Veicoli - logistica - professione

HomeProfessioneLeggi e politicaAiuti all'autotrasporto: come districarsi nella giungla degli incentivi

Aiuti all’autotrasporto: come districarsi nella giungla degli incentivi

Si è ridotto nel 2023 il flusso delle misure per incoraggiare il rinnovo del parco e sostenere la transizione Green del settore. Quel che manca è un programma chiaro di sostegni costanti e graduati nel tempo e un finanziamento adeguato. Ma soprattutto tempi rapidi di erogazione

-

Alessandro Traino è un nome di fantasia per un ipotetico autotrasportatore che vuole cambiare un po’ di veicoli commerciali della sua azienda: i suoi sono ormai vecchi, pericolosi e soprattutto inquinano. Alessandro ha una solida coscienza ambientale e vuole fare un altro passo verso la transizione green. Gli hanno detto che è il momento buono, che lo Stato eroga incentivi proprio per aiutare gli imprenditori come lui a sostituire i propri veicoli con altri meno inquinanti, addirittura a zero emissioni.

Alessandro, allora, si informa su quali incentivi il governo gli metta a disposizione e a quali condizioni. Esclusa la Sabatini bis (che, peraltro, è un prestito agevolato e quindi lo aiuterebbe a un nuovo acquisto non a una sostituzione e Alessandro di camion ne ha già a sufficienza) scopre che nel 2023 per i camion ci sono (finora) soltanto 35 milioni di euro, contro i 63 del 2022 e i 122,5 del 2021. Ma soprattutto non c’è più – dal 1° gennaio – quel credito d’imposta (cumulabile) prima al 10% poi al 6% che aveva sostituito il superammortamento (al 120%) e l’iperammortamento (al 250%). Non solo. Anche quei 35 milioni non ci sono ancora tutti.

Alessandro vorrebbe cambiare uno dei suoi camion più vecchi e prendere un modello Euro VI, ma i 25 milioni che potrebbero essere previsti per il diesel aspettano di essere attuati da un decreto del ministero dei Trasporti. Alessandro potrebbe – è vero – puntare a un veicolo elettrico: lì ci sono 10 milioni, ma la spesa è elevata e l’incentivo – al massimo 25 mila euro – è scoraggiante. Tanto più che la rete di ricarica è assai scarsa e Alessandro dovrebbe riorganizzare tutta la sua rete di spostamenti. In quei dieci milioni, però, c’è la possibilità di farsi finanziare parte del costo di un camion a gas. Ne vale la pena? È pur sempre un motore a carburante fossile, seppure utilizzabile con il biometano. E se poi bloccano la circolazione di tutti i veicoli a motore a combustione interna, come stanno facendo con i diesel Euro IV in tutto il Nord Italia? E comunque, qualunque veicolo a gas naturale acquisti oggi è destinato a deprezzarsi più in fretta, senza considerare che il prezzo del GNL è stato a lungo alle stelle.

Poi ci sono altri 15 milioni stanziati dal ministero per lo Sviluppo (ieri Mise, oggi Mimit: ministero per le Imprese e il made in Italy) per incentivare l’acquisto di veicoli elettrici con rottamazione dell’usato, ma sono riservati ai leggeri – in pratica i furgoni da città – e alle PMI e Alessandro, pur essendo piccolo, fa autotrasporto di linea, non distribuzione, e i veicoli che intende cambiare superano le 12 ton di portata. Per di più ha saputo che un suo collega, che aveva acquistato un truck nel novembre 2019, invogliato dagli incentivi del Fondo investimenti del ministero, a tutt’oggi non ha visto un euro. Perciò, macerato dai dubbi e consumato dall’incertezza, Alessandro decide di aspettare di avere le idee più chiare, anche se ogni giorno che passa i suoi camion diventano più vecchi e inquinanti.

Norme da correggere

La storia di Alessandro Traino è di fantasia, ma quel che gli sarebbe capitato è tutto vero – compreso il ritardo dei pagamenti del 2019 (per la precisione per gli acquisti successivi al 24 ottobre di quell’anno) il cui sollecito è stato oggetto dell’ultima intesa con il governo (quello precedente, con l’accordo del 17 marzo scorso con la viceministro Teresa Bellanova) – e non incoraggia gli imprenditori ad avvicinarsi agli incentivi. Lo dimostra il fatto che dei 73 milioni stanziati per lo scorso anno, 15,5 non sono stati utilizzati, in particolare i 10 milioni del ministero delle Imprese – denominati Ecobonus – per i veicoli BEV: ne sono rimasti al palo ben 9, soprattutto perché il provvedimento impone la rottamazione e non comprende il noleggio, strumento probabilmente indispensabile per avvicinare i trasportatori all’utilizzo di questo tipo di veicoli dai costi poco avvicinabili. Tant’è vero che sono in corso tentativi per correggere la normativa, almeno estendendo al noleggio l’incentivazione dei veicoli elettrici concessa dal ministero delle Imprese.

