«Avanti, non c’è posto! ». «Dòcciati pure, ma senza acqua calda ». «Vuoi un panino con bibita e dolcetto? 16 euro, grazie». Se le aree di servizio italiane destinate ai mezzi pesanti potessero parlare, si rivolgerebbero agli autisti in questo modo strambo e snervante.
Somiglierebbero a uno di quei personaggi assurdi usciti fuori da Don’t look up, film del 2021 diretto da Adam McKay, che di fronte a una catastrofe imminente (la fine del mondo) si comportano come se nulla fosse, ignorando e addirittura sbeffeggiando con menefreghismo l’allarme di uno scienziato. Gli autisti avrebbero invece il volto incazzato del protagonista (Leonardo Di Caprio), ovvero sbigottiti e affranti per il trovarsi quotidianamente di fronte a una serie di frustrazioni che trasformano il proprio lavoro in un vero e proprio incubo. Non trovare posto per parcheggiare, utilizzare bagni sporchi o malfunzionanti, mangiare un pasto a prezzi spropositati sono solo alcune di queste frustrazioni che si consumano quotidianamente nelle aree di sosta, luoghi che dovrebbero garantire tutti i servizi necessari per far sì che i conducenti possano ristorarsi dalle fatiche quotidiane e ripartire freschi e carichi, e invece presentano disfunzioni che non fanno altro che accumulare ulteriore stress.
Soli e abbandonati
Una delle principali criticità che si registrano nelle aree di servizio dedicate agli autotrasportatori è la mancanza di stalli. Alessio Lombardo, giovane autista fiorentino di 26 anni, lo dice chiaramente: «Già al pomeriggio si fa fatica a trovare un posto anche solo per prendere un caffè. I parcheggi sono pochi in confronto alla quantità di mezzi che girano in autostrada». Alessio cita un esempio su tutti: l’area di parcheggio di Villa Costanza, che si trova tra le uscite di Firenze Impruneta e Scandicci. Ha molti posti per auto, bus e camper, c’è il ristorante e i servizi igienici sono aperti h24. «Un vero gioiello per chiunque passa da qui – dice – ma in realtà non è così per tutti. Perché i camionisti non ci possono entrare».
In quest’area vige infatti il divieto di accesso per i mezzi superiori alle 3,5 tonnellate. «Ci può stare – spiega Alessio – perché è stata pensata per essere una sorta di autostazione: da qui, infatti, partono molti pullman da e verso il centro di Firenze. C’è anche il tram che in pochi minuti ti porta nel cuore della città. Quindi è un’area pensata più per il turismo che per la sosta di mezzi pesanti. Tuttavia, la cosa assurda è che a noi camionisti è stato riservato un altro parcheggio nelle vicinanze, ma piccolo e senza alcun tipo di servizio, né igienico né di ristorazione. Vorrei sapere cosa sarebbe costato creare anche solo una passerella pedonale che collegasse le due aree, per dare la possibilità a noi autisti non solo di accedere ai servizi, ma anche – perché no – di prendere il tram e fare un giro a Firenze durante la sosta del riposo settimanale, oppure usufruire di bagni decenti o mangiare una buona bistecca. Questo è veramente un peccato».
Fuori servizio
Un’altra «croce» per i camionisti è rappresentata dai bagni, che nella maggior parte dei casi sono sporchi o inefficienti. Il discorso non migliora se si sposta l’attenzione sulle docce che, pur essendo a pagamento, spesso sono malridotte o fuori uso. Sempre Alessio racconta: «Qualche volta mi è capitato di leggere cartelli con su scritto “docce con solo acqua fredda”. Io vorrei capire come sia possibile farsi una doccia fredda a gennaio. Non è il massimo della vita».
Anche Silvia Martellotta, autista di 50 anni, da Livorno, rincara la dose su quest’aspetto: «Il più delle volte le docce sono inagibili oppure manca l’acqua calda. O addirittura sono chiuse per manutenzione. Ci prendono in giro? Dopo 15 ore di lavoro avrò il diritto di farmi una doccia? Tra l’altro, per una donna che fa questo mestiere, la situazione è anche peggiore, dal momento che di frequente mancano servizi dedicati».
