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«I conducenti? Un biglietto da visita da far sentire parte dell’azienda»

C’è un passaggio generazionale all’origine di questa storia. Un figlio che eredita dal padre un’azienda (la Tirso spa) e vuol renderla un ambiente positivo, non più improntato al metodo «bastone e carota». Così, chiama Vanessa Dametto per fare in modo che chi lavora possa assecondare la propria natura ed essere appagato. E con ascolto, azioni di welfare e coinvolgimento sta rendendo felici anche i conducenti

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Nell’autotrasporto arriva la felicità. La porta una manager con un obiettivo preciso: trasformare la cultura aziendale da autoritaria a partecipata per far sentire le persone a proprio agio, mettendo un freno alla difficoltà di trovare personale, ma anche con l’auspicio di trattenere gli autisti e farli sentire parte del progetto aziendale. È la soluzione che ha introdotto la Logistica Mediterranea, di cui fa parte la Tirso Spa, che dal 2023 ha assunto Vanessa Dametto, una dei 350 Chief Happiness Officier certificati a livello nazionale, impegnata a rendere human-centric l’azienda attiva in tutta la Sardegna, sul Continente e nei collegamenti con il Marocco con trasporti gommati, intermodali, eccezionali, bisarche e gestione di piattaforme logistiche: più di 500 dipendenti e 1.000 libretti di circolazione. «Ho sentito il bisogno di assumere un direttore della felicità – racconta Nicola Fabbri, amministratore delegato del gruppo – perché sono figlio d’arte: mio padre, che ha fondato la Tirso, era un imprenditore di vecchio stampo che usava il metodo “bastone e carota” con i dipendenti. Quando mi sono conquistato il ricambio generazionale ho capito che trasformare l’azienda in un ambiente positivo ci avrebbe portato al passo con i tempi di oggi, creando molti benefici anche in termini di produttività».

Dott.ssa Dametto, come si diventa Chief Happiness Officier?
Il percorso di certificazione in Chief Happiness Officer è un progetto di 2BHappy – Culture Company, punto di riferimento italiano sulla scienza della felicità e delle organizzazioni positive. La certificazione è stata sviluppata in collaborazione con Innovazione 2020 e lIPO (Italian Institute for positive organizations)

Cosa fa un CHO? Quanti ce ne sono in Italia e in quali tipologia di aziende?
Il CHO ha il compito di guidare la trasformazione culturale dell’azienda, inserendo la felicità intesa come competenza all’interno della strategia aziendale. Ogni comportamento va strategicamente improntato a garantire benessere, sicurezza psicologica, equità salariale e di genere, eticità, coerenza e allineamento al proposito aziendale. In Italia al momento sono presenti 350 CHO, ma l’obiettivo è quello di inserire un CHO in ogni organizzazione. Da quanto ho potuto constatare, i miei colleghi per la maggior parte operano nei servizi.

Lei è una delle primissime CHO a svolgere la propria attività in un’impresa di autotrasporto e logistica. Come è stata accolta?
Probabilmente sono la prima nel trasporto merci; con me c’era una collega che lavora all’ATM di Milano, quindi nel trasporto di persone. Non è stato semplice. È facile cadere nella banalità quando si parla di felicità, in quanto le persone sono abituate a pensare alla felicità come a qualcosa che proviene dall’esterno, troppo spesso legata al denaro. In realtà, è qualcosa di molto meno scontato e si concretizza nella realizzazione della propria vera natura, per esempio, in azienda, nel fare ciò per cui sei veramente portato e che ti realizza. Il nostro obiettivo è mettere le persone al posto giusto affinché siano serene, soddisfatte e appagate.

Che vuol dire passare da una leadership autoritaria a una gestione partecipata? Quali sono le competenze da mettere in campo?
Passare dall’atteggiamento «io ordino tu esegui» con limitata delega e fiducia nel prossimo a uno stile dove il management e il middle management sono guide ed esempi concreti di comportamenti agiti, coerenti e responsabili. Le competenze richieste sono principalmente quelle cosiddette «soft», come la capacità di essere un esempio per il prossimo. Saper delegare, dare fiducia, sapersi conquistare la fiducia del prossimo. La madre di tutto è la coerenza che determina credibilità.

