Non c’è troppo feeling tra Antitrust e autotrasporto. Dopo infatti la recente pronuncia dell’Agenzia Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) che di fatto bocciava come confusionario il testo dell’art. 83 bis (anche se poi invitava il Parlamento a utilizzare altri strumenti per ottenere lo stesso sacrosanto scopo di incrementare la sicurezza), adesso arriva una nuova bordata che ha fatto salire la febbre al già surriscaldato trasporto su gomma. Stavolta, peraltro, l’operazione è scivolosa. L’ente presieduto da Giovanni Pitruzzella (nella foto) ha preparato un documento a base di liberalizzazioni per rilanciare l’economia del paese, inviandolo al Governo e ai presidenti delle Camere del Parlamento. Ebbene, nel lungo elenco di azioni da intraprendere ce n’è una che lascia a bocca aperta: «eliminare le disposizioni normative che impongono o comunque agevolano la fissazione di tariffe minime per i servizi di trasporto».
Una frase un po’ sibillina che ha mandato su tutte le furie il fronte delle associazioni. Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto, dopo aver ricordato che «la norma sui costi incomprimibili della sicurezza è stata voluta dal Parlamento nazionale ed è stata riconfermata come volontà precisa in un recente ordine del giorno accettato dal Governo in carica», ha sbeffeggiato i collaboratori giuridici del presidente dell’Antitrust, incapaci a suo dire di cogliere la differenza tra prezzi, tariffe e costi, come invece saprebbe fare uno studente di giurisprudenza ai primi anni.
Ma l’Antitrust non si è fermata ovviamente all’autotrasporto. Ha anche invitato a rivedere l’attuale sistema di adeguamento tariffario dei pedaggi autostradali e ad accorciare le concessioni; ha ribaditola necessità di separare, nel trasporto ferroviario, la gestione della infrastruttura da quella dei servizi; ha richiesto una razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti che favorisca lo sviluppo di operatori indipendenti dalle compagnie e l’aggregazione tra piccoli operatori.
Ma in realtà l’elenco è molto più nutrito. Il fatto che rende scivoloso questo assalto alle liberalizzazioni è il vento che si respira attualmente. Gli assalti del governo Monti contro farmacie, tassisti, ordini professionali e quant’altro vengono percepiti come il tentativo di rimuovere dei privilegi per anni garantiti a lobby potenti. E le proteste di tassisti o farmacisti finiscono per suonare come l’estremo tentativo di tali categorie protette di salvaguardare il proprio orticello. Potrebbe accadere che anche il fermo in programma dal 23 gennaio venga percepito come tale?
C’è il rischio. Ma c’è ancora qualche giorno per lavorare per trovare strade alternative. E questa settimana si preannuncia di fuoco. Mercoledì 11 gennaio le associazioni dell’autotrasporto sono state convocate dal capo dipartimento della Direzione Generale per il Trasporto Stradale, Amedeo Fumero, per discutere delle ragioni del fermo. Il 13 gennaio (e non il 12 come si legge erroneamente su altre fonti) il TAR del Lazio dovrebbe prendere la decisione sulla fissazione dei costi minimi da parte dell’OSservatorio. A quel punto il presidente del Consiglio Mario Monti potrà stilare l’elenco delle liberalizzazioni da portare alla riunione dell’euro gruppo in programma a Bruxelles il 23 gennaio. Ci sarà anche l’abolizione del costi minimi? Difficile rispondere. Ma quello stesso giorno, mentre Monti vola veloce verso il Belgio, l’autotrasporto potrebbe già essersi fermato.
L’Antitrust confonde i «costi» con le «tariffe»: a che scopo?
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