Abbiamo scoperto come dev’essere fatto il tavolo delle regole per l’autotrasporto: rotondo e con tre piedi, come quelli delle sedute spiritiche di una volta. Perché, dopo essere stato promesso per anni, da tutti i governi di tutti i colori, per affrontare e risolvere con le associazioni di rappresentanza i continui problemi del settore, questo magico oggetto d’arredamento sembra essersi dissolto nell’aria, come gli spiriti che era chiamato a evocare.
Convocato una sola volta nel luglio scorso, il tavolo delle regole si è infatti subito dissolto nell’afa ferragostana e, al momento, non se ne hanno più tracce. Anche perché il governo ha concesso al settore un paio di benefit niente male: la definitiva esclusione dal contributo all’Autorità per la regolazione dei trasporti e lo sblocco delle risorse per compensare gli aumenti del gasolio del secondo trimestre 2022. Due atti capaci di far dimenticare l’urgenza di una consultazione continua.
Un’amara sorpresa
Ma anche in un governo che si presenta con il sorriso alle istanze dell’autotrasporto, il groviglio normativo in cui i vari dicasteri – a cominciare dal MEF – si avvitano alla ricerca di risparmi genera spesso amare sorprese. Come quella, scoperta quasi per caso a metà settembre, e denunciata subito da Unatras con una lettera al ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, di un «taglio lineare imposto dal MEF per un importo pari a 37 milioni di euro a valere sul capitolo degli incentivi per la sostituzione e il rinnovo del parco veicolare relativo all’annualità 2021, dopo che le imprese hanno effettuato e rendicontato investimenti per la transizione ecologica e a favore dell’ambiente, contando su risorse previste da una legge dello Stato». Una procedura che Unatras non ha esitato a definire «inaccettabile», ma che ormai può essere corretta solo con un’altra legge.
Certo, ci si sarebbe potuto pensare prima, visto che la norma è contenuta nel decreto legge per la ricostruzione delle aree alluvionate in Emilia-Romagna pubblicato in Gazzetta il 5 luglio scorso. E quindi c’era tempo per intervenire in sede di conversione del decreto. Ma, in mancanza di una comunicazione costante con il governo, non era facile scovare la tabella dell’Allegato I, con le somme «revocate rispetto alla finalità» dall’art. 4, comma 3 (che in totale toglie al ministero dei Trasporti 235 milioni di euro), tra cui, appunto, quelli destinati ad «Autotrasporto ed intermodalità», per la missione «Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto». Forse un tavolo di confronto continuo e costante (che non a caso Unatras nella sua lettera sollecita) avrebbe evitato.
Un incontro urgente
Ora Unatras ha chiesto al ministro un incontro «urgente», definendo «indispensabile recuperare queste risorse». È probabile che in qualche modo ci riesca, ma il come e il quando è difficile da prevedere, tante sono le giravolte che tutti i governi hanno compiuto nei rapporti – soprattutto economici – con l’autotrasporto. Proprio i 37 milioni «spariti» fanno parte di un pacchetto di 122 milioni per il 2021 (già questi frutto di un mix di stanziamenti riconvertiti), parte dei quali avrebbe dovuto sostenere la categoria nel 2022, mentre tardava l’attuazione dello stanziamento (strutturale) di 25 milioni per il rinnovo del parco, approvati con legge di Bilancio (31 dicembre 2021) e sbloccati 16 mesi dopo, il 12 aprile 2023, con l’emanazione del decreto attuativo.
Un quadro di confusione che tocca i trasportatori nel portafogli, proprio mentre l’inflazione non accenna a rientrare e il gasolio riprende ad aumentare, come, con «forte preoccupazione», rileva la stessa lettera di Unatras. Ma in questo clima di imbarazzata confusione, c’è una preoccupazione ancor più forte. Che nella legge di Bilancio per il 2024, qualcuno possa pensare di toccare anche i 240 milioni annui per il settore, riaprendo un discorso che sembrava ormai superato con la loro strutturalizzazione. Perché quando si tratta di tagliare per raschiare il fondo del barile, i governi – di qualunque colore – rispettano pienamente il precetto evangelico: la sinistra non sa quello che fa la destra. E, soprattutto, non glielo dice.