Un piano da finanziare adeguatamente

La verità è che in questa giungla di norme è difficile raccapezzarsi tra veicoli elettrici più o meno ibridi, rottamazioni e livelli di finanziamento, carburanti fossili e biocarburanti, ministeri eroganti e tempi di erogazione. «Sarebbe necessario mettere ordine in questa confusione», afferma Claudio Donati, segretario generale di Assotir. «Se davvero si vuole perseguire la transizione green, bisognerebbe predisporre un piano mirato per l’autotrasporto che offra un quadro di certezza alle imprese. Perché l’incertezza, quando si parla di investimenti, è paralizzante».

E Patrizio Ricci, presidente di CNA-Fita, ricorda di aver posto la questione più volte («L’abbiamo detto in tutte le salse che così non si va avanti. Siamo stanchi di chiederlo»), l’ultima lo scorso novembre a Rimini al convegno dell’Albo degli autotrasportatori, in occasione di Ecomondo, sottolineando «con rammarico» che – almeno finora – «le risorse stanziate per promuovere la sostituzione del parco veicolare sono risultate insufficienti a portare a termine il compito». È anche una questione di entità del contributo pubblico. «Gli incentivi sono ridicoli», tuona a questo proposito Ricci. E ricorda che in Germania hanno messo sul piatto un miliardo e mezzo di euro per la transizione dei camion. Insomma, ci vorrebbe una pianificazione – adeguatamente finanziata – del sostegno alla transizione. Difficile in un momento in cui la crisi energetica rimette in discussione le stesse linee guida dettate dall’Unione europea. «I veicoli a gas acquistati con grandi sacrifici dalle imprese», prosegue Ricci, «sono tutti fermi nei piazzali. Perché nessuno di quei committenti, che quando il GNL era a 40 centesimi si sciacquava la bocca con la sostenibilità, ha detto ai trasportatori: “se continui a usare il gas ti pago di più”».

Tempi rapidi per le erogazioni

Perché alla fine è vero che è sempre questione di soldi, ma in questo caso è anche questione di tempo. Il collega del nostro Alessandro Traino, quello che deve incassare l’incentivo da più di tre anni, ne sa qualcosa. «È un problema della contabilità dello Stato», spiega Pasquale Russo, segretario generale di Conftrasporto. «Una volta stanziata per legge una somma, da una parte bisogna attendere che la Ragioneria generale la metta a disposizione per cassa e questo avviene a scadenze periodiche, dall’altra più aumentano gli impegni, più il personale ministeriale – che numericamente è sempre lo stesso – fatica a smaltire le pratiche per le erogazioni». Con il rischio, peraltro, che superata la finestra temporale assegnata, i fondi stanziati finiscano – nella migliore delle ipotesi – a essere rinviati all’anno successivo. Tant’è vero che – tra produttori e concessionari – sta spuntando l’idea di applicare agli incentivi per l’autotrasporto il metodo «Ecobonus» (che prevede lo sconto in fattura) già applicato ai veicoli commerciali al di sotto delle 3,5 ton da Invitalia, su mandato del ministero per lo Sviluppo economico. Potrebbe essere utilizzato da Ram, società che gestisce l’erogazione degli incentivi su mandato del ministero dei Trasporti. Un po’ come il credito d’imposta per i sostegni contro l’aumento del prezzo del gasolio che si può scontare direttamente sui versamenti fiscali.

E proprio al credito d’imposta pensa Alessandro Peron, segretario generale di Fiap. La sua associazione alla vigilia delle ultime elezioni politiche ha lanciato un manifesto in cui, tra le altre misure, si chiede di «implementare un’iniziativa Logistica 4.0 per incentivare la transizione ecologica e la digitalizzazione del comparto mutuando la positiva esperienza maturata nell’ambito del sistema Industria 4.0, ampliandola nella sua portata verso la riduzione dell’impatto ambientale ». Si tratta, spiega Peron, di riprendere da quel Piano le procedure – che prevedono appunto il credito d’imposta – ed estendere il ventaglio degli acquisti ai veicoli meno inquinanti». Che è anche un modo per chiedere uno stanziamento più adeguato a sostenere la transizione. Ma per ora sono solo ipotesi.

close-link