L’immagine più efficace l’ha data un autotrasportatore di Fano associato al Carp di Pesaro, Daniele Lucertini: «Un’autostrada che non esiste». Quei 100 chilometri della A14, tra Civitanova e Pescara, lui li percorre tutti i giorni (pagando regolarmente il pedaggio) con le cisterne di famiglia per trasportare liquidi alimentari – soprattutto vino – da Abruzzo e Puglia al Nord e viceversa. Intervistato da K44 Risponde – il videocast diffuso settimanalmente sul sito di Uomini e Trasporti e di Trasporto Europa (ma anche sui canali social, Facebook, Linkedin e Youtube) – ha raccontato la sua odissea quotidiana, concludendo: «Continuiamo a pagare un’autostrada che non esiste».
In effetti ha più di un percorso di guerra che di un’autostrada moderna quel centinaio di chilometri segnati da restringimenti di carreggiata, distanziamento minimo di 100 metri, chiusure di caselli, verifiche su gallerie e viadotti, deviazioni sull’intasata stradale Adriatica. Inevitabili le code chilometriche – sia sull’autostrada che sulla statale – soprattutto quando al traffico ordinario si aggiunge quello delle vacanze, su una tratta che normalmente è percorsa da 5 mila veicoli pesanti al giorno.
TRA BARRIERE E GALLERIE
È una storia che dura da quasi un anno. Da quando, nel settembre del 2019, all’ordinaria manutenzione autostradale si sono aggiunti i sequestri del guardrail ordinati dalla Procura di Avellino che ha ritenuto quel tipo di barriera insufficiente a garantire la sicurezza, dopo l’uscita di strada di un pullman su un viadotto della Napoli-Canosa che provocò la morte di 40 persone. L’ordinanza bloccava la circolazione sulla corsia esterna di 11 viadotti, riducendo così la carreggiata alla sola parte centrale. Ai primi di dicembre, poi, il gip della città irpina aveva ordinato la chiusura totale del viadotto Cerrano, tra Pineto e Montesilvano, di cui l’Ufficio Ispettivo Territoriale di Roma aveva denunciato un avanzato stato di ammaloramento, trasferendo tutto il traffico sulla statale Adriatica, già carico di 1.800 transiti al giorno.
Già con le feste di fine 2019, ne erano scaturiti code chilometriche, ingorghi paurosi e proteste vibrate di operatori (a rischio di chiusura e licenziamenti) e cittadini (invasi dai camion scaricati dall’autostrada). L’intoppo era stato superato con qualche dissequestro, qualche deviazione, qualche rallentamento obbligatorio e qualche rimborso del pedaggio. Poi, superate le giornate di punta (il Cerrano è stato riaperto con molte limitazioni tra cui il divieto di transito per le merci pericolose, mandate – paradossalmente in nome della sicurezza – a intasare la più rischiosa statale con i suoi attraversamenti urbani) e con la complicità del lockdown che ha svuotato le strade per un paio di mesi, tutto è tornato come prima.
Anzi, peggio. Perché ai viadotti con le barriere sequestrate e la carreggiata ridotta, si sono aggiunte le verifiche degli impianti antincendio nelle gallerie. Annunciati a febbraio su tutta la rete da Autostrade per l’Italia con l’impiego di tecnologie avanzate come i laser scanner e il geo radar e una doppia verifica prima sul calcestruzzo e lo stato esterno degli impianti, poi sulle singole infrastrutture, sulla A14 a metà luglio non si erano ancora conclusi. In questa situazione le code di Natale diventano uno scherzo rispetto a quello che si annuncia per l’estate, dopo che i primi week end di caldo hanno riversato verso le località balneari centinaia di migliaia di turisti affamati di rilassarsi dopo lo stress del Coronavirus. Venerdì 19 giugno, tra Porto Sant’Elpidio e Pedaso code di dieci chilometri sull’autostrada in direzione Sud, traffico bloccato sulla statale e lungomare ingolfato. Replica impietosa nei week end successivi (domenica 28 è dovuta intervenire la Protezione civile per dare assistenza ad automobilisti e camionisti), con rallentamenti che sono arrivati alle 6-7 ore per completare quei cento chilometri, trasformati dal caldo e dall’attesa in un inferno d’asfalto. Non si tratta solo di un disagio: è una vera e propria calamità che rischia di mettere in ginocchio contemporaneamente l’economia industriale, turistica e agricola di tre Regioni – Marche, Abruzzo e Puglia – di cui l’A14 e la statale Adriatica costituiscono il sistema arterioso che ne alimenta le attività produttive.
