C’è chi dice che «piccolo è bello», rimanendo ancorati a uno schema imprenditoriale artigiano che tanta fortuna ha avuto nei decenni successivi al dopoguerra. C’è chi pensa, al contrario, che le dimensioni contino, perché generano economie di scala e accrescono la capacità di competere. Nel mezzo di questi approcci c’è Cacif, cooperativa di Follonica (Grosseto) che nel dicembre 2023 compie 50 anni, trascorsi rimanendo tendenzialmente uguale, trasportando sempre prodotti chimici in cisterna: i camion della flotta aziendale sono da tempo una cinquantina, mentre il fatturato viaggia pressoché costante sugli 8 milioni di euro di noli e sui 10 complessivi. E anche i soci, attualmente 17, sono pochi di più rispetto ai 13 della nascita. Ma niente è un caso. Michele Demi, divenuto presidente qualche mese fa, ma presente in cooperativa dal 2002, lo spiega a chiare lettere, precisando che la crescita dimensionale dell’azienda va dosata un po’ come il sale negli alimenti: «Quanto basta». La ragione è presto detta: «Nella nostra visione – argomenta – se si è troppo piccoli, tanto da non riuscire a soddisfare le esigenze di tutti i soci, si finisce per andare incontro a sacrifici. Ma se si è troppo grandi e si acquisisce lavoro per delegarlo all’esterno, diventa impegnativo gestire i terzi». Quindi, tanto vale lavorare per conservare un equilibrio tra tutte le leve aziendali, perché da questa condizione possono derivare tanti benefici.
La specializzazione protettiva
Prima di passarli in rassegna chiariamo un concetto: una fetta preponderante del fatturato del Cacif proviene dal trasporto di due prodotti: acido solforico e oleum. Oggi come al momento della nascita, quando insediò la prima sede nell’area del Casone di Scarlino, in una palazzina dietro alla Montedison, oggi confluita, dopo diverse evoluzioni societarie, nella Nuova Solmine. Di fatto, quindi, la cooperativa era «casa e bottega», dirimpettaia del suo principale committente, a cui i soci fornivano singolarmente servizi di trasporto già prima del dicembre 1973, ma da questa data decisero di operare insieme, assecondando anche le pressioni della domanda.Quindi, se da 50 anni Cacif trasporta due specifici prodotti è evidente che ha acquisito tutte le competenze per poterlo fare al meglio. «L’oleum – spiega Demi in modo esemplificativo – è un materiale fumante, tossico, che reagisce violentemente con l’acqua, fortemente corrosivo, inquinante per l’ambiente. Insomma, richiede elevate professionalità ed è giusto che lo trasporti chi lo sa fare». Detto altrimenti, funziona di per sé come una barriera di ingresso per potenziali neofiti. E proprio tale consapevolezza ha in qualche modo frenato il Cacif dal diversificare l’attività. «Ci abbiamo provato a fare altro – chiarisce Demi – e nel nostro fatturato esiste un 10% generato dal trasporto di rifiuti di categoria 4 e 5. Ma è complicato, perché se entri in un settore in cui è richiesta specializzazione, è normale che chi già vi opera e gestisce da tempo quel lavoro, riesca a conservarlo. E anche far leva sul prezzo, proponendo tariffe al ribasso, non porta risultati perché, a maggior ragione in nicchie complesse di mercato, il fattore premiante è sempre di più la qualità».
Poca intermediazione e tanta sicurezza
Ma torniamo ai benefici generati dalla «giusta» dimensione. Il primo, conseguenza di quanto fin qui descritto, è la quasi totale rimozione dell’intermediazione. «I trasporti che affidiamo all’esterno – quantifica Demi – sono meno dell’1% di quelli che acquisiamo. È un lavoro che sappiamo fare e ce lo siamo sempre tenuto stretto».
Un secondo beneficio deriva dall’esperienza reiterata, nel senso che è evidente che se un lavoro lo fai per tanto tempo e impari a gestirlo nel migliore dei modi, la possibilità di sbagliare tende a ridursi. Prova ne sia che la frequenza dei sinistri stradali del Cacif è molto contenuta (con vantaggi tangibili sui premi assicurativi), mentre il numero di incidenti nelle fasi di carico e scarico tende in pratica allo zero.
Una flotta interna di supporto agli associati
Un terzo beneficio lo si tocca con mano nell’organizzazione con cui si tiene in equilibrio la dimensione, che non è fatta soltanto dai soci, ma puntellata alla bisogna dai supporti della stessa cooperativa, proprietaria di una ventina di semirimorchi e di due trattori, messi a disposizione degli associati in caso di necessità o per assecondare una domanda improvvisa di mercato. «Durante la pandemia – ricorda Demi – quando l’ipoclorito di sodio, sostanza altamente disinfettante, richiedeva viaggi continui, siamo riusciti a far lavorare tutti, proprio perché disponevamo di cisterne adeguate per questo trasporto».
Ma se è tangibile il vantaggio di disporre di questa flotta, sono ugualmente significative le modalità con cui viene costituita, perché esprimono ulteriori benefici. «Negli ultimi anni – constata Demi – con i tempi di consegna dei veicoli allungati, abbiamo verificato cosa voglia dire acquisire un lavoro senza disporre dei mezzi necessari. Tale criticità nel mondo delle cisterne è elevata al quadrato, perché quelle rivestite in ebanite, per esempio, richiedono lavorazioni molti lunghe. Ed ecco perché quando un socio ha intenzione di venderne una, magari perché è arrivato a fine carriera, la cooperativa propone di acquisirla, perché sa che potrà essere molto utile».
