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La ricetta per la sopravvivenza del Cacif: elasticità e adattamento al mercato. E un suo autista compare al TG2…

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«Ora, parlando in famiglia o con qualche amico, molti si accorgono che il nostro lavoro è indispensabile. Ma in realtà lo è sempre stato: l’Italia si muove perché si muovono le merci. In questo caso, per esempio, io trasporto una materia prima che serve a fare detersivi e se la gente li trova negli scaffali del supermercato è perché, oggi come ieri, siamo noi a trasportarli e a consentire di produrli. Oggi, la gente se ne rende più conto, ma mi piacerebbe che lo tenesse a mente anche domani, quando tutto questo sarà finito». Sono parole che Michele Cortonesi pronuncia mentre, alla guida di un camion dell’azienda per cui lavora – il Cacif di Follonica (Grosseto) associata al Gruppo Federtrasporti – sta trasferendo un carico di ipoclorito di sodio, componente base dei disinfettanti (genere Amuchina), di cui c’è tanto bisogno in questo momento. A raccogliere le parole c’è una telecamera e un giornalista del TG2 Dossier, interessato a realizzare un servizio costruito come un affresco corale della popolazione che reagisce o, meglio, che spinge avanti il paese trovando forme di adattamento, di evoluzione, di ricollocamento davanti alla nuova condizione. Michele è perfettamente nella parte: tanto è determinato nell’andare avanti, tanto poco enfatizza le difficoltà provocate dall’adattamento: rispetto alla mancanza di bagni, fortemente sofferta dagli autisti di camion, finisce quasi per sorvolare, mentre su quella relativa alle trattorie o ad altri luoghi di ristoro tende a mitigare : «Mi porto qualcosa da casa per riuscire a mangiare per qualche giorno trascorso in viaggio».

Insomma, Michele non appartiene alla nutrita categoria di chi è avvezzo al lamento, di chi è convinto di avere addosso l’intero carico del mondo. Certo, all’inizio del suo primo intervento (al minuto 6:40), sostiene di aver vissuto un iniziale stadio di preoccupazione, ma – aggiunge subito dopo – «poi, quando torni a guidare, finisci quasi per non pensarci. Anche perché continuare a lavorare non è poco, visto tutto quello che si vede in Italia e nel mondo. E quindi stringiamo i denti, andiamo avanti e cerchiamo di uscirne il più possibile indenni».

Ottimizzare il parco veicolare per tenere il passo della domanda

Attenzione: non si tratta di vuoto ottimismo, ma di un atteggiamento mentale confortato dai fatti. L’azienda per cui lavora Michele, infatti, trasporta in cisterna prodotti chimici. Prima di far spazio sul suo camion (uno Scania Serie R da 450 cv) all’operatore del TG2, l’autista del Cacif è andato a caricare a Rosignano la materia prima utilizzata – come detto – per i disinfettanti, da consegnare poi a Fiano Romano. «È un viaggio – ci spiega il presidente della cooperativa grossetana, Roberto Nocciolini – che solitamente, in periodi normali, si effettua d’estate. Quest’anno, invece, ci siamo dovuti organizzare per riuscirne a effettuare anche due al giorno, avanti e indietro». E da queste parole si capisce perfettamente la modalità operativa con cui il Cacif ha trovato la chiave per “distanziare” l’emergenza sanitaria. In termini sintetici la si chiamerebbe «spirito di adattamento», ribadito e declinato in modo sempre diverso settimana per settimana. «Questo periodo è segnato dall’emergenza – continua Nocciolini – e nell’emergenza gli scenari mutano continuamente senza possibilità di riuscire a pianificare o a programmare alcunché. In pratica, da due mesi a questa parte cerchiamo di spostare e di ottimizzare l’utilizzo dei nostri veicoli50 camion e 70 semirimorchi cisterna – in base a come il mercato si orienta. L’ipoclorito di sodio, per esempio, è stato spinto per qualche settimana da una domanda fortissima che sembrava non arrestarsi, ma adesso si sono formati degli stock e quindi si va affievolendo, ma nello stesso momento abbiamo avuto possibilità di spostarci in tutta fretta sulla domanda di trasporto della soda che sta ripartendo in questi giorni».

