Quando ventitré anni fa uscì «Razmataz», Paolo Conte spiegava che l’etimologia di questo curioso termine, scelto per una delle sue canzoni più famose, derivava dall’inglese colloquiale e sta a significare «confusione chiassosa e pittoresca». Forse non c’è vocabolo migliore per descrivere il caos su quanto sta succedendo nel dibattito politico sul futuro dei carburanti. Per chi non ha tempo di andarsi a leggere tutte le puntate precedenti, riassumiamo qui in breve il punto della questione.
Al bando i motori termici. Anzi no
Lo scorso 14 febbraio il Parlamento europeo aveva emanato un regolamento con cui fissava lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri nuovi equipaggiati con motori endotermici a partire dal 2035, con l’obiettivo di tagliare per quella data le emissioni di questi veicoli del 100% rispetto al 2021. Sembrava tutto fatto e deciso. Ma il 7 marzo seguente, giorno in cui il Consiglio europeo avrebbe dovuto approvare definitivamente il regolamento, quattro Stati (Italia, Polonia, Germania e Bulgaria) manifestano posizioni contrarie. E a quel punto il Consiglio fa l’unica cosa che può fare in questi casi: mancando l’unanimità, decide di sospendere il giudizio e di rinviare il voto a nuova data da destinarsi.
Nel frattempo, il 13 marzo seguente, si allarga il fronte dei paesi scettici, come ormai vengono definiti quelli che vorrebbero relativizzare un futuro tutto elettrico al 2035, per timore di subire una supremazia tecnologica cinese. Al quartetto iniziale, composto da Italia, Polonia, Germania e Bulgaria, si aggiungono infatti Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. Tutti vogliono, in sostanza, rivedere il regolamento post-2035, chiedendo di affidare la transizione non soltanto a un vettore energetico (il solo elettrico), ma anche ad altre soluzioni sostenibili secondo il principio della «neutralità tecnologica».
La Germania, in particolare, spinge forte sui carburanti sintetici (noti anche come «e-fuel», prodotti a partire da idrogeno e CO2 attraverso una complessa reazione chimica), dal momento che proprio su questa tecnologia vanta un’importante leadership in termini di ricerca e innovazione. L’Italia invece auspica a gran voce l’ammissibilità dei biocarburanti (ovvero carburanti ottenuti da biomasse, cioè da fonti energetiche rinnovabili), anche perché il nostro Paese rappresenta un’eccellenza tecnologica in questo settore. Basti pensare che l’industria italiana è ai primi posti in Europa per capacità produttiva di biodiesel con un valore che si aggira intorno 2.000.000 ton/anno, valore in crescita alla luce dei nuovi investimenti in itinere da parte di aziende nazionali (Eni in primis).
Carburanti sintetici sì, biocarburanti no
Il 25 marzo, quindi, accade un nuovo colpo di scena. Il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, annuncia su Twitter di «aver trovato un accordo con la Germania sull’uso futuro degli e-fuels». In pratica, si permetterà ai veicoli endotermici di poter continuare ad essere venduti anche dopo il 2035 a patto che possano funzionare esclusivamente con questo carburante. Il governo tedesco esulta, ma a rimanere a bocca asciutta è quello italiano, che pur appoggiando la battaglia della Germania sugli e-fuel, aveva spinto anche sui biorcarburanti in virtù del principio, già ribadito, della neutralità tecnologica. Ma dall’Ue arriva una doccia fredda: i biocarburanti sembrano esulare dall’ambito del provvedimento.
E la conferma arriva oggi, 27 marzo, da un alto funzionario Ue nel corso della riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi in Ue di questa mattina, che rispondendo alla domanda se il negoziato sullo stop alle auto a motore termico verrà riaperto per includere i biocarburanti, ha risposto così (la fonte è il Sole 24 Ore): «Il regolamento sulle emissioni CO2 delle auto non sarà riaperto e questa è la base per procedere eventualmente con la decisione di approvarlo».
L’opposizione dell’Italia
A questo punto l’Italia decide di alzare il pressing, difendendo la possibilità di estendere la stessa «deroga» anche ai biocarburanti (di cui, lo ricordiamo, il nostro Paese è un produttore rilevante). Il ministro Matteo Salvini ha scritto in un post su Twitter che «anche grazie al contributo decisivo dell’Italia, la Commissione europea ha rivisto lo stop alle auto benzina e diesel dal 2035. Bruxelles ha annunciato di aprire agli e-fuel: noi pensiamo sia ragionevole includere anche i biocarburanti. Il nostro obiettivo è tutelare l’ambiente e salvare migliaia di posti di lavoro e di aziende, in Italia e in Europa, anziché consegnarci alla Cina. La partita non è finita».
Sulla stessa onda si esprimono anche alcune associazioni italiane dell’automotive. Le prime dichiarazioni a caldo sono quelle di Massimo Artusi, vicepresidente di Federauto con delega ai Trucks&Van, che commenta positivamente l’ok dell’Europa ai carburanti sintetici, ma «il Consiglio UE non può, tuttavia, accantonare i biocarburanti di fonte rinnovabile, i quali, ancor più degli e-fuel, assicurano un’impronta di carbonio completamente neutra». Secondo il giudizio di Artusi, «quella di includere gli e-fuel, ma non i bio-fuel, rappresenterebbe una scelta incomprensibile sul piano tecnico, ambientale e funzionale, considerato che il vero target della regolamentazione europea in materia di transizione energetica è la decarbonizzazione, a prescindere dalla tecnologia utilizzata, oltre ad avere pesanti ricadute sul piano economico e sociale per il nostro Paese».