A Modena e dintorni, si sa, i motori ce li hanno nel sangue. E coltivano la passione per tutto ciò che abbia ruote e pistoni fin da quando sono bambini. Umberto Casoni è fatto effettivamente così. Ma con una particolarità: a lui per far accelerare il battito cardiaco serve, oltre a ruote e pistoni, anche la Stella a tre punte. «È una passione che ho coltivato da sempre – racconta – A otto anni il mio papà mi faceva salire sul suo Mercedes-Benz 19.44 del 1988 e io, per arrivare ai pedali, mi mettevo in piedi tra le sue ginocchia e mi aggrappavo con le mani al volante del camion. E mi sembrava così grande, sia il volante sia quella stella che accoglieva nel centro».
Oggi Umberto ha 39 anni e lavora per l’impresa di famiglia, il Molino Casoni, assieme al papà, al fratello, a due zie e cinque operai: «La nostra attività, condotta con orgoglio sin da quando mio nonno Umberto Natale la fondò nel ’39, si divide in tre branche: la molitura del grano e la relativa produzione di farine; la commercializzazione di cereali all’ingrosso per uso zootecnico; il trasporto e la distribuzione sia delle nostre produzioni sia per conto terzi».
Ovviamente, tra tutte le attività di famiglia, Umberto si è specializzato nel trasporto: «Da sempre in famiglia siamo fan della Stella. Non a caso attualmente abbiamo sette camion, tutti Mercedes-Benz: tre autotreni Actros MP4, un Actros motrice MP3, un Atego, un SK 19.48 del 1990, ormai storico, e ovviamente il mio Actros MP5 18.53 bilico del 2020 con cabina Giga Space». E su quest’ultimo, ovviamente, ci andiamo a concentrare.
UNA PASSIONE SENZA TEMPO
La passione di Umberto per la Casa di Stoccarda è tale da voler dedicare la personalizzazione del suo camion alle Frecce d’Argento e al campione Manuel Fangio. «È una storia che mi ha sempre affascinato», ricorda. E poi ci spiega fin nei minimi dettagli quando, nel 1934, la squadra corse Mercedes si presentò al Gran Premio del Nurburgring con delle auto che superavano di un chilo il peso massimo consentito (750 kg). «A quel punto – rimembra Umberto – il direttore sportivo del team, Alfred Neubauer, fece grattare via la vernice bianca ufficiale in modo da perdere il chilo di troppo. E proprio il color argento dell’alluminio al naturale delle carrozzerie fece guadagnare alle auto da competizione stellate l’appellativo di “Frecce d’Argento”, che gli è rimasto attaccato per sempre». Quattro anni più tardi, nel 1938, la Mercedes uscì dalle corse e vi fece rientro nel 1954, dopo il periodo buio della guerra, per gareggiare nella neonata Formula 1 dove, al suo debutto, vinse il campionato proprio con Juan Manuel Fangio.
Umberto parla e i suoi occhi brillano. Poi si socchiudono leggermente, come per accompagnare un interrogativo: «È possibile rappresentare tutto attraverso un camion?». Il nostro appassionato modenese cerca a lungo la risposta, ne parla in giro con amici e si imbatte con un caro amico appassionato di personalizzazioni: «È stato Alfonso Valentino a suggerirmi di rivolgermi alla RinoCustom per gli esterni e ai fratelli Ciro e Bruno Prisco per gli interni. Con il loro aiuto sono riuscito a ottenere esattamente il camion che desideravo. Intendiamoci, l’Actros è bellissimo di suo, però mi piaceva dargli un tocco di personalità in più rispetto al colore aziendale che da anni ci fornisce Mercedes, il verde metallizzato 6888».
L’IMPATTO CON UNA TECNOLOGIA ALL’AVANGUARDIA
Fin qui la passione trova alimento nella storia. Adesso veniamo al presente: perché un uomo che lavora attraverso i camion rivolge il suo sguardo in modo così convinto verso Mercedes-Benz? «Ma perché da sempre – risponde Umberto – è venti anni avanti rispetto agli altri costruttori a livello di tecnologia». Poi avvicinandosi al suo Actros aggiunge: «Basta vedere questo camion: le MirrorCam, il cockpit digitale che sembra un’astronave, i sistemi di sicurezza. Non si finisce mai di scoprire le cose che si sono inventati i tecnici di Stoccarda».
Anzi, Umberto è così convinto che dentro un veicolo Mercedes si celi un autentico concentrato di tecnologia, che prima di iniziare a guidare il suo camion si è studiato a fondo, pagina per pagina, l’intero manuale delle istruzioni: «È un lavorone, ma d’altro canto se non fai così rischi di non capire nulla. Oggi, che con il camion ho percorso più di 50.000 chilometri in poco meno di un anno, posso dire di conoscerlo bene. E soprattutto mi rendo conto che sfruttando tutte le funzioni di assistenza alla guida riesco ad abbassare notevolmente il consumo». Fino a che punto? «Beh, tenendo conto che la nostra azienda è in montagna e che quindi spesso attraverso l’appenino per andare dall’Emilia alla Toscana, sempre a pieno carico, arrivo a tenere medie che partono dai 3 e arrivano fino ai 4 chilometri con un litro».
IL BUONGIORNO SI VEDE DALLA CHIAVE
A questo punto normalmente saremmo saliti in cabina. Qui, invece, bisogna mettere in evidenza non soltanto una dotazione del camion, ma anche una buona abitudine che tutti dovrebbero avere. Umberto, infatti, stringendo una chiave del veicolo tra le mani, ci spiega come anche per l’Actros il buongiorno si vede dal mattino, vale a dire che «già dalle funzioni di questa chiave riesci a intuire quanta tecnologia racchiude il veicolo». E qui ci riferisce di quella sorta di rituale che segue tutte le mattine prima di partire, del giro d’ispezione in cui adesso viene assistito proprio dalla chiave che consente di controllare il funzionamento di tutte le luci: «Basta premere un pulsantino e, a turno, si accendono posizioni, anabbaglianti, abbaglianti, stop, frecce e retromarcia».
METTI UN COCKPIT DIGITALE NELLA GIGA CABINA
A questo punto, saliti in cabina, Umberto giustifica il perché abbia scelto proprio il modello più grande. «Anche se in genere ritorno sempre a casa per dormire, ho optato in ogni caso per la Giga Space perché, dovendoci stare tutto il giorno, preferisco un ambiente confortevole con tanto spazio a disposizione. In più è stato possibile realizzare tutte le personalizzazioni che avevo in mente: dopo gli interventi dei fratelli Prisco sembra quasi di stare dentro una classe S».
In ogni caso, malgrado non vi trascorra la notte all’interno, il protagonista del nostro test ha fatto ugualmente la conoscenza del lettino, magari per farci una pennichella durante le pause obbligatorie. Il giudizio è laconico: «Non ho mai rimpianto una stanza d’albergo!».
Ma l’entusiasmo di Umberto cresce visibilmente quando ci spostiamo verso il posto di guida e si indirizza in modo mirato verso il cockpit digitale. «Tramite il grande display centrale con funzione touch – ci mostra in diretta – posso impostare il sistema di navigazione (per la cronaca un TomTom), il clima, il ventilatore e tante altre funzioni di guida. E poi anche qui, dopo aver messo in moto, mentre attendo di far scaldare il motore e di far andare in pressione tutti i liquidi, mi piace vedere tutte le spie del quadro strumenti digitale che, da dietro il volante, mi informano che tutto è ok».
MIRRORCAM, MAI PIÙ SENZA
A questo punto, dopo una leggera pressione sull’acceleratore, utile per disinserire il freno di stazionamento elettronico, l’Actros si muove. E ovviamente il primo commento operativo cade su quella rivoluzione visiva che l’Actros ha tenuto a battesimo, vale a dire le MirrorCam, le telecamere poste ai lati della cabina, al di sopra delle portiere, che sostituiscono i grandi specchietti retrovisori esterni: «È la novità che più mi ha colpito – sottolinea Umberto – so che molti colleghi sono scettici, ma vorrei che tutti provassero le telecamere perché sono convinto che a quel punto è più facile toccare con mano i vantaggi: migliorano di molto l’aerodinamica, le immagini riportate sui due display collocati sui montanti ai lati del parabrezza sono di una nitidezza incredibile anche in condizioni di scarsa visibilità. E poi una serie di linee gialle segnala sugli schermi la fine del rimorchio e la distanza da eventuali ostacoli o la presenza di veicoli dietro al camion». Altre manifestazioni positive si registrano al tramonto, quando il sistema passa in modalità notturna per evitare di abbagliare il conducente e per ridurre il riflesso dei proiettori degli altri utenti della strada. «Ma anche durante il giorno – puntualizza Umberto – il sistema impedisce l’abbagliamento dovuto alla luce solare diretta».
IN PRATICA SI GUIDA DA SOLO
Tutte le strade vanno bene per toccare con mano le potenzialità dell’Actros, ma alcune riescono più di altre a far venire fuori le sue doti migliori. Tra queste secondo Umberto ci sono le provinciali degli Appennini: «Dal tastierino destro del volante posso cambiare tutte le funzioni, così come dallo schermo touch del display centrale. Impostando il nuovo PPC, che ora comprende anche le strade interurbane, praticamente non tocco più i pedali e il volante è sufficiente sfiorarlo». Le informazioni che servono al PPC, integrato al cambio automatico PowerShift 3, arrivano da un sistema di localizzazione satellitare di nuova generazione, costruito su mappe stradali digitali in cui compaiono tutti i dati su topografia, percorso, incroci, rotatorie e segnaletica stradale. «Una volta impostata la velocità desiderata – spiega l’uomo al volante con una certa soddisfazione – il camion accelera in salita, decelera in discesa, frena prima di una curva… Insomma pensa a tutto lui: rispetta persino i segnali stradali. Io devo solo girare il volante nei tornanti e nelle rotatorie. In pratica si guida da solo».
I PASSI IN AVANTI DELL’ABA 5
Il vantaggio degli appassionati, di quelli fedeli a un marchio, è di vederne le evoluzioni nel corso del tempo e di poterle cogliere passo dopo passo. Così Umberto è in grado di annoverare tutte le stagioni dell’ABA, il sistema di assistenza alla frenata d’emergenza, giunto alla quinta release: «È molto migliorato rispetto alle precedenti versioni. Purtroppo, sia l’ABA 2 che il 3 avevano la fastidiosa tendenza ad arrestare il camion anche quando si incrociava un altro veicolo. A volte era meglio disinserirlo. La nuova versione invece non dà questi problemi e, grazie all’interazione tra radar e telecamere, è in grado di reagire sempre con prontezza e precisione».
I LATI NEGATIVI
Tutto perfetto, quindi. Non sia mai detto: un cliente della Stella è talmente abituato a standard progressivamente migliori, che pretende sempre qualcosa di più. Il cambio Power Shift 3, per esempio, per Umberto è ancora troppo lento. Così come non gradisce il modo con cui sono stati sistemati i due schermi che compongono il cockpit digitale: «Perché, per rendere anche visivamente perfetto un sistema fantastico, i due tablet non sono stati inglobati nel cruscotto? La prima volta che li ho visti mi ha fatto uno strano effetto vederli lì, come appoggiati. Proprio per questo una delle prime personalizzazioni che ho pensato di realizzare è stata quella di inglobarli in un cruscotto più elegante».
La stessa ricerca di perfezione con cui guarda alle macchine, Umberto lo adotta per le persone. Prendiamo per esempio la rete di assistenza: secondo lui esistono tante officine autorizzate in cui «ancora trovi i classici meccanici di una volta, appassionati del loro lavoro». E poi aggiunge pure che, malgrado non abbia sottoscritto un contratto di manutenzione programmata, né sfruttato la connettività del veicolo in quanto si muove su tratte nazionali abbastanza corte, sia comunque riuscito a gestire tutto correttamente, «facendo tesoro dei consigli del personale delle officine autorizzate, approfittando di promozioni sui ricambi e incontrando sempre persone disponibili nel venirti incontro con la spesa anche quando il veicolo è fuori garanzia». Dov’è il difetto? «Nell’atteggiamento di qualcuno incrociato ogni tanto – puntualizza Umberto – che ti tratta un po’ freddamente, come fossi un numero». Raccolto il messaggio, lo inoltriamo volentieri ai meccanici della rete Mercedes-Benz Trucks in ascolto: «Un sorriso costa poco e aiuta tutti a vivere e a lavorare meglio!».