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La strada in salita dei camion elettrici in Europa: i dealer chiedono una transizione tecnologicamente neutra e plurale

L’appello arriva da AECDR, l’associazione che riunisce i concessionari europei che, ospitata da Federauto, ha presentato il Memorandum per le istituzioni europee che usciranno dalle urne. In primis: rivedere il regolamento per le emissioni e concedere condizioni realistiche per auto e mezzi pesanti

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«La transizione green dei veicoli deve essere neutrale e poggiare su una pluralità di possibilità dal punto di vista tecnologico». A ribadirlo sono i concessionari europei riuniti nell’associazione AECDR che oggi a Roma, ospitati da Federauto, hanno presentato un Memorandum di indirizzo in vista delle prossime elezioni europee. E mentre la strada dei camion elettrici è in salita in tutti i Paesi dell’Ue, con poche eccezioni nordiche, i dealers tornano a chiedere in primis la revisione del Regolamento europeo che detta la timeline per le emissioni delle auto e dei veicoli pesanti. «Chiediamo una transizione realistica – ha detto Gerardo Pérez Giménez, presidente dell’Associazione che si è costituita in Europa circa due anni fa e che oggi rappresenta i concessionari presenti tutti gli Stati membri – La pluralità tecnologica nella transizione è l’unico modo, ma anche il migliore per rispondere a un mercato che, pur nella consapevolezza della necessità di risolvere il problema climatico, mostra con chiarezza di gradire una scelta più ampia tra le alimentazioni carbon neutral».

Un fenomeno estremamente evidente rivolgendo lo sguardo ai mezzi pesanti. Infatti, se in Italia il mercato vede la prevalenza quasi assoluta dei motori diesel (come approfondito nel secondo capitolo dell’ultima edizione dei «100 numeri per capire l’autotrasporto. Tutte le spine della sostenibilità», sia nel parco circolante che per le nuove immatricolazioni, lo stesso fenomeno si nota in altri Paesi europei. «La situazione è la stessa in tutta Europa – spiega Massimo Artusi, numero uno di Federauto – I mezzi elettrici stentano ad arrivare sulla strada soprattutto per una questione di costo. La maggior parte dei trasportatori europei guarda alle alternative come il metano e l’Hvo. In particolare, quest’ultimo è compatibile al 100% con i motori diesel tradizionali e non comporta sforzi neanche dal punto di vista infrastrutturale». Il presidente dei concessionari italiani sottolinea che l’unico tassello mancante per l’Hvo «è la certificazione del suo impatto positivo presso le istituzioni europee». Un passaggio che però è già stato avviato e che va incontro alla richiesta di pluralità tecnologia per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni. «Ci auguriamo – ha aggiunto Artusi – che il nuovo Parlamento europeo e tutti gli organismi dell’Unione sappiano raccogliere le indicazioni del nostro Memorandum, puntando sugli obiettivi di decarbonizzazione e di sostenibilità ambientale, economica e sociale, superando le visioni ideologiche basate sulla sola tecnologia elettrica e affiancando ad essa tutte le tecnologie, a partire dai biofuels, che siano in grado di decarbonizzare l’automotive, salvaguardando nel contempo i livelli occupazionali in Europa. Un appello che vede uniti i concessionari, che in Europa sono 57mila, con 2 milioni di addetti diretti a cui si aggiungono 6 milioni di lavoratori nell’indotto, e che stanno investendo in rete e formazione per sostenere i clienti e le imprese nelle scelte in questa transizione che appare molto sfidante con diverse incognite: infatti se in Norvegia il numero di veicoli elettrici è il più alto d’Europa, l’Olanda si ritrova a contrastare una grave crisi legata alla saturazione dell’offerta di energia elettrica, troppa domanda drenata dalla viabilità, rende l’offerta insufficiente per la produzione e il consumo diffuso.

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