesione; 6. Salute.
Come far entrare l’idrogeno nel trasporto pesante
Le missioni e le relative componenti che ci interessano riguardano in particolare:
- La M2C2 (missione due, componente due) relativa a «energia rinnovabile, idrogeno, rete e transizione energetica e mobilità sostenibile».
L’obiettivo di tale componente è di contribuire al raggiungimento della decarbonizzazione attraverso cinque linee di riforme e investimenti. Per il settore dei trasporti, che è quello di nostro interesse, gli investimenti si concentreranno sull’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto pesante e in selezionate tratte ferroviarie non elettrificabili. Altro aspetto rilevante è quello di concentrare parte degli investimenti nello sviluppo in Italia, nelle aree a maggior crescita, di filiere produttive in grado di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie. Cosa vuol dire? Vuol dire che l’Italia, come l’Europa, immagina che la mobilità di domani sarà sempre più elettrificata, ma fa i conti pure con il fatto che le tecnologie su cui si basa tale elettrificazione sono nelle mani di altri paesi. Rispetto alle batterie per i veicoli elettrici, per esempio, sono quasi interamente realizzate in Asia. Ecco perché il PNRR ritiene di dover sviluppare la produzione di: tecnologie per la generazione rinnovabile (moduli PV innovativi, aerogeneratori di nuova generazione e taglia medio-grande) e per l’accumulo elettrochimico; tecnologie per la realizzazione di elettrolizzatori (necessari per la creazione di idrogeno); mezzi per la mobilità sostenibile (come i bus elettrici) e – appunto – batterie per il settore dei trasporti.
Ma come è già chiarito, l’elettrificazione del trasporto a lungo raggio – ritenuto responsabile di circa il 5-10% delle emissioni di CO2 complessive – non si realizza soltanto tramite veicoli alimentati da batterie, ma anche da fuel cell a idrogeno, che si immagina potrà assorbire da qui al 2030 fino al 5-e 7% del mercato. Ma per farli viaggiare serve una rete di distribuzione di questo nuovo carburante. Ecco allora che gli investimenti in materia del PNRR avranno lo scopo di promuovere la creazione di stazioni di rifornimento a base di idrogeno, vale a dire distributori adatti per fare il pieno sia camion che ad auto e che proprio per questo si prevedono funzionanti anche a pressioni di oltre i 700 bar. Il tutto da inserire in un disegno europeo, già in parte tracciato con la direttiva 2014/94 / UE, finalizzato alla realizzazione di Corridoi Verdi alimentati a idrogeno per autocarri pesanti. Elemento chiave per rendere possibile la penetrazione di questo carburante anche nel trasporto stradale a lungo raggio. Inoltre, sarà possibile sviluppare circa 40 stazioni di rifornimento, dando priorità alle aree strategiche per i trasporti stradali pesanti, quali le zone prossime a terminal interni e le rotte più densamente attraversate da camion a lungo raggio (Corridoio Green and Digital del Brennero, corridoio Ovest-Est da Torino a Trieste, ecc).
Lo sviluppo del ferro, anche in chiave merci
- M3C1 (missione tre, componente uno) relativa a «Investimenti sulla rete ferroviaria». Gli interventi presenti in questa componente rispondono all’esigenza di una maggiore interconnessione nazionale e regionale della rete ferroviaria di cui beneficeranno, oltre al trasporto passeggeri, anche il trasporto merci. Grazie all’efficientamento sarà possibile implementare sia le importazioni che le esportazioni, spingendo le aziende a localizzare i loro siti di produzione e/o servizi vicino a nodi di trasporto efficienti. Come? Attraverso: a) lo sviluppo dell’alta velocità/capacità e alla velocizzazione della rete ferroviaria per passeggeri e merci; b) il completamento dei corridoi ferroviari TEN-T; c) il completamento delle tratte di valico; d) il potenziamento dei nodi, delle direttrici ferroviarie e delle reti regionali; e) la riduzione del gap infrastrutturale Nord-Sud.
Gli interventi su porti e aeroporti
- M3C2 (missione tre, componente due) relativa a «Intermodalità e logistica integrata». In questa componente gli interventi di investimento saranno volti al miglioramento della competitività, della capacità e della produttività dei porti, nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale della mobilità via mare delle merci. Sono inoltre previsti investimenti nella digitalizzazione degli aeroporti e della filiera logistica, questi ultimi accompagnati da riforme volte a rafforzare la pianificazione strategica, a realizzare lo sportello unico dei controlli, a implementare una piattaforma digitale interoperabile e a effettuare una revisione della normativa in materia di concessioni portuali. In pratica, oltre che su ferro, si immagina che una parte delle merci viaggeranno altre modalità, come il mare e il cielo, ma a tale scopo si mira a ottimizzarle sia dal punto di vista dell’efficienza (tramite sburocratizzazione, semplificazione e digitalizzazione), sia rispetto all’impatto ambientale.