Polla è una piccola cittadina di oltre 5.000 abitanti in provincia di Salerno, uno dei comuni campani del Vallo di Diano in “zona rossa”. Ma Polla è anche il luogo di nascita di Domenico Metitieri, il protagonista della storia che vi vogliamo raccontare. Sessantadue anni d’età compiuti da poco, Metitieri lavora per un’azienda di autotrasporto pollese, la Curcio Trasporti. È uno di quei camionisti eroici, che continuano ad attraversare l’Italia e l’Europa a dispetto della pandemia. Ma c’è di più: Domenico, per proteggere la sua famiglia e tutelare il lavoro, ha deciso di vivere solo ed esclusivamente sul camion. Il suo veicolo è diventato, in altre parole, luogo di lavoro, mensa e abitazione, il posto dove consuma i pasti, guida lungo le strade nazionali e continentali, dorme il sonno del giusto. Una condizione che va avanti dallo scorso 25 febbraio.
«Ormai mi ci sono abituato – ci racconta al telefono – La cosa essenziale per me è salvaguardare gli altri e soprattutto la mia famiglia, poi se stessi. Le difficoltà non mancano mai, giorno dopo giorno, ma le affronto volentieri, perché so di fare la cosa giusta»
Per dormire Domenico si adagia nella cuccetta in cabina, mentre per i servizi igienici cerca di adattarsi di volta in volta: «Quando trovo autogrill aperti ne approfitto, ma non sempre è così – spiega – Quando c’è la possibilità, mi fermo nelle sedi distaccate della mia impresa, a Reggio Emilia o in Francia».
Metitieri si dice preoccupato («come tutti, del resto»), ma cerca di non pensarci troppo e di tirare avanti: «Trasporto prevalentemente beni di prima necessità, spostandomi verso il Nord Italia e l’estero (Francia e Svizzera). Oggi per esempio mi trovo a Fiorenzuola, poi andrò a caricare vicino a Brescia e di lì passerò le Alpi».
Metitieri ci tiene a sottolineare l’ottimo rapporto con la Curcio Trasporti: «L’azienda si tiene in contatto con noi autisti tramite e-mail e un’app dedicata sul telefono. Poi ci chiama per sapere come stiamo: sono presenti e coscienziosi. Ci cura come se fossimo figli suoi, il che non è da tutti». Quello che non va è invece l’atteggiamento di alcuni cittadini: «Andando in giro, vedo molta negligenza. Le persone magari portano le mascherine, ma poi si mettono in gruppo, se le tolgono per fumare e si mettono a chiacchierare vicini. Viceversa, quando andiamo a caricare e scaricare, le norme di sicurezza sono sempre rispettate e in alcune aziende ci misurano la febbre prima di entrare. Io giro con una quindicina di mascherine e due confezioni di guanti da 100, che indosso sempre quando scendo dal camion».
È un lavoro duro, un continuo andirivieni: «Fintanto che c’è la possibilità di viaggiare e lavorare va tutto bene; puoi distrarti, il tempo passa in fretta e non te ne accorgi. Ma appena ci si ferma la testa va alla situazione di emergenza e un po’ di ansia ti assale, specialmente per i tuoi cari». Già, la famiglia. Domenico è felicemente sposato e ha tre figli grandi (35, 31 e 23 anni) che abitano tutti nella stessa casa: «Ci sentiamo e ci vediamo con lo smartphone – ci dice – e finché continuerà questa situazione non voglio avere contatti pericolosi con loro. L’importante è che stiano bene, io potrei andare avanti per mesi a vivere così. Poi dipende anche dall’azienda, che probabilmente ci metterà in cassa integrazione a scaglioni, perché è difficile far lavorare tutti. Ma nel caso mi collocassero a riposo non cambierà nulla: abito vicino all’impresa, per cui parcheggerò il camion sotto casa e continuerò ad abitarci dentro, lì, sotto le mie finestre. Se non sono sicuro al 100% non entro; sono scelte dolorose, ma la salute viene prima di tutto».