Ansia da sosta
Sempre Silvia si sofferma poi su un altro tipo di sofferenza , quella di perdere tempo per cercare un parcheggio. Con l’ansia che sale perché bisogna stare dietro al rispetto dei tempi di guida e di riposo. «Il fatto che manchino parcheggi mi fa sfinire. Perché se arrivi in area di servizio dopo le ore 19 e non trovi uno straccio di posto, sei costretto a rischiare sforando sulle ore di impegno, magari uscendo dall’autostrada, avventurandosi in paesini sconosciuti e in piazzole a rischio furto. Con la beffa che se la polizia ti ferma, ti fa pure la multa per lo sforamento delle ore».
Un’altra autista, Alessia Zanaboni, di 43 anni, sottolinea come questa situazione sia anche figlia di una sorta di «sfasamento orario» con i ritmi di lavoro degli autisti «concorrenti » dell’Est Europa. «Loro sono abituati a partire presto al mattino e quindi già nel primo pomeriggio, avendo terminato le ore di guida, si devono fermare, andando a occupare così una buona fetta di stalli disponibili. Noi invece che iniziamo il turno di lavoro un po’ più tardi, ci ritroviamo alle 17 o alle 18 con i parcheggi praticamente già saturi».
Il prezzo della sicurezza
Anche quando il posto in un’area di sosta si trova, però, la situazione non è idilliaca. Soprattutto dal punto di vista della sicurezza. Molte aree, per esempio, non dispongono di un’illuminazione sufficiente o di recinzioni con colonne di controllo degli accessi. Lacune che fanno sentire gli autisti mai del tutto tranquilli. «La paura più comune – osserva ancora Alessia – è che qualcuno faccia un taglio al telo del camion per rubare la merce trasportata o, peggio ancora, che minacci la tua integrità fisica. Insomma, il rischio che il carico possa essere compromesso o che ti possa succedere qualcosa a livello personale c’è sempre. Convivere costantemente con questo stato di preoccupazione è difficile».
C’è poi il discorso prezzi. In molti sottolineano come sia assurdo spendere nelle aree di sosta più di 10 euro per un menù basico, cioè composto da panino con bibita e caffè. «Siamo arrivati ai livelli della Svizzera – sostiene sempre l’autista – solo che lì gli stipendi sono adeguati al costo della vita, in Italia no».
Le voci dall’estero
E guardando proprio al confronto con l’estero, cosa accade invece negli altri Paesi? Siamo messi meglio o peggio? La risposa è: dipende. Fabio Soncin, autista di 45 anni con una grande esperienza di viaggi internazionali (tutte le settimane, partendo dalla Sardegna, esporta verso il Centro Europa prodotti ortofrutticoli e torna indietro carico di fiori e piante) testimonia come nel continente la situazione sia per certi versi migliore rispetto all’Italia: ci sono più aree di sosta, più posteggi e più servizi igienici a disposizione degli autisti e delle autiste. Ma bisogna distinguere tra Paese e Paese. «Per esempio, Belgio e Olanda – dice – presentano situazioni simili alla nostra dal punto di vista dei servizi igienici: i bagni sono sporchi, oppure addirittura sono assenti e a quel punto sei costretto a “farla all’aperto”. La situazione migliore che ho visto è invece in Germania: lì si paga un ticket per poter usufruire del posteggio ma la cifra spesa è rimborsata sotto forma di sconto da utilizzare per mangiare o bersi un caffè. Inoltre, le docce i bagni sono ben manutenuti e hanno un sistema di pulizia automatico».
Cristian Gorini, giovane autista con già cinque anni di esperienza alle spalle in fatto di viaggi internazionali, mette invece la Francia sul piatto dei Paesi-modello da seguire. «Lì ci sono i Centre Routier, che sono un vero e proprio paradiso per gli autisti alla ricerca di spazi in cui riposare». Aree che, confrontate con quelle italiane, non hanno nulla a che fare. «C’è praticamente tutto – dice Cristian – bagni e docce (puliti), zone attrezzate per fare picnic all’aperto, lavatrici, asciugatrici, sale fitness, sale tv e tanto altro ancora». Insomma, le aree sono più curate e c’è una maggiore attenzione per chi svolge questa professione. Se antropomorfizzate, sarebbero esattamente l’opposto dei personaggi indifferenti di Don’t look up. E parlerebbero con più umana comprensione. «Raccontami il tuo problema». «Ti vengo incontro». «Insieme possiamo salvare il mondo (dell’autotrasporto) ».