Vanno molto bene i porti gateway, un po’ meno quelli di transhipment, che faticano a competere con gli scali nordafricani. Ma siccome i primi bilanciano ampiamente i secondi, il traffico container in Italia segna un +6% di crescita. Questa, in sintesi, la fotografia del traffico container dei primi cinque mesi dell’anno diffusa da Contship Italia. In termini assoluti si viaggia su 4,14 milioni di teu e tutto lascia presupporre che questo dato verrà più che raddoppiato nella seconda metà dell’anno, tradizionalmente più brillante in termini di mercato.
Ma vediamo come si distribuiscono questi volumi. Tirano molto forte i porti dell’Alto Adriatico, con Venezia che cresce di +22,9% (pari a 184 mila teu), Ravenna di +17% (92 mila teu) e Trieste a +12,8% (con 137 mila teu). Ma si sa, questi porti hanno ancora, rispetto a quelli del Tirreno, un gap considerevole da scontare, tanto che complessivamente pesano di qualcosa meno del 10% del mercato. Come a dire, crescono a doppia cifra, ma in termini assoluti i numeri sono ancora distanti da quelli liguri-toscani. Genova, La Spezia e Livorno, infatti, assorbono da soli il 37,8%: il 18,3% il primo (758 mila teu), il 13% il secondo (538 mila teu) e 6,5% il terzo (269 mila teu). Tutte e tre con performance di crescita rispettivamente del 6%, del 7% e del 4%. Più giù ci sono poi i 224 mila teu di Napoli (con un +0,6% e una quota di mercato del 5,4%) e i 89 mila teu di Salerno (con un + 6% e una quota del 2,2%).
E veniamo ai porti di transhipment. Gioia Tauro, in un periodo ancora immune dall’abbandono di Maersk, continua a movimentare 1,17 milioni di teu con una crescita del 6,1% e una quota del 28,3%. Va meglio Taranto con i suoi 275 mila teu raggiunge una quota del 6,6%, pari a un ragguardevole +18,2%. Continua invece la frenata di Cagliari che muove 253 mila teu, un 9,1% in meno dell’anno precedente e una quota che si assottiglia al 6,1%.
Per cogliere una tendenza generale, bisogna considerare che questi ultimi porti hanno perso, rispetto al totale del mercato nazionale, un sonante 14% rispetto al 2009. E per capire il perché bisogna andare a sommare tutti i volumi dei porti di transhipment italiani con quelli di Malta e Algeciras (Spagna) per rendersi conto che se fino a prima della crisi questi viaggiavano tutti insieme ben oltre i 10 milioni di teu, nel 2010 erano appena sopra i 9 milioni. Ma nello stesso arco temporale i porti africani, che partivano da poco più di 3 milioni sono arrivati a 5,53. Va da sé che la forchetta che distanziava i rispettivi market share si è stretta di molto: se prima il rapporto era di 76% per gli scali europei e 24% per quelli nordafricani, nel 2010 è diventata 62% a 38%. Una distanza che si è ulteriormente assottigliata nel 2011, malgrado la stagione delle rivoluzioni nel Maghreb.
Il bilanciamento in termini di volumi dei porti gateway rispetto a quelli di transhipment non bilancia però la nostra bilancia commerciale. A conti fatti, cioè, il Pil nazionale registra una flessione derivante proprio dalla perdita di volumi sul trashipment (in termini assoluti molto più “pesante” del gateway), che porta con sé anche una flessione di tutta quella serie di servizi generati lungo la filiera per il trasbordo dei container.