CAMIONISTI TRA RITARDI E RIPOSI
Ad avvertire per primi questo aspetto sono gli autotrasportatori che di quel sistema arterioso sono i globuli rossi. «Nel nostro territorio», ha spiegato a K44 Risponde Riccardo Battisti, responsabile Marche di CNA-Fita, «operano 1200 imprese con 5 mila occupati: è un ’economia che rischia di sparire. I grossi operatori logistici fanno presto a spostarsi dove c’è una migliore operabilità. Abbiamo già segnalazioni di imprese alle quali è stato chiesto di spostarsi». Lucertini la mette più diretta: «Il problema principale è il rapporto con il cliente. Se ritardiamo, non riusciamo a rispettare i piani di carico e non tutti i committenti sono disposti a capire: soprattutto quelli che non hanno mai guidato un camion nel traffico».
Poi c’è anche la questione dei riposi. Non sono solo i piani di carico a saltare, ma anche la programmazione dell’attività degli autisti, che magari non riescono a tornare in tempo a casa per il riposo lungo settimanale, con inevitabili ricadute sia sulla pianificazione della settimana successiva, sia sui maggiori costi.
Non stupisce allora che ai primi di luglio ben sedici sigle – tra associazioni di autotrasportatori e sindacati – abbiano inviato una lettera alla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, e a tutti i parlamentari della regione, per chiedere di «intervenire su tutte le strutture ministeriali coinvolte, per sollecitare un veloce disbrigo di tutte quelle pratiche burocratiche che consentano al gestore di intervenire velocemente per porre fine ai disagi di quanti hanno la malaugurata sorte di transitare nel tratto interessato».
Sul versante marchigiano si era già mossa Anna Casini, vice presidente della Regione, rivolgendosi per iscritto il 23 giugno anche lei alla ministra De Micheli (ma l’aveva già sollecitata sul problema con una lettera a novembre e un incontro a dicembre, dopo aver scritto nel luglio di un anno fa al suo predecessore Danilo Toninelli) per ricordare che la situazione «a oggi non è cambiata» e anzi «a peggiorarla» si sarebbero aggiunti «i lavori che interesseranno i cinque viadotti marchigiani (di cui tre con progetto esecutivo)».
UN’AUTOSTRADA DIMENTICATA
Era tutto previsto, dunque, eppure da Roma per oltre un mese non è arrivata nessuna risposta concreta, come se l’A14 fosse – appunto – inesistente o dimenticata. Solo qualche contatto a livello di funzionari e incontri a livello locale, come quello di lunedì 6 luglio, tra i rappresentanti di CNA Fita di Abruzzo e Marche (Gianluca Carota, William Facchinetti, Riccardo Battisti e Giorgio Rocchi) e il dirigente del VII tronco di Autostrade per l’Italia, Marco Perna, per fare il punto della situazione (a che punto sono la sostituzione delle barriere e le richieste di dissequestro al giudice di Avellino?) e comunque per chiedere una riduzione dei pedaggi.
Parziali le risposte: soltanto pochi giorni prima, venerdì 3 luglio, la concessionaria aveva ricevuto il placet ministeriale solo su due dei 13 viadotti (Vallescura e Santa Giuliana, nelle basse Marche) sequestrati dalla magistratura per i quali aveva chiesto l’avvio della progettazione e subito dopo l’incontro ha presentato richiesta di dissequestro alla Procura di Avellino per la progettazione, in modo da ottenere per il momento il ripristino della circolazione su due corsie, anziché una sola, in attesa di un secondo passaggio da ministero e Procura per l’approvazione del progetto e l’autorizzazione all’apertura del cantiere. Quanto alle gallerie, le ispezioni sono in via di conclusione (ma poi, in pieno controesodo, riprenderà la manutenzione) e comunque Autostrade si è impegnata a fornire aggiornamenti più frequenti e precisi sulla lunghezza delle code (sic!).
