È una brutta giornata per l’autotrasporto. Una giornata di esasperazione, purtroppo anche di violenza, sicuramente di presa di distanza dalle rappresentanze ufficiali.
I fatti sono forse noti. Lo scorso 18 gennaio l’esecutivo di Unatras aveva sospeso il fermo dei servizi di autotrasporto in programma per questa settimana, dando sessanta giorni al governo per attuare gli impegni presi nell’incontro dell’11 gennaio con il viceministro Ciaccia e poi ribaditi dallo stesso ministro Passera di fronte al Parlamento.
Ma c’è una sigla, Trasportounito, avvezza al gioco di contropiede, che giudicando insufficienti gli impegni del governo, compresa la trimestralizzazione dei rimborsi approvata con decreto proprio venerdì 20 gennaio, ha confermato il fermo. Cosa chiede di fatto?
Cosa chiede Trasportounito
L’associazione ha diramato 10 punti programmatici. Questo, crudamente e sinteticamente, l’elenco:
– Recupero alla pompa dell’accisa gasolio 2011 e anticipazione sul primo trimestre 2012
– Riscrittura dell’articolo 83 bis sui costi minimi e controlli “automatici” ai committenti per far pagare loro il pagamento della differenza tra tariffa versata e costi minimi;
– Pagamenti obbligatori entro 30 giorni
– Pagamento immediato dei tempi di attesa al carico/scarico
– Maggiori controlli e sanzioni per gli autotrasportatori irregolari
– Divieto di fatturare i servizi di trasporto per le imprese che non possiedono veicoli industriali
– Esenzione dall’obbligo del Sistri per le piccole e medie imprese di autotrasporto che trasportano rifiuti non pericolosi
– Sconto immediato al casello sulle spese autostradali
– Nuove regole sulle assicurazioni RC per i veicoli industriali, col fine di calmierare i premi
– Semplificazione procedure Testo Unico sicurezza del lavoro.
Al fermo hanno risposto in tanti. Da stanotte e ancor più stamattina si registrano diversi presidi in tutto il Paese e una totale mancanza di regia del movimento di protesta. L’aspetto allarmante è che la manifestazione, che si sta estendendo a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale, stia anche trovando il consenso di personaggi senza scrupoli strumentalizzandola.
Le reazioni politiche e sindacali
Unatras, attraverso il presidente Francesco Del Boca ribadisce come «Contrariamente a quanto annunciato da alcune testate giornalistiche, l’Unatras, che rappresenta il 90% delle imprese del settore, non attui alcuno sciopero dell’autotrasporto».
Il presidente di Anita, Eleuterio Arcese, con una lettera inviata al presidente del Consiglio e ministro dell’Economia e Finanze, ai ministri dell’Interno, per lo Sviluppo Economico, Infrastrutture e Trasporti e al viceministro Mario Ciaccia, chiede «un intervento forte e deciso di rimozione dei blocchi e che sia garantita la libertà di circolazione e la possibilità di operare da parte delle imprese di autotrasporto che non partecipano all’azione di fermo – che sono la quasi totalità delle imprese del settore – isolando quei soggetti che nulla hanno a che vedere con la categoria economica che rappresentiamo. In assenza di un forte segnale da parte del Governo e delle forze dell’ordine, il rischio è che il Paese venga bloccato irresponsabilmente, proprio a causa delle azioni intimidatorie che si stanno verificando».
Dello stesso avviso è la deputata pd Silvia Velo, vice presidente della commissione Trasporti che invita il governo a «intervenire al più presto per ripristinare la legalità nelle strade italiane rimuovendo i blocchi che si stanno formando. Comprendiamo l’esasperazione degli autotrasportatori – aggiunge la deputata democratica – che da molto tempo stanno vivendo una situazione insostenibile per le loro imprese, tuttavia nel momento in cui il governo si è attivato con provvedimenti che vanno nella direzione richiesta dalle stesse associazioni di categoria, in particolare approvando la disposizione che prevede il recupero trimestrale delle accise sul carburante e il decreto per l’applicazione delle sanzioni previste nella norma sui costi minimi, auspichiamo che prevalga il senso di responsabilità. Il nostro è, quindi, un appello ai singoli autotrasportatori e a quelle categorie che sostengono il fermo. Al tempo stesso – conclude Silvia Velo – rivolgiamo un appello anche al Governo: il Ministro dell’Interno si attivi per rimuovere i blocchi stradali illegali e garantisca alle imprese il regolare svolgimento della loro attività. Chiediamo, infine, al Viceministro Ciaccia di convocare al più presto le associazioni che lo hanno richiesto, consentendo così alle associazioni più responsabili di poter gestire il rapporto con i loro iscritti».
Perché in tanti si sono «fermati»
Rimane un interrogativo: cosa ha spinto tanti trasportatori a manifestare stamattina la propria protesta? Cosa ha garantito a questo fermo – revocato dalle associazioni che “detengono” il 90% delle imprese di autotrasporto – tanto seguito?
Certo, sicuramente non è il 10% dei camion italiani che in questo momento è fermo sulle strade. Sono molti di più. Segno che alla protesta hanno aderito tanti spontaneamente. E sicuramente si tratta in molti casi di autotrasportatori che non aderiscono a specifiche associazioni, lavoratori per troppo tempo tartassati che, dopo aver visto la protesta siciliana, sono stati animati dal desiderio di dire la loro, di alzare la voce.
In più c’è anche un effetto “confusione”. Il fermo era stato proclamato tanto tempo fa e soltanto giovedì della scorsa settimana è stato ufficialmente revocato, ma gli animi erano già surriscaldati e forse in tanti non erano più disponibili a “raffreddarli”. E tanti magari non sono nemmeno così tanto informati, non sanno che la trimestralizzazione dei rimborsi delle accise è già una realtà, così come le procedure per le sanzioni dell’art. 83 bis. E altre novità interessanti per l’autotrasporto dovrebbero arrivare la settimana prossima, all’interno del decreto sulle semplificazioni.
Poi per carità ci saranno strumentalizzazioni, “infiltrati” e sobillatori, ma c’è anche tanta voglia di dire «siamo giunti al limite», di fare come hanno fatto i Siciliani, di dire «basta!».
La nostra è una riflessione a caldo e di certo superficiale. Dalle associazioni di categoria, però, ci si attende un’analisi più dettagliata. Ne vale la credibilità della rappresentanza.