L’Italia del trasporto ferroviario non fa certo faville. Ma questa modalità non procede spedita nemmeno dove si è fatto di tutto per farla decollare. In Svizzera, per esempio, il trasferimento del traffico stradale su ferrovia è stato introdotto nella carta costituzionale tramite un’apposita modifica approvata in precedenza tramite referendum. E per questo è stato previsto di costruire due megatunnel ferroviari funzionali per mettere in servizio un sistema ad alta velocità che servisse ad attuare il dettato costituzionale.
Tutti lavori – è bene ricordarlo – che vengono finanziati anche tramite un’aumentata tassazione al trasporto stradale.
Ma come si diceva, non tutto è servito. Il progetto di trasferimento infatti dovrebbe arrivare al 2018 a 650.000 transiti di camion sull’asse Nord-Sud, attraverso tappe di avvicinamento annuali. Per il 2011, per esempio, bisognava stare, in base a una precisa legge di Stato, entro la soglia del milione di transiti di camion. Ma le cose sono andate peggio, visto che si è arrivati a 1,25, vale a dire il 25%. Tanto è bastato per far scattare misure supplementari, per finanziare già dal 2012 gli interventi di adeguamento dell’infrastruttura ferroviaria per consentire il trasporto dei semirimorchi alti 4 metri, per prorogare i crediti per l’incentivazione della “autostrada viaggiante” e per potenziare i terminal a sud delle Alpi.
Si riprende a parlare pure di borsa transiti e di ritoccare in alto le tariffe di pedaggio, ma per fortuna a impedire una tale misura c’è un trattato bilaterale sottoscritto con l’Unione europea. Ma le associazioni ambientali – e in primo luogo la Alpi e l’ATA (Associazione traffico e ambiente) – non si arrendono e siccome giudicano in ogni caso non trattabile il trasferimento modale previsto dalla Costituzione spingono per attuare in fretta la borsa carichi. Staremo a vedere.
I transiti di camion in Svizzera sono il 25% in più del previsto: si va verso un giro di vite?
-