È un cantiere diffuso sul territorio. È questa la fotografia migliore delle aree di sosta sicura in Italia. Basarsi su dati fermi, infatti è difficile anche perché il quadro fornito nel 2020 dal CCISS (Centro di coordinamento informazioni sulla sicurezza stradale), che censì parcheggi e aree per camion facendo riferimento alla direttiva europea in vigore all’epoca – la 855/2014 – che richiedeva solo che gli utenti fossero informati sulla loro ubicazione e sui servizi forniti, è in grande cambiamento grazie agli interventi finanziati dall’Albo degli autotrasportatori con i programmi Pass4Core 1 (partito nel 2020) e Pass4Core 2 (avviato nel giugno 2021).
Prima, tre anni fa, i parcheggi «Sicuri e custoditi nella rete transeuropea in Italia» erano soltanto quattro: il solito Brescia Est e i tre parcheggi di Gorizia al confine con la Slovenia. Non è un caso che – sia pure nella confusione delle certificazioni, inevitabile in una fase di transizione da un sistema all’altro – il primo sia l’unico con la certificazione Gold per il rispetto dei requisiti europei per le SSTPA (Safe and Secure Truck Parking Area) e due delle aree di sosta di Gorizia abbiano ottenuto una qualificazione secondo il precedente metodo, che dovrebbe permetterle di raggiungere presto il certificato Silver. Comunque, una qualificazione di tutto rispetto.
Alle spalle di queste due (o quattro) aree, però, nella rilevazione del 2020 c’era una specie di deserto. Delle 158 aree censite soltanto 16, avendo tutte recinzione, sorveglianza video e personale di guardia notturna, potevano guadagnarsi la qualifica di «Parcheggi sicuri e protetti nella rete stradale italiana». Ciò non toglie che dei 7.640 stalli considerati, soltanto 2.482 facevano parte di quelle venti aree sufficientemente protette.
I progetti Pass4Core
Gli interventi dell’Albo, con i progetti Pass4Core, stanno aumentando gli stalli «sicuri». Del primo progetto, partito nell’aprile 2020 (27,5 milioni di euro, 5,5 dei quali cofinanziati dal programma europeo CEF e il resto da investimenti privati), sono già conclusi i lavori al Truck Park di Brescia Est e all’Interporto di Settimo Torinese, mentre sono in dirittura d’arrivo quelli degli Interporti di Verona e di Guasticce. Gli altri dovrebbero concludersi entro il giugno 2024. Il completamento del secondo, partito nel giugno 2021, con un budget di 12,1 milioni di euro cofinanziati al 50% da risorse CEF, è previsto per la fine del 2024.
A questi vanno aggiunti altri 164 stalli (negli interporti di Torino, Bari e Marcianise), finanziati dal ministero dei Trasporti nell’ambito dei fondi per gli Interporti, per un totale di 2.767 stalli tra nuovi e migliorati. Si tratta di lavori che puntano soprattutto su interporti e zone industriali, ma anche sulle direttrici tirrenica e adriatica in proiezione verso il Sud: il Truck Village di Colleferro, a poche centinaia di metri dal casello dell’A1, e il Good Truck La Sosta di San Benedetto del Tronto, funzionale a chi viaggia lungo la A14.
Un calcolo empirico permette di fissare un rapporto – prima di questi interventi – di uno a 289 tra gli stalli delle aree «sicure e custodite» censite dal CCISS e – senza tener conto del cabotaggio – i 718 mila veicoli pesanti circolanti in Italia (stima Unrae al 30.06.22). C’era ancora molto da lavorare, insomma. Per questo l’Albo, per prima cosa, ha commissionato a Rete autostrade mediterranee (RAM) uno «Studio sulle aree di sosta – Documento strategico SSTPA Italia», che ha approfondito l’analisi e indicato la strada da seguire, valutando il rapporto tra domanda e offerta e calcolando un fabbisogno di 36.792 stalli a fronte di una disponibilità di 7.640 posti: quelli censiti dal CCISS tre anni fa, molti dei quali appaiono tutt’altro che sicuri. Ma, se andiamo a considerare soltanto gli stalli disponibili presso le aree «sicure» a tutt’oggi certificate SSTPA, i numeri crollano vertiginosamente.
