Il database dell’Albo sulla regolarità delle imprese di autotrasporto è un’occasione unica, uno strumento per fare pulizia e rendere trasparente un settore da sempre gravato da troppe ombre. Ecco perché anche l’Albo deve fare la sua parte…
Una riflessione da cui prende spunto l’editoriale di Uomini e Trasporti del numero di ottobre, attualmente in distribuzione.
Bella cosa il database con cui l’Albo degli autotrasportatori deve certificare la regolarità delle imprese iscritte. Bella e utile, perché, una volta a regime, le relazioni con la committenza saranno gravate da meno burocrazia e da meno «Durc», ma soprattutto perché con lo spauracchio della corresponsabilità molta domanda di trasporto merci sarà indotta a tenersi lontano da aziende irregolari. Di conseguenza, quando tutto funzionerà, regolarità e trasparenza potrebbero diventare una discriminante meritocratica, il fattore con cui mettere fuori mercato quella massa di trasportatori improvvisati o, peggio ancora, illegali, che per troppo tempo ha costituito un fattore di turbativa e di concorrenza sleale.
Ecco perché è necessario che l’Albo prenda molto sul serio questa operazione: di fatto è un’occasione unica per spezzare quel binomio che mette in relazione «autotrasporto» e «illegalità». Un’occasione in grado di ridare dignità alla categoria e anche all’ente chiamato a regolamentarla.
Per tutte queste ragioni sarebbe opportuno che l’Albo conservasse linda la propria immagine, senza impelagarsi con iniziative distanti da quello spirito di trasparenza che dovrebbe ispirare ogni azione della pubblica amministrazione, rendendola semplice e pubblica, in modo tale che chiunque possa conoscerla e controllarla. Mi riferisco a un avviso apparso sul sito del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in un tardo venerdì pomeriggio di metà giugno. Era relativo a un’iniziativa benemerita, come quella di diffondere attraverso il mezzo radiofonico informazioni utili alla categoria. Peccato però che:
– i tempi concessi agli operatori economici (circa 15 giorni) per manifestare interesse per l’iniziativa fossero per lo meno compressi;
– sul sito dell’Albo di questo avviso non è mai apparsa traccia;
– dopo più di tre mesi dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature non si è mai saputo chi abbia effettivamente risposto e se da quella manifestazione siano nate relazioni fruttuose.
Certo, il fatto che dal 3 ottobre scorso Radio 24 abbia iniziato un programma condotto in collaborazione con il Comitato Centrale dell’Albo indurrebbe a stabilire delle correlazioni.
Non appare invece conseguente il fatto che già lo scorso anno nel palinsesto della radio di proprietà di Confindustria fosse inserito un analogo programma dedicato all’autotrasporto e supportato dal Comitato Centrale. E se la relazione di oggi tra Albo e Radio 24 ha come presupposto normativo l’avviso dello scorso giugno (anche se, in mancanza di trasparenza, si tratta di un’ipotesi che attende la conferma ufficiale degli interessati), non si capisce invece quale fosse la base normativa della relazione precedente.
Non si tratta di un distinguo gratuito: rispetto all’oggi gli operatori dell’autotrasporto possono conoscere dall’avviso (o, meglio, «avrebbero potuto conoscere» se all’avviso fosse stata garantita maggiore pubblicità) gli scopi per cui il loro Albo sostiene la produzione di programmi radiofonici e a quanto ammonta il prezzo di tale produzione (30.000 euro al mese, Iva esclusa, per 20 minuti settimanali). Ma rispetto a quanto è avvenuto lo scorso anno esistono soltanto dubbi, relativi in particolare alla procedura selettiva con cui sono stati individuati gli interlocutori.
A meno di non voler considerare quel rapporto alla stregua di una relazione extraconiugale, che ha generato un frutto acerbo e che ha poi richiesto – come si conviene nelle migliori famiglie – di ricorrere a un avviso riparatore.