Frode da capogiro sui carburanti da quasi 100 milioni di euro. La notizia, rimbalzata in queste ore in diversi quotidiani nazionali, sta facendo il giro della rete anche perché raramente si era vista una truffa milionaria di queste proporzioni.
I fatti sono questi. Un’impresa di Parma, avvalendosi di una serie di società cartiere (cioè deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti), era riuscita a praticare prezzi dei prezzi di carburanti (benzina e gasolio) molto bassi alla pompa, anche al di sotto del prezzo di costo, all’interno di sette distributori dislocati a Parma e provincia e in altri dieci nelle province di Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Brescia, Lodi e Verona.
In che modo riusciva a farlo è presto detto. In pratica l’impresa parmigiana sfruttava l’appoggio di un’associazione a delinquere finalizzata ad evadere l’Iva, costituita da tre soggetti italiani operanti uno da Dubai, uno da Miami e il terzo da Napoli. Questa complessa organizzazione criminale acquistava prodotti petroliferi provenienti da raffinerie in Slovenia e Croazia, che sarebbero stati ceduti fittiziamente dapprima a imprese del Regno Unito e della Romania e poi a società cartiere italiane – tutte gestite dai componenti dell’associazione per delinquere – per essere successivamente ceduti al reale destinatario italiano, ossia l’impresa parmigiana. Il carburante quindi arrivava direttamente nel deposito della provincia di Parma, per poi essere venduto nei 17 distributori sequestrati che potevano praticare un prezzo molto più basso rispetto alla concorrenza.
La Finanza avrebbe calcolato un danno all’erario complessivo di oltre 90 milioni. Oltre ai 17 distributori, sono stati sequestrati anche il deposito di Parma, diversi immobili e disponibilità finanziarie per un totale di 149 milioni di euro.