Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n.37/2018avesse giudicato legittima l’azione diretta del vettore nei confronti di tutta la filiera per il recupero dei crediti derivanti dal trasporto, continuano a riproporsi in modo preoccupante le richieste alla Corte di pronunciarsi sull’incostituzionalità dell’art. 7 ter del DL 286/2005. Ultimi casi in ordine di tempo: due ordinanze dell’8 gennaio 2019 da parte del Tribunale di Pesaro e del 5 marzo 2019 del Tribunale di Prato.
La richiesta del Tribunale di Pesaro è stata esaminata dall’avv. Federico Gallo, che ne ha parlato sul sito web della Fiap con una certa preoccupazione. «L’ordinanza è ben argomentata – spiega l’avvocato – Il giudice pesarese afferma che l’art.7 ter è l’unica norma che autorizza l’ingiungente a rivolgersi alla debitrice». Tale norma è stata inserita con la legge n.127/2005 di conversione del DL. 103/2010 – Disposizioni urgenti per assicurare la regolarità̀ del servizio pubblico di trasporto marittimo, aggiungendo le parole «…e il sostegno della produttività̀ nel settore dei trasporti». Ma la Costituzione – secondo il Tribunale – non permette alla legge di conversione di modificare significativamente il DL originale con «emendamenti non attinenti alla materia oggetto del decreto legge o alle finalità̀ di quest’ultimo». In altri termini, gli emendamenti devono essere «coerenti rispetto ad almeno uno dei contenuti già̀ disciplinati dal decreto legge ovvero alla ratio dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso».
«Questo significa – continua Gallo – che, secondo il giudice pesarese, l’inserzione in sede di conversione della norma di cui all’art. 7 ter, che prevede appunto la facoltà̀ per il vettore stradale che abbia ricevuto incarico da altro vettore di agire direttamente nei confronti di tutti coloro avessero ordinato il trasporto, appare completamente distonico (cioè non in sintonia – ndr)rispetto tanto all’oggetto originario(l’emendamento riguarda l’autotrasporto su strada di merci per conto terzi e non pubblici servizi di trasporto marittimo), quanto alla finalità̀ del decreto(rivolto ad assicurare – durante le fasi di dismissione della società̀ Tirrenia – l’esatto adempimento delle obbligazioni derivanti dalle convenzioni di pubblico servizio di trasporto marittimo e con esso la continuità̀ del servizio pubblico di cabotaggio marittimo)». Da tutto ciò̀ ne deriverebbe l’incostituzionalità̀ dell’art. 7 ter del D.lgs. 286/2005 per la violazione dei limiti imposti dall’art. 77 della Costituzione in sede di conversione del decreto legge.
La richiesta del Tribunale di Pratoriguarda invece una controversia tra una multinazionale committente e un subvettore che agisce in forza dell’azione diretta di cui è stata eccepita l’incostituzionalità. Il Tribunale ha accolto l’eccezione per violazione del principio di omogeneitàtra l’oggetto del decreto legge e la legge di conversione. Più o meno lo stesso motivo.
Vale ricordare brevemente anche le motivazioni per cui la Corte Costituzionale aveva dichiarato con sentenza 37/2018 la manifesta infondatezza della questione di legittimitàsollevata allora dal Tribunale di Grosseto, con motivazioni peraltro molto simili a quelle indicate adesso dai due giudici. Si tratta in realtà di rilievi tecniciche non possono rassicurare troppo su un’altra sentenza favorevole ai trasportatori. Le fattispecie del giudizio, secondo la sentenza, non erano state infatti sufficientemente descritteper permettere il controllo in termini di rilevanza e non era stato spiegato perché l’incostituzionalità della norma censurata dovesse risultare «pregiudizialeai fini della definizione dei processi principali».
L’esito delle nuove decisioni della Corte Costituzionale resta così incerto. Ma quali sarebbero le conseguenze?Ci aiuta ancora l’avv. Gallo. “Qualora la Corte si pronunciasse per la costituzionalità̀ dell’art. 7 ter – afferma l’esperto – nulla cambierebbe: i vettori potrebbero continuare ad esercitare l’azione diretta nei confronti della filiera del trasporto, anche se ci sono dubbi giurisprudenziali che la norma sia applicabile o meno in caso di fallimento di uno dei soggetti della filierao in caso di concordato preventivo”.
“Se invece la Corte decidesse per l’incostituzionalità – aggiunge Gallo – le conseguenzepotrebbero essere devastanti. In base all’art.136 Costituzione (“…la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”) … tutti i processi in corsoe tutte le sentenze di condanna al pagamentoin favore dei vettori non ancora passate in giudicatodovrebbero essere decise come se la norma non esistesse nel nostro ordinamento. Quindi i vettori si vedrebbero respinte tutte le domande di pagamentobasate unicamente sul 7 ter, non avendo più̀ un fondamento normativo che sostenga le loro ragioni.” Si salverebbero solo i casi in cui le sentenze di condanna al pagamento fossero passate in giudicatoo fosse prescritto il diritto ad ottenere la restituzionedi quanto già̀ pagato, ai sensi dell’art. 2033 c.c. E anche nel caso che, preso atto della declaratoria di incostituzionalità̀, il legislatore decidesse di reinserire la norma, magari con legge ordinaria, “ciò̀ non potrebbe avere efficacia retroattivae sarebbe applicabile solo ai rapporti sorti dopo l’entrata in vigore della nuova legge”.
Insomma c’è da rimanere veramente con il fiato sospeso in attesa della decisione della Corte Costituzionale per tutti coloro che hanno ancora giudizi in sospeso basati sull’azione diretta o che hanno fatto domanda avvalendosi della norma “incriminata”.