Nell’ipotesi che i Paesi dell’Ue decidessero di ripristinare i controlli ai confini per contrastare la pressione migratoria dei profughi provenienti dal sudest dell’Europa, per l’economia italiana si potrebbe verificare una ricaduta economica negativa fino a 10,3 miliardi di euro all’anno. È questo l’allarme lanciato dalla dalla Cgia di Mestre, che ha realizzato uno studio tenendo conto anche di due lavori condotti da due centri di ricerca europei (uno francese e l’altro tedesco) e che segue quelli già espressi nei giorni scorsi prima da Anita e poi rispetto al Brennero da Conftrasporto.
A sobbarcarsi la fetta più consistente di quei 10,3 miliardi, secondo la CGIA di Mestre, sarebbe l’autotrasporto. I camion vedrebbero allungarsi notevolmente i tempi di ingresso/uscita alle frontiere, con un conseguente aumento del prezzo delle merci importate/esportate. Secondo uno studio redatto dall’associazione degli autotrasportatori belgi, ogni ora di lavoro costa mediamente 60 euro. Con un ritardo di solo 2 ore è stato stimato un aumento dei noli del 10% che ricadrà, nel medio e lungo periodo, sui costi e quindi sui prezzi dei prodotti e di conseguenza sul consumatore finale.
A corroborare questi dati ci sono le cronache dei mesi scorsi. La riattivazione dei controlli voluta dalla Svezia sul ponte Oresund, quello che collega Copenaghen a Malmo, ha allungato i tempi di percorrenza di quasi un’ora, con un costo per i pendolari di circa 150 mila euro al giorno. Il blocco a singhiozzo attivato in questi ultimi mesi dal Belgio sui confini francesi ha allungato le code di 30 minuti.
Peraltro, in Europa il 75% del commercio intraeuropeo avviene su gomma e, secondo i dati di Alpinfo (anno 2013-ultimi disponibili), sono 89 i milioni di tonnellate di merci che annualmente transitano su camion lungo i principali valichi dell’arco alpino. Nel dettaglio gli importi sono:
Monte Bianco….… 8,3
Gottardo………… 9,3
Frejus…………… 10,0
Tarvisio………… 15,2
Ventimiglia……… 17,3
Brennero…………29,0
Fonte: Alpinfo-Ufficio federale trasporti svizzero
La Cgia sostiene anche che per l’autotrasporto la chiusura di Schengen sarebbe un’ulteriore tegola rispetto a quella che lo ha già colpito con la crisi degli anni passati. Secondo una elaborazione della stessa associazione su dati InfocamereMovimprese, tra il 2009 e il 2015 il numero complessivo delle aziende di questo settore è sceso di oltre 22 mila unità. Al 31 dicembre 2015 erano attive 86.590 imprese.
Le aree territoriali più colpite da questa moria sono state quelle di confine (Friuli Venezia Giulia -27,1%, Piemonte -25,3%, Liguria -24,4%, Lombardia – 23,4%, Trentino A.A. -21,8%, Veneto -19,8%, etc.), dove, tra le altre cose, è maggiore la presenza dei vettori stranieri (provenienti in particolar modo dai paesi dell’Est).
«Con l’eventuale ripristino dei controlli frontalieri – spiegano alla CGIA – molti operatori stranieri dell’autotrasporto potrebbero stabilirsi più a lungo nel nostro territorio, con evidenti ricadute negative per i nostri autotrasportatori».
Per stimare gli effetti economici che potrebbe dar luogo l’eventuale sospensione di Schengen la CGIA di Mestre ha ipotizzato 2 scenari: uno con controlli meno invasivi, l’altro con un’attività della polizia di frontiera più rigorosa che si tradurrebbe in un aumento dei tempi d’attesa per coloro che devono attraversare i confini. Ecco i risultati.
Stima effetti derivanti dalla sospensione di Schengen per l’economia italiana
COSTO ANNUO SCENARIO 1 SCENARIO 2
(mln di €) (controlli meno invasivi) (controlli più stringenti)
Minore spesa dei turisti internazionali (1) 233 465
Costo sostenuto da lavoratori frontalieri (2) 53 105
Aumento dei prezzi delle merci (3) 4.890 9.780
Stima impatto sospensione di Schengen (1)+(2)+(3) 5.175 10.351
Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia, MEF, France Stratégie, Prognos AG
(1) Stima della contrazione della spesa sostenuta dai turisti stranieri residenti nei paesi Schengen che si recano in Italia per un massimo di 3 giorni di pernottamento.
(2) Stima dei maggiori costi in termini di tempo sostenuti dai lavoratori frontalieri italiani in Svizzera.
(3) Stima dell’impatto sul PIL derivante da un incremento dei prezzi all’importazione.