I SEQUESTRI DIETRO LE CODE
Un’immagine della ricostruzione, effettuata dalla Polizia Stradale, dell’incidente avvenuto il 28 luglio 2013 lungo la A16 nei pressi di Monteforte Irpino (Avellino), quando un pullman, a causa di un guasto all’impianto frenante, volò giù da un viadotto causando la morte di 40 persone. Nel corso del processo, Felice Giuliani, professore dell’università di Parma incaricato della perizia, arrivò alla conclusione che «la strage del viadotto dell’Aqualonga della A16 è risultata tale per difetto di risposta strutturale della barriera New Jersey bordo ponte in conseguenza dell’urto esercitato dal bus». Di tutto risposta i giudici della procura di Avellino a maggio 2019 sequestrano le barriere protettive posizionate ai bordi di 12 viadotti lungo la A14 e poi a novembre dello stesso anno, il Gip di Avellino che indaga su un secondo filone di inchiesta dedicato agli interventi di manuntenzione, convinto che siano stati fatti «interventi di manutenzione ordinaria destinati a creare pericolo per la pubblica incolumità», mette i sigilli sulle barriere bordo ponte di 9 viadotti, di cui 6 sulla A14.
LO SCARICA BARILE
Una procedura lenta, complessa, farraginosa, che Natalino Mori, presidente di FAI Marche – dopo aver messo in campo gli avvocati per chiedere un risarcimento dei danni subiti dalle imprese – ha stigmatizzato: «Nella giostra dello scaricabarile fra Autostrade per l’Italia, ministero delle Infrastrutture e magistratura, in cui tutte le parti sembrano avere documenti (propri) e buone ragioni per rimanere nelle rispettive posizioni ovvero per simulare atteggiamenti ed iniziative virtuose, ‘il morto è sulla bara’ come recita un proverbio».
«C’è ancora da soffrire», ha aggiunto il presidente di CNA Fita Abruzzo, Carota. Soprattutto nella sua Regione, dove si trovano 8 dei 13 ponti sotto sequestro. «Le Marche», ha spiegato, «possono contare su viadotti decisamente più larghi di quelli della nostra regione, e questo comporterà a breve – sempre che ci sia il benestare della magistratura irpina – la possibilità di organizzare i cantieri per i lavori in modo diverso, ovvero prevedendo due corsie per senso di marcia, cosa molto difficile in Abruzzo».
Poi, all’improvviso, il «benestare della magistratura irpina» evocato da Carota, è arrivato. Venerdì 17 luglio, due giorni dopo l’accordo per il nuovo assetto di Autostrade per l’Italia, la concessionaria ha dato notizia «del provvedimento dell’autorità giudiziaria di Avellino che ha accolto la richiesta della società di modificare l’attuale assetto dei cantieri sulle tratte interessate» e che quindi «sarà possibile garantire al traffico le due corsie preesistenti per senso di marcia», aggiungendo, per parte sua, il dimezzamento del pedaggio – fino a fine luglio – da San Benedetto del Tronto a Val di Sangro in entrambe le direzioni.
«Dieci giorni di sconto dopo dieci mesi di calvario? Si sono sprecati», ha ironizzato il presidente della regione Abruzzo,Marsilio.
MERCI PERICOLOSE IN VIAGGIO SULLA STATALE
Nel dicembre 2019, con il sequestro di alcuni viadotti della A14, viene chiuso completamente ai camion quello di Cerrano, tra Pineto e Montesilvano, affetto da un avanzato stato di ammaloramento. A quel punto tutto il traffico pesante sulla statale Adriatica, già carico di 1.800 transito al giorno. Qualche settimana dopo lo stesso viadotto viene riaperto, ma non ai veicoli che trasportano merci pericolose. La ragione non è chiara. O meglio non si capisce perché sia più pericoloso far transitare un veicolo su un viadotto, piuttosto che fargli attraversare il centro di cittadine sorte ai margini della statale Adriatica, piene di semafori e di passaggi pedonali e, soprattutto d’estate, ricolme di turisti.