È in distribuzione in questi giorni, e già consultabile online su www.uominietrasporti.it, il numero di marzo di Uomini e Trasporti, un numero monografico interamente dedicato al tema della carenza delle aree di sosta per mezzi pesanti. Per presentarvelo, partiamo da alcuni numeri.
In Italia 289 mezzi per ogni stallo sicuro
Nel nostro Paese nel 2022, a fronte di una rete stradale dotata di 158 aree di sosta e parcheggi destinati ai camion, per un totale di 7.640 stalli disponibili, risultavano circolanti – senza contare le attività di cabotaggio internazionale – circa 718.000 veicoli pesanti adibiti per il trasporto merci. Ciò significa che in Italia esiste un rapporto di 94 camion per ogni stallo dove poter sostare. Di certo un rapporto non sufficientemente adeguato a supportare l’elevato numero di mezzi pesanti in circolazione, che proprio in queste aree hanno necessità di fermarsi per rispettare la disposizione legislativa che impone tempi di sosta a chi guida.
Ma c’è di più. Questa relazione è ancora peggiore se si prendono in considerazione soltanto i parcheggi considerati sufficientemente protetti, vale a dire dotati di un minimo di servizi essenziali per garantire la sicurezza di merci e persone (es. sistemi di videosorveglianza, recinzioni, personale di guardia notturna, ecc.). Dei 7.640 stalli complessivi, infatti, solo 2.482 (il 32%) sono considerati sicuri. Ciò permette di fissare un rapporto di uno a 289 tra gli stalli delle aree «sicure e custodite» e l’ingente mole di veicoli pesanti circolanti in Italia. Traducendo ancora meglio il calcolo empirico: in Italia c’è solo uno stallo sicuro per ogni 289 camion in circolazione. Si capisce bene allora come ci sia ancora molto da lavorare per far sì che queste aree non solo diventino più numerose, ma siano anche costruite meglio, rigorosamente sicure, per proteggere l’incolumità di merci e persone.
I tanti punti di vista di un vuoto da colmare
È a partire da questi numeri che il nostro mensile muove un’articolata inchiesta per raccontare le carenze delle aree di sosta per camion, da più punti di vista. In primis da quello della coerenza normativa, perché, come scrive Daniele Di Ubaldo nel suo editoriale, le aree rappresentano «una vera e propria contraddizione, perché si fa fatica a giustificare una disposizione legislativa che impone tempi di sosta a chi guida, senza poi preoccuparsi di verificare se esistano luoghi adeguati a poter sostare».
E solo di recente l’Europa si è (finalmente) accorta di questa incoerenza, quando ha scoperto che meno del 3% degli stalli destinati ai veicoli pesanti (7.000 su un totale di 300.000) si trova in aree di parcheggio custodite. E allora ha deciso di porre rimedio stanziando 100 milioni di euro per co-finanziare progetti di miglioramento delle aree esistenti nel continente. Insomma, il contesto è altamente deficitario ma – sforzandosi di vedere il bicchiere mezzo pieno – la buona notizia è che qualcosa si è smosso e si auspica che gli squilibri possano essere recuperati nel più breve tempo possibile.
Non c’è posto per la sicurezza
Il secondo punto di vista con cui abbiamo provato a descrivere il problema è quello dell’autista. Abbiamo raccolto infatti tante testimonianze di autotrasportatori che ci hanno raccontato ciò che quotidianamente accade all’interno di questi spazi e la pressione a cui si è costantemente sottoposti. Non trovare posto per parcheggiare (con l’ansia di sforare sulle ore di impegno), utilizzare bagni sporchi o malfunzionanti, mangiare un pasto a prezzi spropositati sono solo alcune delle più comuni frustrazioni che si consumano ogni giorno nelle aree di sosta, luoghi che dovrebbero garantire tutti i servizi necessari per far sì che i conducenti possano ristorarsi dalle fatiche quotidiane e ripartire freschi e carichi, e invece presentano disfunzioni che non fanno altro che accumulare ulteriore stress.
Altra prospettiva che abbiamo preso in considerazione è quella della sicurezza delle merci e delle persone. Alcuni dati su tutti: in Italia ogni giorno spariscono 6 camion a causa di furti. Merce o veicolo che sia, il 60% di questi crimini avviene proprio nelle aree di sosta non custodite o comunque non sufficientemente protette. Con conseguenze disastrose per i proprietari delle merci e i trasportatori. Perché queste aree, oltre a rappresentare una minaccia per la sicurezza, espongono a rischi maggiori. Al punto che, se si trasporta merce di valore, si corre il rischio di oltrepassare (con colpa grave) il limite della fin troppa esigua responsabilità vettoriale.
Non basta la tecnologia
Certo, esistono oggi delle soluzioni tecnologiche che aiutano quantomeno a mitigare questo carico di «ansia da sosta», con app e piattaforme che facilitano, per esempio, l’individuazione di aree di parcheggio, di prenotarle, di conoscere in anticipo gli eventuali servizi offerti in tema di sicurezza e comfort. Così come esistono dispostivi telematici come gps e sensori che consentono il monitoraggio e la tracciabilità in tempo reale dei mezzi, svolgendo una funzione sia preventiva (scoraggiando possibili furti) che di recupero (allertando le centrali operative in coordinamento con le forze dell’ordine).
Ma è chiaro che la tecnologia non può essere la panacea di tutti mali. L’unica vera soluzione possibile per affrontare il problema è quella di costruire nuove aree di sosta, e di renderle il più possibile sicure.
Leggi l’editoriale: Aree di sosta, i tanti vuoti di una mancanza
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