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Accolto dal TAR Lazio il ricorso di Assotir. Attesa la sentenza su quello della Fiap. Albo tutto da rifare

La giustizia amministrativa non ha – né poteva – contestare la legge che affida la scelta dei componenti alle Confederazioni, ma afferma che non poteva essere applicata nell’ultimo rinnovo che era già praticamente concluso. E ordina di ricostituire il Comitato centrale con le vecchie regole. Ma come?

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E adesso povero Albo? La domanda, che parafrasa il capolavoro di Hans Fallada del 1932 (E adesso pover’uomo?) è quella che si pone il mondo dell’autotrasporto dopo che il TAR del Lazio ha dato ragione ad Assotir e torto al ministero dei Trasporti (allora delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili) e ha annullato i decreti con cui un anno fa fu ricostituito il Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori. In virtù di una postilla inserita all’ultimo momento nel decreto legge «Infrastrutture», infatti, ai requisiti che le associazioni di rappresentanza dovevano allegare alla domanda di partecipazione era stato aggiunto che la candidatura doveva essere presentata dalla Confederazione di appartenenza, che poteva proporre una sola associazione.
La conseguenza di quelle cinque righe era stata che Confcommercio, costretta a scegliere tra la storica FAI e i neo adepti Fiap e Assotir oltre alla più piccola Unitai, presenti tramite Conftrasporto, aveva indicato la prima e Confetra aveva fatto lo stesso con Fedit mettendo da parte i traslocatori di Aiti e TrasportoUnito di Maurizio Longo, che però era riuscito all’ultimo momento a rientrare dalla finestra aderendo (anche) a Confesercenti. La motivazione – di avere meno presenze ai tavoli di governo – aveva lasciato molte perplessità, perché la riduzione era minima (da 13 a 11 associazioni), mentre l’Albo perdeva due formazioni storiche e battagliere.

I RICORSI E LA SENTENZA

E proprio Fiap e Assotir avevano reagito duramente, lasciando la prima Unatras e la seconda Conftrasporto, e contestando entrambe, davanti al TAR Lazio, la legittimità dei decreti di nomina del nuovo Comitato centrale. Il giudice amministrativo per ora ha dato ragione ad Assotir, rilevando nel comportamento del ministero quello che in gergo giuridico si chiama «silenzio-inadempimento». In parole semplici, il ministero avrebbe dovuto concludere l’istruttoria per il rinnovo dei componenti del Comitato centrale entro il termine massimo del 21 giugno 2021, mentre di fatto ha atteso l’entrata in vigore della nuova norma sui criteri di accesso (avvenuta l’11 settembre 2021), per azzerare il 14 settembre l’istruttoria in corso e ripartire con nuove regole, portando il 3 novembre alla firma del ministro la nuova composizione del Comitato.
Tanto più che, osserva il TAR, il 4 agosto il ministero aveva comunicato ad Assotir «che i controlli si sono conclusi con esito regolare». Infatti, precisa il giudice, «lo schema del decreto ministeriale di ricostituzione del Comitato era stato trasmesso il 15 giugno 2021, e poi integrato il successivo 24 agosto, mancando soltanto la sua sottoscrizione da parte del Ministro», ma l’integrazione «non può valere a vanificare la data estrema di scadenza del termine di conclusione del procedimento», altrimenti «sarebbe riconosciuto alla pubblica amministrazione un potere di dilatare ad libitum per inerzia i termini di conclusione del procedimento».

GIUBILO E SILENZI

Polemico il comprensibile giubilo con cui Assotir ha accolto la sentenza. «La Magistratura ha messo la parola fine alla scandalosa vicenda della ricostituzione Comitato centrale voluta dal precedente esecutivo», ha dichiarato la presidente Anna Vita Manigrasso. «Ci aspettiamo dal nuovo governo segnali di netta discontinuità rispetto a certe prassi», gli ha fatto eco il segretario generale, Claudio Donati, «interrotte, è utile ricordarlo, solo grazie all’intervento della Magistratura. Per i vari soggetti responsabili di questo disastro, si tratta di una lezione da tenere a mente».

Silenzio, invece, sul fronte delle altre associazioni e dei vertici dell’Albo. Chi parla chiede l’anonimato, ma molto più spesso si trincera dietro un «no comment». Perché il problema vero è che cosa succede adesso. Se ne rende conto il presidente dell’Albo, Enrico Finocchi, che si è limitato ad assicurare tempi rapidi. «Prendiamo atto della sentenza del Tar del Lazio», ha detto, «e i nostri uffici si stanno già organizzando per garantire la funzionalità e la continuità di azione del Comitato».

