L’autotrasporto tutto – vale a dire tutte le associazioni di categoria in modo congiunto – esprime soddisfazione per il successo dell’operazione Petrol-Mafie Spa, un’inchiesta condotta dalle Direzioni distrettuali Antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro, con il coordinamento della Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che ha fatto emergere una gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose e ha portato a smascherare una delle più grandi frodi fiscali nel contrabbando di carburanti per autotrazione. Un mercato illegale e parallelo, stimato dal 10 al 20% del prodotto movimentato in Italia (3 miliardi di litri), sottraendo all’erario qualcosa come sei miliardi di euro. Una fetta di introiti che aveva indotto evidentemente le mafie siciliana, calabrese e campana a una collaborazione proficua, gestita con le tradizionali tecniche della malavita, vale a dire con minacce dirette a operatori onesti per arrivare a controllare l’intera filiera, dal deposito alla stazione di servizio.
Più precisamente l’inchiesta ha fatto emergere un’importazione illegale di gasolio proveniente dall’estero, fatto entrare in Italia con una falsa documentazione che serviva a qualificarlo come oli minerali – in modo da evitare il versamento delle accise – depositato poi in impianti illegali tra Calabria e Sicilia e alla fine essere rivenduto al dettaglio attraverso i normali canali di vendita del gasolio.
Una truffa ai danni dell’Erario che non si ferma qui, perché gli inquirenti ne hanno individuato anche un’altra, organizzata da imprenditori calabresi, romani e campani – tutti affiliati alla malavita – che acquistavano carburante agricolo per rivenderlo come carburante per autotrazione, intascando in questo modo le differenze del rimborso delle accise.
I numeri
Per avere un’idea di quale giro d’affari creava il traffico illegale del carburante bisogna considerare che, soltanto tra il 2018 e il 2019, aveva condotto alla vendita di circa sei milioni di litri di prodotto, con un’evasione dell’accisa per 1.862.669,29 euro e un’evasione di Iva per 618.589,68 euro per omessa dichiarazione, oltre alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per 249.826,97 euro.
Tutto questo «ai danni di quelle imprese di autotrasporto di carburanti e combustibili – scrivono Anita, Assotir, Confartigianato Trasporti, FAI-Conftrasporto,
Fedit, Fiap, Fita-CNA, SNA-Casa Artigiani, Unitai – che da sempre hanno operato nel pieno della legalità e che si sono visti sottrarre, a causa di questa frode, ingenti volumi di carburante da trasportare, oltre ad aver subito una concorrenza sleale da parte di vettori totalmente disinteressati ai costi di esercizio e alle più elementari norme di legalità e sicurezza».
Le associazioni di categoria rinnovano poi la loro collaborazione a tutti gli attori della filiera affinché tale operazione costituisca «il nuovo punto di partenza per bonificare definitivamente tale mercato e ripristinare quelle garanzie che la collettività si attende da un trasporto di qualità e in sicurezza». A tale scopo, reputano sia necessario «un rinnovato sforzo e un impegno responsabile, se non si vuole correre il rischio di spingere definitivamente fuori dal mercato proprio le imprese che lavorano in
sicurezza e nella legalità giocando a favore di quelle indifferenti a tali valori».