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È omicidio colposo quello provocato dal conducente che non fissa il carico

Secondo la Cassazione prefigura un vero e proprio omicidio con previsione quello determinato da un autista che, per negligenza, imprudenza e imperizia, non provveda al fissaggio delle merci trasportate, così che queste travolgano un’altra persona, provocandone la morte. «In questo caso – afferma la Corte Suprema – il conducente non è solo responsabile di comportamenti negligenti e anti-doverosi, ma di aver agito con la chiara consapevolezza della possibile perdita del carico»

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Oggi commentiamo una decisione della Cassazione di qualche tempo fa (n. 7898 del 04/03/2022) che però ha stabilito un principio molto importante per le sue conseguenze penali. Si tratta di un caso di mancato fissaggio del carico trasportato. A parere della corte, se il carico, cadendo, provoca la morte di una persona, non si tratta di semplice negligenza o imperizia da parte dell’autotrasportatore, ma comporta l’accusa per omicidio colposo e la relativa condanna. Questa sentenza ha messo la parola fine a un processo durato ben 14 anni, aggravando notevolmente la posizione di tutti quei conducenti ritenuti responsabili di non aver bloccato adeguatamente il carico, provocando così gravi incidenti.

IL FATTO

La vicenda prende il via il 3 luglio 2008 quando il Tribunale di Velletri (Roma) condanna a 4 anni di reclusione un autista di autocarro – nonché socio amministratore di fatto e collaboratore di un’impresa di autotrasporto merci per conto terzi – per il reato di omicidio colposo. In un incidente stradale nei pressi di Nettuno (Roma), il trasportatore, alla guida del suo mezzo, aveva causato la morte di una donna, che proveniva in auto dall’opposta corsia di marcia. Il carico trasportato dal camion era fuoriuscito perché il cassone su cui era stato posizionato era senza sponde e la merce – una forca metallica per il braccio di una gru – era priva di idoneo ancoraggio. La forca era caduta dalla sezione di sinistra del mezzo e aveva travolto l’autovettura, provocando l’immediato decesso della guidatrice.
Il Tribunale non aveva potuto che constatare la colpa dell’autista per negligenza, imprudenza e imperizia e violazione delle norme sulla circolazione stradale, ma aveva anche ravvisato la circostanza aggravante dell’avere agito nonostante l’evento fosse facilmente prevedibile (art 61, comma 3, Codice penale).
L’autotrasportatore non si era comunque arreso e aveva fatto ricorso alla Corte d’appello di Roma, contestando la “colpa con previsione” basata sul mancato ancoraggio del carico, sulla velocità non adeguata e sulle condizioni del mezzo, in quanto privo di parte della sponda laterale, nonché sulle dichiarazioni da lui rese. L’imputato riteneva inoltre che fosse stata omessa la necessaria indagine sulla rappresentazione dell’evento da parte dell’agente e lamentava la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Ma la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado e quindi il camionista si era rivolto alla Cassazione.

LA DECISIONE

Anche la Corte suprema ha deciso però contro l’autista. Secondo la Cassazione, infatti, «la Corte d’appello ha evidenziato la piena consapevolezza da parte del trasportatore della presenza della pala sul mezzo, della parziale assenza della sponda e della necessità di ancoraggio del carico». L’esame della pala meccanica aveva evidenziato come non fosse allacciata alle funi presenti sul pianale del cassone del camion, in cui tra l’altro non erano state rinvenute corde, fasce, lacci o legacci ancorati a parti fisse dell’autocarro, ma solo due corde a fascia. L’imputato quindi era perfettamente conscio delle modalità oggettivamente rischiose del trasporto, considerando anche che nel percorso era presente una curva molto pericolosa che appunto causò la fuoriuscita della pala dal cassone.
In questo senso, continua la Corte, «l’imputato aveva avuto la chiara rappresentazione della violazione della regola cautelare stabilita dall’art. 164 CdS e anche del possibile verificarsi dell’evento, pur confidando nella sua mancata realizzazione». Ricordiamo che l’art. 164 CdS in tema di sicurezza della circolazione prevede l’ancoraggio da eseguire con apposite cinghie che, come abbiamo visto, erano assenti sul mezzo.

LE CONSEGUENZE

Nella sentenza particolarmente dura ha quindi pesato l’entità e la rilevanza delle cautele omesse dal trasportatore. Quando le conseguenze della violazione di specifiche regole di condotte e norme cautelari sono così gravi da provocare il decesso di una persona, si pone certamente in essere un comportamento negligente e anti–doveroso, vista la piena prevedibilità dell’evento che le cautele omesse avrebbero dovuto evitare. Secondo la Corte, in altri termini, rientrano nelle nozioni di comune esperienza e anche in quelle tecniche la possibile perdita di un carico non assicurato da un autocarro privo di una parte della sponda del cassone durante una circolazione caratterizzata da sobbalzi, modifiche di traiettoria, curve, salite o discese. Ma tutto questo non basta a esaurire la gravità del comportamento. Infatti il fatto che l’evento si sarebbe verificato, a giudizio della Cassazione, era stato effettivamente previsto dall’autista, pur nella convinzione che esso non si sarebbe realizzato, proprio perché mancavano tutte le cautele delle modalità del trasporto, delle caratteristiche del mezzo e di quanto trasportato. Per cui il trasportatore era del tutto consapevole della quasi certa perdita del carico, come autista professionista che ben conosce ed è informato delle rigide previsioni nel fissaggio del carico.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha ritenuto non trattarsi di colpa generica, ma di colpa con previsione, con conseguenze penali e senza attenuanti generiche.

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