LE DELIBERE VALGONO

Il che non è semplice. Tant’è vero che Albo e associazioni – ammesse ed escluse – stanno consultando i rispettivi avvocati per capire come muoversi. E sono stati gli avvocati a chiarire subito che la preoccupazione principale sulla validità degli atti deliberati in questo anno e mezzo non ha ragion d’essere, nonostante fossero state prese da un organo dichiarato illegittimo dal TAR con l’annullamento dei decreti di nomina.

La preoccupazione nasceva dal fatto che una delle ultime decisioni, nel settembre scorso, era stata la fissazione delle quote di erogazione dei rimborsi per i pedaggi autostradali, che aveva sbloccato 180 milioni di euro ormai già arrivati alle imprese. Impensabile chiederne la restituzione. Ma gli avvocati hanno spiegato che non necessariamente l’annullamento di un organismo comporta la cancellazione delle sue decisioni; queste possono decadere solo se c’è un contenuto penalizzante, cosa che evidentemente non tocca la questione dei pedaggi.

LA VERIFICA DEI REQUISITI

Ma il nodo più importante da sciogliere resta la ricostituzione del Comitato centrale. La sentenza sul punto è chiara stabilendo la «condanna dell’Amministrazione a concludere il procedimento avviato con il decreto n. 30 del 2021 con un provvedimento espresso». Cioè con i criteri in vigore nel giugno 2021.
È probabile, dunque che – sentiti ancora una volta gli avvocati – il ministero si limiti a chiedere alle associazioni interessate la conferma dei requisiti presentati un anno e mezzo fa, prima di stilare un nuovo decreto con le nomine da sottoporre alla firma del ministro. Perché, in questi 17 mesi qualche requisito potrebbe essere venuto meno. In altre parole, se tutto fosse rimasto come allora, non rientrerebbe solo Assotir, ma anche tutte le altre associazioni che avevano passato la fase istruttoria sulla base delle precedenti regole. Dunque, anche Fiap, Unitai e Aiti e il panel delle associazioni – che si sarebbe voluto ridurre da 13 a 10 – risalirebbe a 14.
Un autogol, si direbbe, che permette a Donati di parlare di «pastette fatte in barba alle leggi» per «mettere l’autotrasporto sotto tutela delle Confederazioni, attraverso una norma preparata – non a caso – in clandestinità e servita su un piatto d’argento (si fa per dire) alla politica».

FIAP E CONFTRASPORTO

È la tesi sostanzialmente condivisa anche da Fiap, l’altra associazione che ha presentato ricorso al TAR e che, in seguito allo sconquasso provocato nel 2021 dai nuovi criteri di partecipazione all’Albo, aveva deciso di uscire polemicamente da Conftrasporto. «È più importante rimanere autonomi, seppure in un contenitore ridotto, piuttosto che far parte di un grande condominio in cui c’è qualcuno dall’alto che detta le regole di convivenza», aveva detto il segretario generale di Fiap, Alessandro Peron, in polemica con Confcommercio che aveva «gradito» le nuove regole. Ma Conftrasporto era lo strumento che conferiva a Fiap il titolo di appartenenza a una Confederazione –Confcommercio appunto – comunque necessario anche con le vecchie regole e la cui mancanza, oggi, priva Fiap di un requisito essenziale.
«Ma non basta controllare solo l’appartenenza a una Confederazione», protesta Peron «ma anche – per esempio – il numero o le sedi territoriali delle imprese iscritte. O si prende a riferimento il 2021 e allora valgono i documenti del 2021 o si chiede l’aggiornamento dei documenti e allora bisogna chiederlo di tutti i documenti. E chiederli a tutti».
E questa probabilmente sarà la strada che percorrerà il ministero, ma dietro l’angolo c’è ancora un’altra insidia. Il ricorso presentato da Fiap è diverso da quello di Assotir. «Abbiamo contestato i controlli e la norma – ricorda Peron – e se il TAR, che già con la sentenza per Assotir ha avuto parole pesanti nei confronti del ministero, dovesse dar ragione anche a noi, di fronte a due atti giudiziari che censurano il comportamento dei dirigenti ministeriali, sarebbe inevitabile chiedersi se non ci sia stata una strategia per far andare le cose in un certo modo e buttar fuori in maniera mirata alcune associazioni. Che hanno subito anche un danno economico a causa di un atto ritenuto illegittimo dal TAR». Insomma, se non si trova una soluzione, ci sarà ancora molto lavoro per giudici e avvocati.

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