In Italia crescono i consumi di biocarburanti, destinati a passare dagli attuali 1,7 milioni di litri a 6 milioni nel 2030 e a 8,8 nel 2040. Ma mentre nell’automotive la fetta del gasolio (anche bio) è destinata ad assottigliarsi a vantaggio dell’elettrico, per il trasporto pesante la quota del gasolio, inteso come un mix di biocarburanti e efuels rimarrà preponderante almeno fino al 2040, con l’elettrico, il metano, Gpl e Gnl ancora molto marginali.
È questa la previsione del centro studi di Unem (Unione energie per la mobilità) presentata oggi a Roma in occasione dell’Assemblea annuale dell’associazione che rappresenta i maggiori player del mondo dell’energia.
Incertezza per gli investimenti sui carburanti bio
A livello mondiale lo scorso anno gli investimenti energetici sono ammontati a circa 3.000 miliardi di dollari, di cui quasi due terzi sono stati in clean energy, tra questi quelli destinati al clean fluels, ovvero carburanti puliti, sono triplicati. Anche l’Italia, secondo l’associazione aderente a Confindustria, punta molto sui carburanti bio. «Abbiamo già operative due bioraffinerie – ha detto Gianni Murano, Presidente di Unem – tra le 9 presenti in Europa e una terza dovrebbe arrivare nel 2026»
«Diverse raffinerie tradizionali hanno investito in impianti di co-processing per lavorare materie prime biogeniche da affiancare a quelle fossili, ma gli investimenti sulle rinnovabili devono poter essere remunerativi per gli investitori. Bisogna ammettere che per il momento il ritorno sull’investimento è difficile», ha concluso Murano, commentando anche la recente decisione di Shell di sospendere i lavori di costruzione di una bioraffineria nei pressi di Rotterdam.
Incentivi per i carburanti bio
Attualmente la produzione di biocarburanti in Italia si attesta intorno a 2,8 milioni di tonnellate all’anno che, secondo le stime di Unem, potrebbe arrivare ad oltre 5 milioni nell’arco dei prossimi anni e sostituire circa il 15% dei combustibili fossili. Una capacità produttiva in linea con l’utilizzo di biocarburanti liquidi previsto al 2030 anche nel nuovo PNIEC che arriverebbe a circa 6 milioni di tonnellate se si comprende anche il biometano e l’idrogeno.
«Per traguardare gli obiettivi di penetrazione dei prodotti low carbon – ha chiarito Murano – è perciò importante che ad un sistema di obblighi, fino ad oggi perseguito, si affianchi un sistema di meccanismi premianti anche sulla parte fiscale del prezzo finale. È un meccanismo usato con successo nel passato e non è l’unico. Dobbiamo trovare insieme alle Istituzioni nazionali ed europee una regolamentazione chiara e non penalizzante verso questo tipo di prodotti».
Al via un tavolo al MIT e uno studio sul trasporto pesante
Proprio per accompagnare la diffusione dei biocarburanti nel trasporto pesante l’Unem, insieme a NGV, Confartigianato Trasporti e Federauto, ha chiesto e ottenuto un tavolo di ascolto presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul tema e nel frattempo ha avviato uno studio, in collaborazione con il Rie di Bologna «per comprendere le opportunità utili ad una decarbonizzazione efficace – ha spiegato Murano – e le sinergie tra il trasporto marittimo e stradale alla luce delle recenti modifiche normative europee».
Lo studio punta a studiare le alternative per il trasporto pesante e marittimo tenendo d’occhio i costi, che per il momento rimangono, in molti casi, troppo alti e quindi fuori mercato.