Come ti gestisco il passaggio generazionale
Non è tutto. Perché è evidente che, così facendo, il Cacif fa fronte a un’altra criticità in grado di minare la conservazione della sua dimensione. Perché il socio che va in pensione senza disporre di un passaggio generazionale rappresenta una potenziale contrazione del parco e del fatturato. Per evitarlo a Follonica hanno deciso di acquisire dai soci in uscita veicolo e autista, prospettando a quest’ultimo l’opportunità di diventare padroncino e di associarsi alla cooperativa. Un meccanismo che funziona perché consente all’autista interessato di fare il salto verso l’imprenditorialità, senza dover affrontare investimenti importanti. Roberto Nocciolini, presidente del Cacif per diversi anni e figlio Angiolino, uno dei fondatori superstiti, ha seguito esattamente questo percorso quando si è messo a riposo, lasciando due veicoli ad altrettanti autisti poi trasformatisi in soci.
Un clima di famiglia che lega gli autisti
Ma forse il beneficio su cui Demi mostra maggiore entusiasmo è quello che riguarda i rapporti interni al gruppo, che funzionano in maniera analoga a quelli di una grande famiglia. E un tale clima aiuta. «Nell’attuale contingenza – riprende il presidente – in cui gli autisti sono sempre meno, una relazione che trova nell’umanità il proprio valore aggiunto, aiuta di certo a fidelizzare. Faccio un esempio: se un autista chiede di tornare a casa perché il figlio festeggia il compleanno, lo si accontenta. Perché così il lavoro diventa meno duro e l’autista non si sente un numero, ma una persona con specifiche esigenze, riconosciute e soddisfatte dalla società. Con la stessa giustificazione facciamo in modo che il fine settimana non si rimanga fuori e se la domenica mattina capita di dover rifornire le navi da crociera, ci si organizza in modo da consentire all’autista di essere a pranzo a casa». E forse anche per questo tanti autisti che hanno iniziato in Cacif la carriera ce l’hanno pure conclusa. «Perché – sottolinea il presidente – quando tieni il gruppo compatto è difficile che qualcuno vada via».
L’ampio ombrello dell’aggregazione
Infine, sotto il capitolo «benefici» bisogna includere il fatto che spesso fare i conti con una dimensione precisa, aiuta a calibrare quell’ombrello assistenziale che ogni cooperativa costruisce a uso dei soci. Sotto a quello del Cacif si trovano coperture assicurative, controllo satellitare, gestione organizzativa dei pedaggi e di tante pratiche amministrative, l’acquisto del gasolio agevolato reso disponibile in due dei tre piazzali di cui dispone l’azienda (a Follonica, a Scarlino località Casone e a Rosignano Solvay, in cui sorgeranno anche un magazzino, uffici e servizi per gli autisti), la certificazione di qualità e, tramite la partecipazione a Federtrasporti, al cui interno Demi ricopre la carica di responsabile dei trasporti cisternati, diventa possibile – sono sue parole – «prendere parte all’esecuzione di contratti siglati con multinazionali che rappresentano per noi il 50% del lavoro».
La dimensione e la transizione
Resta da chiarire un aspetto: lavorare per 50 anni in uno specifico settore di trasporto, conservando sempre analogo assetto, non equivale a restare ancorati alla propria identità. Per la semplice ragione che nel tempo il mercato intorno è cambiato e il Cacif ha dovuto saperne seguire gli sviluppi. Anzi, il mondo della chimica nel corso degli anni è stato sottoposto a un’autentica rivoluzione. «Qualche decennio fa – ricorda Demi – si caricava esclusivamente a Scarlino e si scaricava in tutta Italia. Oggi si carica dappertutto e le destinazioni possono essere le più varie, per ogni contesto geografico, nel 5% dei casi anche oltre frontiera. Ma soprattutto prima si partiva da qui per andare a Milano con due autisti e tornare a vuoto, mentre adesso ci siamo dovuti organizzare per trovare sempre il carico per il ritorno, perché l’ottimizzazione del trasporto con la riduzione sistematica dei chilometri a vuoto è fondamentale per alzare la redditività».
Ma soprattutto – precisa Demi – «la principale spinta all’evoluzione di questo settore proviene dalla sicurezza. E qui la compattezza del gruppo aiuta a essere reattivi nei tempi dettati dalle contingenze». Il presidente fa riferimento a quando, qualche mese fa, su richiesta di un committente, sui veicoli della cooperativa è stato automatizzato lo scarico delle valvole che evita all’autista di salire sulla cisterna e rimuove i rischi connessi. «Il problema – riprende Demi – è che ci è stato chiesto di realizzare in un mese tale innovazione». Demi lo dice in modo netto: «Per altre realtà, più ingessate, sarebbe stato impossibile. Noi alla fine ce l’abbiamo fatta».
E proprio tale precisazione aiuta a comprendere il perché disporre di una «dimensione quanto basta» non serve soltanto a preservare una propria condizione, ma fornisce uno strumento decisivo per affrontare le transizioni esterne. Per fare in modo, cioè, che mentre il mondo cambia, si possa comunque rimanere uguali a sé stessi