Ci sono due norme, introdotte dal primo pacchetto mobilità (Reg. UE n.2020/1055, articolo 1, punti 2 e 3) e dedicate rispettivamente all’accesso al mercato e al requisito di stabilimento, che possono cambiare il volto dell’autotrasporto italiano e non solo. Dipende tutto da come vengono recepite nel nostro ordinamento, cosa da fare entro il 21 febbraio. Ed ecco perché Unatras, il raggruppamento unitario delle associazioni dell’autotrasporto allargato in questo caso anche alle rappresentanze del mondo delle cooperative, con lettera datata 24 gennaio 2022, torna a chiedere alla viceministra Teresa Bellanova un incontro urgente, come peraltro aveva già fatto prima dello scorso Natale.
Quali regole per l’accesso al mercato
Rispetto all’accesso al mercato, Unatras chiede che, «se ci fossero i presupposti normativi», venga sostanzialmente confermato l’assetto normativo attuale (basato combinato disposto dell’articolo 2, comma 227 della L. n° 244/2007, dalle sue circolari esplicative n°1 del 29.1.2008 e n°5 del giorno 8.8.2008, nonché dall’articolo 11, commi Quinquies e 6 Sexies, del D.L. n°5/2012 e della circolare del MIT Prot. 10670 del 30.4.2012) con cui si consente alle nuove imprese iscritte all’Albo degli autotrasportatori e in possesso dei requisiti, di accedere al mercato dell’autotrasporto in conto terzi soltanto tramite:
- l’acquisizione tramite cessione di altra azienda che cessa l’attività, anche se costituita da soli veicoli euro zero;
- l’acquisizione dell’intero parco veicolare, purché composto da veicoli di classe di emissione non inferiore a euro 5;
- l’immatricolazione di veicoli conto terzi, anche usati purché mai in disponibilità dell’impresa acquirente, neppure come veicolo immatricolato in conto proprio, per una massa complessiva non inferiore a 80 tonnellate e di classe non inferiore a euro 5.
Unatras – preoccupata che possano venir meno tutti i requisiti attualmente imposti dagli Stati – giustifica tale posizione basandola con la storia del mercato nazionale dell’autotrasporto, nella quale l’accesso al mercato dell’autotrasporto è sempre stato basato sull’acquisizione di altra impresa in uscita dal mercato. Un principio, questo, che secondo Unatras è servito a «sopperire agli effetti determinati dal ritardo con cui l’Italia diede attuazione alle disposizioni contenute nella Direttiva del Consiglio delle Comunità europee n° 561 del 12 novembre 1974», con cui si consentiva di accedere al mercato dimostrando «i tre requisiti di idoneità morale, capacità finanziaria e capacità professionale». Il recepimento di tale direttiva soltanto 13 anni più tardi, con Decreto Ministeriale 5 novembre 1987, n. 508, ha creato – si legge nella lettera di Unatras – un mercato che ha favorito «la numerosità piuttosto che la dimensione dell’organizzazione aziendale delle imprese italiane», frenando quindi la crescita dimensionale, indebolendo così il potere contrattuale delle imprese di autotrasporto e favorendo prezzi al ribasso con tutto ciò che ne consegue in termini di regolarità, sicurezza e qualità della vita.
Come quantificare la proporzionalità tra veicoli e fatturato
Il secondo punto riguarda il requisito dello stabilimento che, secondo il pacchetto mobilità, interessato a combattere il fenomeno delle società di comodo e delle distorsioni della concorrenza che determina, sarebbe dimostrato solo quando l’impresa di autotrasporto dispone di un numero di veicoli e di autisti basati in uno Stato membro «proporzionato al volume delle operazioni di trasporto da essa effettuate». Questo principio della proporzionalità, indicato in sede comunitaria, adesso sarebbe da recepire nelle legislazioni nazionali. Secondo Unatras in Italia dovrebbe essere tradotto nel senso che un’impresa può affidare a terzi servizi di trasporto soltanto nella percentuale massima del 25%. Con tale percentuale infatti si andrebbe a frenare anche quel «fenomeno dell’intermediazione dei servizi di trasporto che contribuisce in maniera rilevante a un avvitamento verso il basso dei prezzi di trasporto», in quanto l’intermediario applica pesanti provvigioni che poi costringe chi materialmente si fa carico del servizio di trasporto a «viaggiare con tariffe “alla fame”, che non consentono di uniformarsi ai valori indicativi dei costi di esercizio e pregiudicano la sicurezza nella circolazione e la qualità della vita in generale». Insomma, secondo il raggruppamento delle associazioni non ci sarebbe proporzionalità laddove un’impresa non esegue i trasporti con mezzi propri, ma li gestisce in maniera sistematica e massica tramite ricorso alla sub-vezione.
In più, secondo Unatras, sarebbe anche importante, una volta fissata tale percentuale di proporzionalità del 25%, individuare sia un organo che ne verifichi il controllo (si indica, a titolo esemplificativo il Comitato Centrale per l’Albo degli autotrasportatori) sia un sistema sanzionatorio per chi non la rispetta.
Ricordiamo che nello scorso novembre anche Assotir, associazione poi uscita da Unatras, aveva proposto di recepire il principio europeo della proporzionalità tra veicoli-autisti e fatturato seppure quantificando la percentuale massima di trasporti affidabili a sub-vettori in un 20%, proponendo di effettuare i controlli tramite l’Albo basandosi sui dati forniti mediante autocertificazione dalle imprese e riscontrabili dalla documentazione contabile di ciascuna impresa iscritta e articolando le sanzioni. In particolare, si sosteneva che la prima violazione dovesse essere sanzionata pecuniariamente in misura proporzionale al fatturato generato dai trasporti affidati in subvezione superando il 20% consentito e che poi, caso di mancato adeguamento nell’anno successivo, si dovesse provvedere cancellazione dall’Albo del vettore per carenza dei requisiti.
Tutto questo per dire che il principio europeo va recepito: adesso sta al ministero indicare quale percentuale possa essere in proposito adeguata. Magari ascoltando le ragioni delle associazioni tramite un incontro che Unatras auspica urgente.