Eravamo abituati ad associare i migranti ai barconi, perché trasportano migliaia di persone e perché troppo spesso affondano trascinandosi dietro un mare di polemiche. Ma i barconi sono i mezzi di trasporto ufficiali, quelli che servono a viaggiare alla luce del sole. La scorsa settimana, invece, quasi all’improvviso (ma forse neanche tanto) l’Europa ha scoperto che esistono migliaia di camion, che valicano i confini di molti Stati europei celando un carico di disperati. L’Austria è stato l’epicentro, con i ben 71 profughi ritrovati morti (peraltro da diversi giorni) all’interno di una cella frigorifera. Un’autentica strage della quale sono chiamate a rispondere cinque persone attualmente agli arresti – quattro bulgari e un afgano – tutti accusati di «traffico illegale di essere umani».
Poche ore dopo nel Regno Unito la polizia inglese fermava un camion italiano condotto da un autista cinquantenne con 27 migranti stipati nel semirimorchio, ma meno di 24 ore dopo lo liberava perché appurava l’assoluta estraneità dell’uomo con l’accaduto. I profughi infatti hanno dichiarato di essere saliti sul veicolo a Calais di nascosto del conducente.
Trascorre ancora un giorno e sempre in Austria, a Brunau, al confine con la Germania, un altro camion viene fermato con 26 migranti a bordo. Tra loro anche tre bimbi siriani, in stato di disidratazione, trasferiti subito in un ospedale, ma poi spariti nel corso della notte. L’autista del camion, un rumeno di 29 anni, dopo aver tentato la fuga è stato arrestato, ma è chiaro che non è il solo responsabile.
E’ ovvio che il fenomeno migratorio investe l’autotrasporto soltanto in maniera tangente, soltanto perché gli richiede servizi illegali. Ma in ogni caso in tanti di fronte a tutte queste notizie così ravvicinati hanno sentito il bisogno di stabilire una relazione. Per il presidente di Fai-Conftrasporto Paolo Uggè, per esempio, «questa vicenda dimostra che esistono anche preoccupanti buchi e carenze nel sistema di controllo dei trasporti su gomma in Europa» e che pertanto «le forze politiche invece di limitarsi a esprimere il giusto rincrescimento e cordoglio per quanto avvenuto dovrebbero attivarsi per sostenere l’introduzione di un sistema integrato e uniforme di efficaci controlli sul trasporto su gomma in Europa, che possa contribuire a limitare il ripetersi di simili tragedie».
A stretto giro di posta è arrivato anche il giudizio della presidente di CNA/Fita, Cinzia Franchini, che prima, riferita a Uggè, ha commentato che «chi predica, a margine di simili tragedie, maggiori controlli sull’autotrasporto non conosce bene forse la dimensione del flusso merci e persone circolante su gomma nel Vecchio continente». E poi ha proposto «l’uso delle tecnologie più avanzate per consentire controlli non più a campione bensì a tappeto affinchè si possa realmente stanare e duramente reprimere simili traffici. Un esempio potrebbe essere l’installazione di varchi autostradali per camion dove si utilizzano scanner, già in uso presso alcuni porti italiani e in altri paesi».
Un giudizio per così dire riassuntivo dei due precedenti è invece quello dell’ex sottosegretario ai Trasporti nonché attuale responsabile del settore per Forza Italia, Bartolomeo Giachino, il quale ribadisce come «occorra aumentare i controlli su strada che sono un grande disincentivo a modi di guida errati», ma poi aggiunge pure che «occorre aumentare il controllo via telematica attraverso la tracciabilità dei mezzi per consentire una maggiore prevenzione oltre a interventi urgenti di soccorso e il completo controllo dei trasporti e della merce trasportata. Ovviamente il costo della tracciabilità non deve essere scaricato sul singolo autotrasportatore ma deve essere a carico della comunità che ne avrà benefici sia in termini di sicurezza che di efficienza logistica». A questo riguardo Giachino ha anche ricordato la necessit’ di «accelerare al massimo e implementare la piattaforma logistica nazionale di Uirnet del ministero dei Trasporti».
Duro infine il commento del segretario generale di Trasportounito, Maurizio Longo, secondo il quale «l’invasione dal mare è nulla rispetto allo stillicidio di migliaia di immigrati clandestini che utilizzano i Tir come porta di ingresso nell’Unione europea». A favorire questo fenomeno, secondo Longo, sarebbero state «le politiche di liberalizzazione dell’autotrasporto imposte dall’Unione europea» che si sono trasformate «da anni, nella disattenzione e forse nel silenzio interessato di chi su questi fenomeni, a vari livelli (anche istituzionali) lucra», «in uno strumento ottimale per favorire il trasferimento diretto dalle aree del Medio Oriente a quelle dell’Europa centrale e settentrionale, così come verso l’Italia». Un fenomeno corposo, sottostimato e che va avanti da tempo se, come aggiunge Longo «ormai da almeno vent’anni è diventata prassi sui Tir provenienti dall’Est il passaggio delle frontiere con in cabina migranti “mascherati” o da secondo autista o da operaio dell’impresa. Per non parlare infine di quanto accade nei Tir, trasportati nelle stive delle navi traghetto».