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Corte dell’Aja, Shell vince l’appello e non dovrà tagliare il 45% delle emissioni di CO2

Annullato il giudizio di primo grado emanato dopo una causa intentata da sei gruppi ambientalisti olandesi, che imponeva alla multinazionale britannica di ridurre di quasi la metà l'anidride carbonica entro il 2030. Per il tribunale non si può imporre una soglia specifica ad una sola azienda

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Vittoria storica della Shell in un contenzioso climatico. La Corte olandese dell’Aja ha infatti stabilito in appello che la multinazionale britannica non dovrà ridurre le emissioni di anidride carbonica del 45% entro il 2030 (rispetto al 2019), come le era stato intimato di fare da un tribunale dei Paesi Bassi in primo grado. Questo primo giudizio si era concluso con l’ordine del tribunale alla compagnia petrolifera di ridurre tre tipi di emissioni di anidride carbonica: quelle provenienti direttamente dalle sue operazioni; quelle derivanti dall’energia utilizzata e quelle originate dalla catena di fornitura e dai clienti (queste ultime la maggior parte del totale, circa il 90%).

Contro questa sentenza innovativa Shell aveva presentato appello, ma avevano fatto ricorso anche gli ambientalisti che avevano intentato e vinto il giudizio di primo grado. Guidati da Milieudefensie, sezione olandese di Friends of the Earth, le associazioni “green” lamentavano infatti gli scarsi sforzi compiuti dal gigante petrolifero per tagliare le emissioni e accusavano Shell di andare contro l’Accordo di Parigi del 2015 sulla limitazione dell’aumento della temperatura globale.

Ma la Corte d’Appello dell’Aja ha ribaltato e annullato la decisione dei giudici «orange» di primo grado. Una brutta batosta per Friends of the Earth, Greenpeace e oltre 17mila cittadini olandesi che si erano costituiti parte civile e che avevano festeggiato per la  sentenza del 2021. I

Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello

Il giudice Carla Joustra, pur riconoscendo il dovere della multinazionale di limitare la produzione di gas serra, ha dichiarato che la Shell ha già degli obiettivi per le emissioni di carbonio climalteranti che sono in linea con le richieste di Friends of the Earth, sia per quanto riguarda la produzione diretta che per le emissioni indirette prodotte dall’energia che la società acquista da altri. L’azienda dichiara infatti la volontà di raggiungere il net Zero, ovvero nessuna emissione di CO2 entro il 2050, e di «ridurre della metà le emissioni delle nostre attività entro il 2030».

Inoltre – ha sottolineato la giudice – «non c’è attualmente tra i climatologi unanimità sulla percentuale di riduzione delle emissioni che una singola azienda dovrebbe raggiungere» e quindi sta ai legislatori europei e olandesi stabilire quanto sia tenuta a ridurle.

Infine la Corte definisce illegittima l’imposizione ad un’unica azienda di una diminuzione delle emissioni inquinanti dei clienti e delle società che acquistano i suoi prodotti, tanto più che un tale ordine non avrebbe effetto, visto che i prodotti «potrebbero essere venduti da un’altra impresa».

Da qui il giudizio finale della Corte: le richieste di Friends of the Earth non possono essere accolte e la sentenza del tribunale distrettuale va annullata. Ora all’associazione ambientalista non resta che la possibilità di ricorrere alla Corte Suprema dei Paesi Bassi.

Le reazioni

«È un risultato che fa male – ha commentato Donald Pols, direttore di Milieudefensie –  Ma ci sono anche aspetti positivi. I grandi inquinatori non possono fare ciò che vogliono e il dibattito sulla loro responsabilità nella lotta ai cambiamenti climatici pericolosi è tornato alla ribalta. Inoltre è stato ribadito che Shell ha una responsabilità individuale nella riduzione delle emissioni e che la sua politica di esplorazione di nuovi giacimenti di petrolio e gas contrasta con gli Accordi sul clima di Parigi».

Grande soddisfazione invece da parte dell’AD di Shell, Wael Sawan: «Riteniamo giusta la sentenza non solo per noi, ma anche per l’Olanda e per la transizione energetica globale. Anche perché il nostro obiettivo di diventare un’azienda a emissioni nette zero entro il 2050 resta invariato».

Dal 2016 emissioni più basse del 30%

Secondo i dati le emissioni di CO2 della società britannica sono calate nel 2024 del 30% rispetto a otto anni fa. Gli investimenti tra il 2023 e il 2025 in energia a bassa emissione di CO2 dovrebbero raggiungere i10-15 miliardi di dollari.

D’altro canto la Shell ha abbassato nove mesi fa i target di riduzione dei gas serra  immessi nell’ambiente in rapporto all’energia prodotta, portandoli dal 45% entro il 2035 al 15.20% entro il 2030 (nei confronti con il 2016).

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