A ognuno i suoi tormentoni (soprattutto d’estate). Così mentre su tutti i quotidiani e settimanali impazza la polemica sulle intercettazioni Napolitano-Mancino, il mondo dell’autotrasporto sembra impazzito per un tema sollevato dalla spending review: «che ne sarà delle funzioni della Consulta?».
Per carità. Di per sé l’argomento non è nemmeno particolarmente gustoso e avvincente, se non fosse per l’appendice che si porta dietro: l’Osservatorio, vale a dire il consesso chiamato a definire i costi minimi, fonte dei litigi più furiosi e duraturi dell’autotrasporto italiano degli ultimi anni, da chi sarà sostituito?
Le interpretazioni si sprecano, a volte in maniera anche un po’ gratuita. Uomini e Trasporti.it già ai primi di agosto aveva in parte chiarito l’arcano, spiegando (a dire il vero, leggendo) il decreto che conteneva la stessa spending review. E in particolare il comma 20 dell’art. 12 nel punto in cui recita che «gli organismi collegiali operanti presso le pubbliche amministrazioni, che operavano sulla base di una proroga concessa con i meccanismi della legge 6 agosto 2008, n. 133, a decorrere dalla data di scadenza trasferiscono le attività ai competenti uffici delle amministrazioni in cui operano».
Ora a rigor di logica l’ufficio competente a occuparsi di quanto si discettava in Consulta è uno solo: la Direzione generale per il Trasporto Stradale e per l’Intermodalità presieduta da Enrico Finocchi. Per rendersene conto è sufficiente andare a spulciare nel sito del ministero, fare la conoscenza della decina di direzioni in cui è articolato e quindi verificare le competenze di quella appena ricordata, tra le quali compare (ma a questo punto compariva) anche il raccordo con la Consulta. Peraltro la struttura di questa Direzione (in base a un decreto ministeriale 29 aprile 2011, n. 167) prevede sei divisioni: intermodalità e interporti; autotrasporto di persone; autotrasporto internazionale di merci; valichi alpini; controllo, statistica e monitoraggio dell’autotrasporto; autotrasporto nazionale di merci.
Fin qui, dunque, tutto bene. E un conforto a questa interpretazione sembra arrivare anche da Conftrasporto, che dal sito dell’associazione, basandosi sulla norma di legge citata, va dritta alla conclusione: “tutto quanto faceva la Consulta, domani lo farà il ministero”. Ma non è tutto perché – e qui arriviamo al secondo tema – Conftrasporto arriva alla stessa conclusione anche rispetto all’Osservatorio: “tutto quanto faceva prima questo organismo, domani lo farà il ministero”.
Ed è vero. Anche se alcuni problemi rimangono sul tappeto.
Il primo: lo spostamento avviene così semplicemente oppure necessita di un atto di investitura precisa, un’ordinanza ministeriale che passi a questo o a quell’ufficio quel preciso onere? Perché se serve un atto sarà bene redarlo quanto prima.
Il secondo: il collegio che si occuperà di definire i costi minimi sarà composto soltanto da figure ministeriali o verrà invece “rinforzato” con iniezioni (o consulenze) esterne? La logica farebbe propendere per la prima soluzione. Sia perché il rinforzo equivarrebbe a un costo aggiuntivo, in contraddizione con la logica che ha ispirato la normativa alla base della faccenda. Sia perché in definitiva anche il TAR del Lazio, che il 5 settembre e poi il 25 ottobre dovrà esprimersi sulla questione, potrebbe gradire meglio una determinazione tutta di matrice pubblica, assolutamente terza cioè rispetto alle parti in causa.
In ogni caso, seppure tutto appare abbastanza chiaro, seppure tutto sembra dover seguire un percorso segnato da normative già esistenti, bisogna fare in fretta: mentre gli interrogativi estivi si sollevavano il calendario scorreva inesorabilmente. Chi lavora lo sa bene, anche perché dopo aver trasportato vorrebbe fatturare, magari facendo riferimento a costi minimi aggiornati. Gli ultimi risalgono a giugno. Non li useremo mica fino a Natale.
I costi minimi dopo la fine di Consulta e Osservatorio
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