Veicoli - logistica - professione

HomeProfessioneLeggi e politicaAssociazione Willy: «Il lavoro di autista non è discontinuo, occorre intervenire»

Associazione Willy: «Il lavoro di autista non è discontinuo, occorre intervenire»

L’organizzazione, recentemente confluita nel sindacato UGL, ritiene scorretta l’applicazione dell’art. 11 bis del CCNL (lavoro discontinuo) sui conducenti di mezzi pesanti che «trascorrono 24 ore al giorno sul proprio mezzo e non possono usufruire liberamente del proprio tempo». Chiede pertanto l’individuazione ed applicazione di «uno strumento idoneo al conteggio delle ore di lavoro ordinarie e straordinarie effettivamente svolte dal lavoratore e non contestabile dal datore di lavoro»

-

È una profonda critica all’applicazione dell’art. 11 bis del CCNL agli autotrasportatori di veicoli industriali quella contenuta in una nota inviata da Willy, l’associazione dei conducenti recentemente associatasi al sindacato UGL.
«L’articolo in questione – si legge in una nota – rende discontinua la prestazione del conducente di mezzi pesanti, il che è utile a garantire flessibilità sul lavoro in alcuni casi specifici, ma non trova riscontro oggettivo nell’applicazione a quei conducenti che effettuano i riposi previsti dal Regolamento UE 561/06 sul mezzo di trasporto».

Si abusa del lavoro discontinuo

Secondo Willy, in altri termini, per l’applicazione della discontinuità sono necessarie due condizioni: consentire al conducente di «usufruire liberamente del proprio tempo durante le ore di riposo» e avere una programmazione certa dell’orario di lavoro.
Invece, a causa della carenza strutturale di parcheggi (1 su 94 mezzi), della tendenza a saturare tutte le ore di impegno e delle responsabilità attribuite al conducente per l’abbandono del mezzo, «emerge un quadro preoccupante sull’abuso di questo tipo di assunzione. Riteniamo quindi scorretta la sua applicazione sui conducenti di mezzi pesanti che, per le ragioni sopracitate, trascorrono 24 ore al giorno sul proprio mezzo e non possono usufruire liberamente del proprio tempo».

Lo straordinario non è riconosciuto

«Questi autisti – aggiunge l’associazione – si ritrovano loro malgrado a sostare in luoghi inadatti e a svolgere la blanda funzione di guardiano del mezzo e della merce trasportata, con il rischio di addebiti. Inoltre, lo straordinario, anche quello forfettizzato, in troppi casi non viene riconosciuto né conteggiato nemmeno in busta paga».
Il forfettizzato del maltolto risulta infatti difficile, se non impossibile, a causa della sentenza della Cassazione del 25 marzo 2016, in cui si afferma che il tachigrafo non è idoneo come unica prova per stabilire i tempi di guida e di riposo.

Ci vuole uno strumento affidabile sull’orario di lavoro

Tuttavia – fa notare l’associazione – la Corte di Giustizia UE, con la sentenza 14/05/2019 causa C-55/18, ha deciso che «al fine di assicurare l’effetto utile dei diritti previsti dalla direttiva 2003/88/CE sull’orario di lavoro e dalla Carta dei diritti UE, gli Stati membri devono imporre ai datori di lavoro un sistema oggettivo, affidabile e giornaliero sul lavoro effettuato da ciascun lavoratore».
«Pertanto – afferma Willy – chiediamo l’immediata individuazione e applicazione di uno strumento idoneo al conteggio delle ore di lavoro ordinarie e straordinarie effettivamente svolte dal lavoratore che non possa essere contestato o disconosciuto dal datore di lavoro».

Fissazione degli standard del riposo in cabina

La sicurezza stradale, come si evince dal regolamento 561/06, passa anche e soprattutto dal riposo del conducente. Con le successive integrazioni (1012/2022, a firma Von der Leyen) sono stati stabiliti gli standard dei futuri parcheggi per mezzi pesanti, ma «non vi sono accenni adeguati allo standard del riposo in cabina inerenti all’obbligatorietà di mantenimento del microclima nell’abitacolo e sulla fissazione degli standard minimi di igiene che dovrebbero essere garantiti ad ogni lavoratore. Chiediamo agli organi competenti quindi di fissare nel più breve tempo possibile i requisiti per lo standard di riposo in cabina al fine di garantire la sicurezza stradale».

Mantenimento del microclima lavorativo

Ancora l’associazione ricorda che, secondo il DM 388/03 (Regolamento recante le disposizioni sul pronto soccorso), il mezzo di lavoro viene paragonato ad un’impresa con meno di 3 dipendenti. «Per collegamento logico oltre ai dispositivi di pronto soccorso sul posto di lavoro deve essere mantenuto il microclima – spiega – specialmente nella fase di riposo del conducente e durante le temperature più estreme. Nei camion d’oltreoceano per legge tutti i mezzi che effettuano la linea – e che quindi hanno un conducente che stazionerà a bordo del veicolo – devono essere dotati di sistemi atti a mantenere una temperatura adeguata all’interno dell’abitacolo durante il riposo. Si va dal mini-motore a scoppio ai pannelli solari inglobati sui veicoli. In Europa, tuttavia, questi sistemi non sono obbligatori e non presentano uno standard adeguato di funzionamento, risultando inutili proprio in quei momenti di calura eccessiva in cui dovrebbero svolgere al meglio il proprio compito per garantire il riposo e quindi la sicurezza del conducente».

Il vecchio sistema retributivo genera anche carenza di autisti

«Siamo inoltre convinti – aggiunge la comunicazione – che rimanere ancorati al vecchio sistema retributivo e all’alibi generato da una evidente scarsità di controlli non possa più essere tollerato. E questo non aiuta certo a risolvere il cronico problema della carenza di autisti di mezzi pesanti (in Italia si stima manchino da 17 mila a 20-30 mila conducenti). La carenza è dovuta principalmente all’invecchiamento della popolazione di autisti, che non viene sostituita da nuovi ingressi. Una sostituzione quasi impossibile a causa delle condizioni di lavoro estreme che non corrispondono da troppo tempo ad una retribuzione adeguata e ad un regolamento europeo (561/06) che, nonostante il nobile intento di salvare delle vite e garantire condizioni migliori per i conducenti, si è dimostrato poco flessibile».
«Questo problema è ulteriormente aggravato dalle condizioni di lavoro difficili e dalla mancanza di sicurezza e comfort per i conducenti – conclude l’associazione – La necessità di ripartire dall’individuo, che non può essere relegato al ruolo di interfaccia tra veicolo e azienda, ma che deve essere messo in risalto per le sue peculiarità e accompagnato nelle sue esigenze umane, risulta di primaria importanza. Chiediamo quindi un intervento immediato per affrontare la carenza di autisti e migliorare le condizioni di lavoro per i conducenti di mezzi pesanti».

Redazione
Redazione
La redazione di Uomini e Trasporti

close-link