Attualmente ce ne sono solo 464 che, grazie agli interventi in corso, a fine 2024 dovrebbero diventare 2.767, appena sufficienti per rispondere alla domanda di stalli sicuri per merci di valore oltre i 10 euro per chilogrammo (ne basterebbero 2.259), ma assolutamente incapaci di ospitare merci del valore superiore ai 3 euro per chilogrammo, il cui fabbisogno balza a 8.124 stalli sicuri. Per cui lo studio, considerando ottimale il rapporto 1,5 tra offerta e domanda e tenendo conto dell’incremento del trasporto merci su gomma, indica come primo step la creazione di altri 2.900 stalli sicuri entro il 2027.
Il problema del Sud
Un altro problema, però, e anche questo non solo italiano è la disomogeneità degli stalli. Anche se, grazie alle pressioni del governo italiano, la posizione comunitaria si è un po’ ammorbidita rispetto alla loro ubicazione vincolata alla rete TEN-T, le aree di sosta sicura esistenti sono state realizzate senza considerare questo criterio, ma seguendo la domanda del momento. Ciò ha comportato uno squilibrio che danneggia le Regioni del Sud.
Lo studio di RAM propone un meccanismo che dovrebbe rendere più omogenea la distribuzione delle aree SSTPA e – in assenza di shift modale verso il trasporto marittimo – la realizzazione di 450 stalli su due aree in Calabria, 580 (sempre su due aree) in Campania, 500 sulla A1 tra Colleferro e Marcianise, 300 in Basilicata sulla direttrice Bari- Salerno, oltre a 300 sulla A1 tra Lazio, Umbria e Toscana. Facile a dirsi. Per prima cosa l’Albo ha deciso di attivare una procedura per far partire, entro l’anno, i primi bandi per i nuovi interventi. Lo scorso settembre ha stipulato una convenzione con Sogesid, altra società in house del ministero dei Trasporti che deve studiare i requisiti funzionali e tecnici necessari per la realizzazione delle SSTPA e analizzare il fabbisogno finanziario per la loro gestione. In quell’occasione il presidente dell’Albo, Enrico Finocchi, ha fatto la sintesi della situazione: «Con questo accordo verranno avviate le procedure per la costruzione di aree di sosta che rispondano agli standard definiti dall’Unione europea e che si andranno ad aggiungere a quelle già realizzate, o in via di definizione, con il progetto europeo Pass4core, per estendere così su buona parte del territorio nazionale la presenza di aree di sosta sicure e protette».
Ma non basta. Bisogna cominciare ad agire su quei tempi lunghi di realizzazione che dipendono molto dalla causalità degli interventi e dalla frammentazione delle competenze. Dunque, conclude lo studio di RAM, il deficit di offerta di aree sicure deve essere fronteggiato «con un programma di sviluppo e di sostegno pubblico per la realizzazione di infrastrutture certificate su standard europeo, da rafforzare anche con l’allocazione di risorse nazionali». Un piano che non potrà limitarsi alla creazione delle aree di sosta sicure, ma dovrà adeguarle anche al futuro, integrando i sistemi ITC delle singole aree con una Piattaforma Nazionale delle SSTPA con quella della Logistica (PLN), dotandole di infrastrutture di ricarica elettrica rapide e potenti, mettendole in condizioni di efficientamento energetico. Non a caso lo studio di RAM ha per sottotitolo «Documento strategico». Ed è di questi temi che Albo e trasportatori stanno discutendo.
Sullo stesso argomento, ti potrebbe interessare: