L’evoluzione tecnologica applicata ai veicoli batte un ritmo vertiginosamente accelerato. La pubblica amministrazione, dal canto suo, soffre una lentezza determinata dalle procedure burocratiche con cui deve confrontarsi per acquisire la disponibilità di ogni cosa. Eppure, avrebbe tutto l’interesse – a maggior ragione quando le missioni dei suoi mezzi hanno per palcoscenico l’ambito urbano – di adeguare i propri strumenti operativi alle esigenze ambientali e di sicurezza. Ma allora come se esce? La soluzione si chiama project financing o – se rigettate gli inglesismi – «finanza di progetto». Si tratta di una sorta di lampada magica, sfregata ogni qualvolta un ente pubblico ha necessità di realizzare un’opera ma, non disponendo delle risorse sufficienti (eventualità, peraltro, sempre più frequente), è costretta a reperire investimenti privati, solleticandoli tramite futuri flussi di cassa generati dalla gestione o dall’esercizio della stessa opera.
Una storia chiamata «progetto»
Chi legge a questo punto si chiederà: ma cosa c’entra questa tecnica finanziaria con l’universo dei veicoli? La risposta è andata in scena a Rimini, dal 7 al 10 novembre, all’interno di quel grande intrattenitore a sfondo verde che si chiama «Ecomondo». La trama della vicenda è quella tradizionale, ma i motivi di interesse e di originalità del progetto derivano proprio dal contesto in cui si svolge l’azione e dal ruolo ricoperto dai protagonisti. Scopriamo, allora, l’una e gli altri.
Antefatto: le difficoltà di Geofor a tenere il ritmo dei tempi
L’azione si svolge in città o, meglio, all’interno di 13 Comuni della provincia di Pisa. Perché è qui che uno dei protagonisti, Geofor, entità interamente controllata da RetiAmbienti, società pubblica partecipata da 100 Comuni di quattro Province toscane (Livorno, Pisa, Lucca e Massa-Carrara), è impegnata nella raccolta dei rifiuti urbani. In coincidenza con la pandemia, però, qualcosa cambia. Geofor vive una crescita dimensionale improvvisa e si trova a svolgere la sua missione con una importante flotta di 198 mezzi di proprietà, ma per oltre un terzo portano sulle spalle più di sei primavere. In più, proprio per assecondare l’incremento dei servizi, prende a noleggio altri 162 veicoli, tramite ben 14 diverse tipologie contrattuali. Insomma, una «flotta arlecchino» – come l’ha definita l’amministratore delegato Paolo Vannozzi – composta cioè di mezzi diversi e a volte anche scarsamente produttivi, perché magari acquisiti sulla base di esigenze momentanee poi tramontate. Come se non bastasse la gara indetta per affidare all’esterno la manutenzione del parco va deserta, perché le realtà territoriali sono troppo piccole per gestire un gravame di questo tipo. E senza una manutenzione adeguata – si sa – i veicoli sono più esposti a rotture, quindi a fermi macchina e, di conseguenza, a potenziali lacune nel servizio. Situazione aggravata, se possibile, dalle condizioni del magazzino ricambi, divenuto nel corso degli anni – sono sempre parole di Vannozzi – una sorta di «cimitero degli elefanti» stipato di ferri vecchi.
Di fronte a questo scenario qualcuno ipotizza l’opportunità di investire in un’infrastruttura nuova, che contempli anche officine e lavaggi. Ma tutto rimane sulla carta, un po’ perché le casse sociali non lo consentono, a meno di non voler impattare sulle tasche dell’utenza, un po’ perché – ammette l’amministratore – a volte «i soci della nostra realtà sono così concentrati sul quotidiano al punto da focalizzarsi più sul pacchetto di sigarette a terra, che sulle prospettive future».
Vrent: come accantonare il noleggio per guardare avanti
Poi, un giorno la vicenda vive una svolta drastica con l’ingresso nella storia di una sorta di «uomo della provvidenza». O, più modestamente, di un partner con cui mettersi a tavolino e con cui elaborare un progetto di lungo termine. Questo nuovo personaggio si chiama Vrent e da esattamente quindici anni interpreta in modo impeccabile la parte del noleggiatore. Qui, però, il personaggio che porta in scena presenta un’introspezione psicologica più complessa, perché per entrare nella vicenda è costretto a svestire i panni tradizionali per misurarsi con qualcosa di diverso e in parte di inedito. Anzi, è proprio rispetto a questa capacità di rimettersi in gioco e – come ha riconosciuto anche Daniele Fortini, presidente di RetiAmbiente – «di scommettere con coraggio su qualcosa di nuovo», che Geofor e Vrent trovano un linguaggio comune. Prova ne sia che, tempo qualche mese, raggiungono un’intesa e danno vita, insieme a Euro Servizi ed Ecofficine, le due realtà assistenziali della famiglia Ubaldi, un consorzio – ValoRent – concepito per portare avanti un progetto da far durare 12 anni e finanziato con 122,5 milioni di euro di investimenti.
I vantaggi del nuovo corso
All’inizio del 2022 si entra effettivamente nel vivo e oggi, a distanza di poco meno di due anni, si possono tirare le prime somme. E i numeri appaiono estremamente confortanti: il parco veicolare attuale, composto da 254 mezzi fino al 2025 (quelli già di proprietà di Geofor con 57 di nuova immissione) e destinato a diventare di 310 dal 2026 al 2032, è stato estremamente semplificato, anche dal punto di vista delle attrezzature di base, essendo state individuate due tipologie che facilitano la familiarizzazione del personale con gli strumenti di lavoro e di conseguenza i relativi piani formativi. È interessante però che all’interno di questa standardizzazione è stato comunque lasciato spazio alla possibilità di customizzare il veicolo in base a eventuali esigenze di servizio, espressi da chi è in prima linea. «Con i contributi e i suggerimenti di chi utilizza i veicoli – chiarisce Vannozzi – abbiamo fatto personalizzare i mezzi in modo innovativo, finora non presente sul mercato, in modo tale da consentire un più agevole svolgimento del proprio lavoro». Dettaglio fondamentale non soltanto in termini funzionali, ma anche ai fini della sicurezza.
In più è stato realizzato il primo lavaggio e a gennaio partiranno gli investimenti per la costruzione della nuova officina di Pisa. Ma soprattutto il progetto ha fatto toccare con mano una flessibilità sconosciuta alle dinamiche pubbliche. Nel corso dei due anni, per esempio, è stato necessario passare o integrare il servizio di raccolta stradale con il porta a porta o viceversa ampliare la raccolta spinta a livello domiciliare con quella a cassonetto. Ma per modificare questa operatività non è servito bandire delle gare, ma è bastato stabilire un contatto tra i due partner affinché Vrent mettesse a disposizione di Geofor i mezzi necessari.
Con la stessa logica, per evitare di investire in veicoli esposti a obsolescenza precoce, è stato stilato un piano di rinnovo progressivo e automatico del parco e ogni volta l’inserimento di nuove unità avviene senza dover passare attraverso le lungaggini di una procedura di gara, ma avendo già previsto nuovi canoni.
In questo modo non soltanto si fornisce una garanzia di continuità al servizio, ma si risparmia tutto il tempo che si sarebbe altrimenti speso per rincorrere la burocrazia e lo si utilizza in attività più produttive.
Prova ne sia che anche l’efficacia del servizio risulta in poco tempo migliorata. I servizi non svolti per indisponibilità dei mezzi, per esempio, erano stati 172 nell’intero 2021, vale a dire lo 0,18%. Nei primi sette mesi del 2023 sono diventati 92 e sono scesi percentualmente allo 0,12%.
Infine, come prova del nove, c’è anche da valutare il giudizio espresso dagli spettatori – pardòn, dai cittadini – di questa storia chiamata «progetto». Non esistono puntuali statistiche, ma Vannozzi cita esempi concreti che rendono l’idea di come il servizio per chi ne beneficia funzioni come una goccia d’acqua che cade nello stagno: crea cerchi concentrici. Esemplare in tal senso quanto avvenuto rispetto al centro storico di Pisa, dove da qualche mese è nata l’esigenza di operare tramite veicoli elettrici che Vrent ha provveduto a mettere a disposizione di Geofor. In questo caso, quindi, il primo cerchio è costituito dalla riduzione delle emissioni – inquinanti e acustiche – che chi si muove nelle strade cittadine può percepire in modo tangibile. Il secondo cerchio, invece, è generato dalla comparsa in quest’area di nuove colonnine, sistemate dal progetto proprio allo scopo di ricaricare i mezzi in azione, ma che adesso vanno a beneficio di chiunque.
Non c’è veicolo senza infrastruttura
Fabio Telese, presidente di Vrent, annuisce a proposito di questo rapporto biunivoco tra veicoli e infrastruttura: «Non è più possibile – puntualizza – pensare di acquistare o di noleggiare veicoli con le modalità utilizzate fino a ieri. Oggi è necessario creare un servizio di gestione del mezzo che sia integrato tra l’infrastruttura e il veicolo stesso. Perché senza infrastruttura, il veicolo sarebbe difficilmente impiegabile. E il project financing, proprio perché garantisce al partenariato pubblico-privato un’elasticità di azione, comunque definita in un diametro condiviso, è l’unico strumento in grado di far conquistare obiettivi altrimenti irraggiungibili, l’unico che possa mettere in condizione la pubblica amministrazione di disporre oltre che di veicoli all’avanguardia, anche di pannelli fotovoltaici, di accumulatori di ricarica, di sistemi di sicurezza».
Insomma, una storia in qualche modo avvincente che, proprio per questo, fatica a trovare la parola «fine». Il tema lo ha affrontato indirettamente lo stesso presidente Fortini provando a gettare lo sguardo avanti: «Non pretendiamo – ha puntualizzato – che questa esperienza inedita sia definita “migliore”, ma comunque la replicheremo». E in questo modo ha in parte indicato una possibile serialità della storia o, magari, una sorta di bis (o di spin off) che potrebbe coinvolgere le altre società che fanno parte dell’universo RetiAmbiente. Di project financing applicato a questo mondo, quindi, continueremo ancora a sentir parlare.