AdBlue, questo (non più) sconosciuto. Dell’additivo utilizzato per «pulire» i moderni motori diesel Euro 5 ed Euro 6 non se ne è mai parlato probabilmente così tanto prima d’ora. Analizzando i dati di Google Trends, la parola chiave «adblue» ha avuto infatti negli ultimi 60 giorni una vera e propria impennata di popolarità sui motori di ricerca.
Tutti a cercare notizie sull’AdBlue
Premessa: i dati non dicono quante persone siano andate a caccia di informazioni online, ma forniscono un quadro delle tendenze (in proporzione). Se Google indica il momento di maggiore interesse con 100 (il 25 ottobre), il minimo era stato 10 (ai primi di settembre). Tradotto: le ricerche online sull’AdBlue si sono decuplicate nell’ultimo bimestre. Dove c’è stata l’impennata più ripida? Sempre secondo i dati di Google, in Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Marche, Basilicata e Molise.
Ma cosa ha fatto sì che la caccia alle informazioni verso questa soluzione si intensificasse così tanto? Google questo non lo racconta, ma è ormai noto ai più come la risposta vada ricercata in un agente scatenante ben preciso: l’aumento generalizzato dei prezzi delle materie prime e dell’energia, in particolare del metano. Il gas, infatti, è l’elemento principale da cui si parte per la produzione dell’ammoniaca, che a sua volta è il componente principale dell’AdBlue. Di conseguenza – è facile intuirlo – l’aumento dei costi del metano non può che aver portato anche a un aumento del costo dell’AdBlue, destando così un campanello d’allarme tra gli utilizzatori dell’additivo (che viene aggiunto – lo ricordiamo – nei carburanti dei camion Euro 5 ed Euro 6, ma anche nelle autovetture diesel di ultima generazione. Non solo: i composti a base di ammoniaca vengono utilizzati anche nelle centrali elettriche, nei termovalorizzatori e negli impianti di produzione di cemento).
Lo stop alla produzione e le conseguenze
Ma l’aumento del prezzo non è l’unica criticità. Qualche giorno fa vi abbiamo riportato come la scarsità di materie prime stia causando una carenza di prodotto alla pompa. Al punto che Yara, che è il principale produttore di AdBlue in Italia, ha deciso di interrompere temporaneamente la produzione. Anche in Europa gli altri produttori hanno rallentato oppure fermato del tutto la fabbricazione. È chiaro che a questo punto il problema è ben più serio: perché un conto è pagare l’AdBlue ad un prezzo triplicato rispetto a pochi mesi fa, un altro è non riuscire proprio a trovarlo perché il gas con cui questo si produce costa troppo.
Tutto ciò rappresenta un problema ai limiti del drammatico per l’autotrasporto, che potrebbe risentire della carenza di forniture di AdBlue. Ricordiamo infatti che i sistemi di alimentazione dei moderni mezzi leggeri e pesanti a gasolio non possono funzionare correttamente senza questo importante additivo. Se l’AdBlue si esaurisce, infatti, il motore non può avviarsi. A meno che non si utilizzano degli «emulatori» che illudono la centralina sul livello di additivo, ma si tratta di sistemi che rendono i veicoli fuori legge.
Paradosso e controparadosso
Trasportounito ha sottolineato come questa situazione stia spingendo l’autotrasporto verso un «fermo tecnico globale, lasciando liberi di circolare solo i camion più vecchi e più inquinanti», creando un pericoloso e paradossale effetto boomerang: essendo l’AdBlue utilizzato nei veicoli più moderni, questi saranno costretti a fermarsi mentre i più vecchi e inquinanti potranno continuare a circolare.
Detto in altre parole: chi non ha cambiato i camion e si è tenuto in flotta i vecchissimi (e inquinanti) euro 0-1-2-3-4, si ritroverebbe a breve a godere di una posizione di vantaggio competitivo. Mentre chi ha investito su mezzi a metano si trova con un costo di oltre 2 euro/litro senza la possibilità di recuperare una parte delle accise.
Tuttavia, è da sottolineare anche un altro aspetto paradossale di questa vicenda e che, a ben guardare, si pone a monte del problema: non rappresenta infatti un po’ una contraddizione il fatto che l’ammoniaca, cioè la «materia prima» che serve per produrre l’AdBlue, è tra i prodotti industriali che assorbe più energia per la produzione ed emette quindi, anche se indirettamente, molta anidride carbonica? Non è paradossale che per ridurre gli ossidi d’azoto, in definitiva, si emetta CO2?
Certo, la soluzione a questo problema – in teoria – esiste già ed ha un nome: idrogeno verde, da impiegare in alternativa al metano. Ma – nella pratica – quando e in che misura viene utilizzato? Poco, se si considera che l’idrogeno verde in Italia stenta a decollare e inoltre manca una strategia precisa. Questo soprattutto perché non si dispone di sufficiente energia rinnovabile per produrlo e perché il costo, allo stato attuale, non si apre a logiche di mercato sostenibili.
In arrivo uno speciale di K44
L’argomento insomma, oltre che di attualità, è molto complesso e richiede una disamina approfondita di tutte le «coppie motrici» che stanno intorno all’universo AdBlue: industria e carburanti, fonti fossili ed energie rinnovabili, chimica e automotive, autotrasporto e logistica. Per questo motivo abbiamo deciso di realizzare una puntata speciale del nostro Podcast K44 – La voce del trasporto interamente dedicata al tema.
La puntata sarà online giovedì 4 novembre e sarà trasmessa, come di consueto, su tutti i nostri canali (youtube, spreaker, sito web). Ospite con noi sarà Claudio Mascialino, Amministratore Delegato di Resnova.
Parafrasando il titolo di un noto film di Woody Allen, cercheremo di raccontarvi «tutto quello che avreste voluto sapere sull’AdBlue». Solo che, in questo caso, ci sarà poco da scherzare…
E dunque, non resta che dirvi: sintonizzatevi!