Con la circolare del ministero dell’Interno del 31 maggio 2021, la Direzione centrale per la Polizia Stradale ha cercato di chiarire l’intricata materia della circolazione in Italia di veicoli immatricolati all’estero, resa ancor più complessa per le modifiche apportate agli artt.93 e 132 del Codice della strada dal “Decreto sicurezza” (convertito nella legge 132/2018). È una materia che ha un profondo interesse per le imprese di autotrasporto, anche per i numerosi controlli su strada che si stanno moltiplicando in questo periodo.
A dare una mano per interpretare correttamente la materia ci ha pensato Anita, che in un comunicato ha affrontato alcuni aspetti basilari della questione.
Concetti di “sede secondaria” e ”altra sede effettiva“
Prendiamo il caso di un controllo su strada di un veicolo immatricolato all’estero, il cui conducente sia un soggetto residente in Italia da oltre 60 giorni, mentre il veicolo è concesso in leasing o in noleggio senza conducente o in comodato da parte di un’impresa con sede in un Paese UE o SEE (in pratica, Islanda e Norvegia). In questo caso le Forze dell’Ordine dovranno accertare che l’impresa in questione non abbia una sede secondaria o altra sede effettiva in Italia. Per quanto riguarda la sede secondaria, questa necessita di registrazione come la sede principale presso il REA (Repertorio delle notizie Economiche e Amministrative) della CCIAA. Per “altra sede effettiva” si intende invece il luogo dove si accentrano i poteri di direzione e amministrazione e dove vengono effettivamente prese le decisioni operative dell’ente, a prescindere dal posto ove sono situati i beni dell’impresa. Perché dunque una sede effettiva esista deve svolgere un’attività e non semplicemente aver adempiuto a formalità legate alla sua costituzione o stabilimento, in questo modo prescindendo dalla registrazione. Peraltro una forma di registrazione è richiesta per la costituzione dell’unità locale, cioè il luogo operativo o amministrativo (riconducibile quindi al concetto di sede effettiva), subordinato alla sede legale e ubicato in posto diverso da quello della sede principale, nel quale l’impresa esercita stabilmente una o più attività.
Il conducente non ha obbligo di dimostrare l’esistenza di una sede secondaria o unità locale in Italia
Sulla base di queste premesse la conclusione è che per verificare l’esistenza di una sede secondaria o di un’unità locale sul territorio nazionale – per le quali è prevista la registrazione – occorre consultare il Registro Imprese e la sezione REA dello stesso, in quanto il conducente non ha nessun obbligo di esibire la documentazione comprovante tale requisito. Se perciò il controllo su strada vuole verificare il requisito della sede in un Paese UE o SEE, sarà sufficiente accertare lo Stato di stabilimento attraverso il documento relativo al titolo ed alla durata della disponibilità del veicolo (in parole povere il contratto di locazione, di leasing o di comodato) nel quale dovrebbe trovarsi anche l’indicazione di eventuali sedi operative, sedi secondarie e unità locali, anche se costituite in uno Stato diverso da quello di stabilimento.
In conclusione: in assenza di riscontri idonei a verificare se l’impresa estera abbia sul territorio nazionale una sede secondaria o vi svolga le proprie attività amministrative o di direzione, come espressione della presenza di una sede effettiva in Italia, la circolazione del veicolo dovrà essere considerata legittima.
Il caso di un veicolo intestato a impresa facente parte di un gruppo aziendale
Anita fa anche riferimento a un’ipotesi specifica, ossia quella in cui il veicolo sia intestato ad impresa con sede in un Paese UE o SEE che fa parte di un gruppo aziendale, all’interno del quale vi siano una o più imprese aventi sede principale, secondaria o altra sede effettiva in Italia.
In questo caso bisogna prima stabilire cosa si intenda per “gruppo di imprese”, tema trattato nel Codice Civile con l’espressione “direzione e coordinamento di società”. Si è in presenza di un gruppo di imprese quando una società esercita un’attività di direzione e coordinamento nei confronti di altre società, attraverso un’influenza dominante sull’amministrazione e un collegamento tra gli organi direttivi per garantire l’armonizzazione delle rispettive attività ed obiettivi.
Quello che però ci interessa per il caso concreto è che le imprese del gruppo, direttamente collegate tra loro sul piano finanziario e amministrativo, devono essere considerate giuridicamente distinte ed indipendenti l’una dall’altra sia sul piano organizzativo che patrimoniale. Quindi l’impresa estera intestataria del veicolo è del tutto autonoma e indipendente da quella che, appartenente al medesimo gruppo, ha sede principale, secondaria o altra sede effettiva in Italia.
La conclusione è che la circolazione del veicolo immatricolato all’estero e intestato all’impresa con sede in uno Stato UE o SEE deve considerarsi legittima, in quanto rientrante nella deroga di cui all’art. 93, comma 1-ter, del Codice della strada.