Il ricambio generazionale affidato ad autisti pieni di voglia di fare

Detto altrimenti, in uno scenario sostenuto da un’unica certezza – quella che, in definitiva, non esiste certezza – la chimica sembra una filiera fatta a forma di àncora, in quanto crea materiali in grado di supportare settori completamente disparati e riesce a correre in soccorso a chi necessita di supporto. C’è richiesta di disinfettanti in grado di annientare presenze sgradite sulle superfici? La chimica è lì pronta, come detto, con i suoi componenti di base. Oppure, c’è bisogno di uno composto in grado di accrescere il potere filtrante delle mascherine? Anche qui la chimica reagisce immediatamente e trova il materiale con cui fornire il supporto materico alla produzione. Poi è chiaro che quando effettua questi scarti orientati dalla domanda, il comparto chimico si tira dietro l’intera supply chain, che in questo modo riesce a trovare, anche in tale frangente, le necessarie forme di sopravvivenza. Prova ne sia che chi opera in questa filiera – sia sul fronte della produzione, sia su quello del servizio – non ha sofferto molto il coronavirus. Nocciolini ce lo dimostra con i numeri: il Cacif, che fattura più di 7,5 milioni di euro all’anno, ha perso rispetto allo scorso anno molto meno del 10% del fatturato. Un trend confermato dal fatto che, così come emerge dai dati elaborati dal portale Districò di Federservice, i chilometri macinati dai 50 camion della cooperativa negli ultimi mesi del 2019 sono stati pressoché simili a quelli fatti registrare nel 2020.

D’altra parte il Cacif è abituato ad affrontare e in qualche modo a uscire indenne dalle sfide complicate. Già prima di misurarsi con l’emergenza del Covid-19, ha dato prova di riuscire a tenere il passo rispetto a due dei principali problemi dell’autotrasporto italiano: il ricambio generazionale e la mancanza di autisti. «I nostri soci hanno un’età media molto superiore ai 50 anni – spiega il presidente – ma negli ultimi anni sta scendendo, perché in genere, quando qualcuno arriva all’età della pensione riesce a cedere l’attività a qualche autista più giovane, interessato a fare il salto imprenditoriale. E soltanto in quei casi in cui questo passaggio di testimone non è possibile, interviene la cooperativa in modo da salvaguardare il suo perimetro operativo e quindi la sua capacità di fatturato». Gli autisti disponibili a trasformarsi in autotrasportatori artigiani sono in qualche caso – nemmeno i più numerosi – italiani, molto più spesso vengono dalla Romania o dall’Albania. Ma soprattutto sono giovani – in genere tra i 30 e i 40 anni – e sono animati da tanta voglia di fare e, magari aumentare, diventando padroncini, il compenso da mettere in tasca a fine mese. E proprio così si trova una zeppa per mettere in equilibrio due lacune: perché mentre si garantisce con nuovi innesti il futuro dell’attività cooperativistica, al tempo stesso si ringiovanisce l’età media degli uomini al volante. Certo, parliamo di un ibrido ma, come conclude Nocciolini, è funzionale a colmare l’attuale mancanza di vocazioni alla professione: «Sono almeno dieci anni che non ricordo di autisti italiani che si presentano in azienda per chiedere lavoro. D’altra parte, seppure la tecnologica oggi rende il lavoro di autista meno gravoso, resta ancora una professione che, confrontata con altre, pretende maggiori sacrifici. Qualche decennio fa erano ripagati da una retribuzione adeguata; oggi il differenziale di stipendio rispetto a un lavoro in fabbrica è minimo e allora è normale che tanti giovani preferiscano questo a quello». Il discorso cambia quando l’autista dipendente diventa anche imprenditore di se stesso, dando vita a quell’alchimia che a Follonica sembra funzionare. E che magari potrebbe trovare spazio anche altrove.

Qui potete vedere il programma TG2 Dossier andato in onda sabato sera, 2 maggio.
I minuti in cui compare Michele Cortonesi sono: 6:40, 14:40 e 17:35 circa

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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