Su quali progetti ha lavorato da quando ha assunto l’incarico?
Una delle prime cose fatte, e che mi sono impegnata a svolgere in prima persona, è prestare attenzione ai dipendenti creando un centro di ascolto. Sembrerà banale, ma vale tantissimo. Il percepito è stato che per la prima volta c’era qualcuno che si interessava a te. Abbiamo attivato alcune politiche di welfare aziendale, polizze infortunio per malattie professionali ed extraprofessionali perché la sicurezza per sé e i propri cari aumenta la felicità. E poi una carta welfare prepagata per l’erogazione dei fringe benefit accettata da tutti gli esercenti, anche in Sardegna, dove è più difficile trovare esercizi convenzionati. Molto pratica e più comoda dei vecchi buoni shopping e carburante, sia in termini di accettazione che di utilizzo. Abbiamo migliorato la work life balance concedendo alle persone che ne fanno richiesta per motivi di necessità familiare di lavorare anche da casa per un terzo del tempo. Abbiamo costituito un comitato giovani che, con occhi diversi, ha aiutato a mettere in evidenza stili arcaici riconducibili al «si è sempre fatto così» per tracciare la strada della trasformazione culturale. Ci stiamo approcciando alla certificazione della parità di genere, non per ottenere un bollino, ma per porci nuovi obiettivi da seguire e perseguire. In quest’ottica tutto diventa un percorso e motivo di crescita e miglioramento.

Che idea si è fatta del settore? Abbiamo rilevato che molti autisti, in particolare tra i 30 e i 50 anni, sono fuggiti dall’autotrasporto, magari andando a lavorare sull’ultimo miglio. Cosa bisogna fare per trattenerli?
Le nuove generazioni non sono più disposte a scambiare tempo per denaro, hanno bisogno di qualcosa di più. Per cultura, il conducente è sempre stata una persona disposta a sacrificare se stesso e la propria famiglia in cambio di denaro. Adesso non più: i conducenti sono persone che hanno bisogno di sentirsi parte di un progetto di valore dove il loro ruolo sia riconosciuto non solo in termini di disponibilità al sacrificio, ma come fondamentale per fidelizzare il cliente. D’altronde è esattamente così: sono il biglietto da visita dell’azienda. Hanno bisogno di stima, gratitudine e coerenza, ma anche di crescita e cambiamento con percorsi di formazione che li portino a occupare posizioni diverse in azienda. Noi abbiamo riscoperto l’esigenza di avere negli uffici traffico ex autisti che abbiano voglia e ambizione di sperimentare nuovi ruoli e mansioni passando dalla guida alla programmazione e pianificazione dei viaggi. Chi meglio di coloro che sono stati sopra a un camion può capire le esigenze dei conducenti? Stesso linguaggio e allineamento esperienziale.

Le donne possono essere una risorsa?
Le donne sono una risorsa, non esistono più i lavori distinti per genere, sempre più le persone non vogliono fare un lavoro, ma vogliono essere il loro lavoro.

Quanto conta la leva economica? E la scolarizzazione?
La leva economica non costituisce il vero vantaggio competitivo per ingaggiare e trattenere le persone, se questa è la domanda. La scolarizzazione invece, come in tutti i settori, oggi più che mai, gioca un ruolo importante nel settore dell’autotrasporto, in quanto è essenziale per garantire sicurezza, efficienza e capacità di adeguarsi alle normative per l’utilizzo dei veicoli e per adottare nuove tecnologie e pratiche che migliorano le prestazioni complessive del settore.

Guardando al futuro, la guida autonoma sarà in grado di fare la felicità dell’autotrasporto?
Sebbene la guida autonoma possa offrire potenziali vantaggi per il settore in termini di efficienza operativa e miglioramento della sicurezza, non credo sarà in grado da sola di fare la felicità delle persone, per le ovvie motivazioni sopra esposte.

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