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Biocarburanti. In attesa del 2035 gli autotrasportatori italiani sperimentano l’HVO

Rinnovabile, ricavato da scarti vegetali, per ora costa più del gasolio (ma ci sono tante promozioni, compresa quella di Eni), una resa leggermente inferiore e ancora pochi distributori. Ma chi lo ha provato ne è rimasto soddisfatto: il prezzo può scendere, ma c’è da superare qualche intoppo burocratico

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In attesa che l’Europa decida tra full electric, bio carburanti, Euro 7 e chi più ne ha più ne metta, c’è chi la sostenibilità ambientale se la cerca per conto proprio. Magari utilizzando veicoli e alimentazioni in funzione della mission a cui sono chiamati. E – soprattutto su medie e lunghe percorrenze – gli autotrasportatori stanno guardando con interesse all’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), un biocarburante rinnovabile ricavato da scarti vegetali o animali che può essere impiegato al posto del gasolio, senza alcuna modifica tecnica, sui motori di ultima generazione (tutti gli Euro 6 e alcuni Euro 5: verificare che ci sia la sigla XTL sul libretto) e riduce le emissioni di carbonio fino al 90%.

Ma anche il Nord Europa ha scoperto l’HVO. Non a caso Neste, il più grande produttore al mondo, con oltre 2 milioni di tonnellate l’anno è finlandese. E già da qualche anno l’HVO è disponibile presso le stazioni di rifornimento pubbliche di Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Svezia e Francia.
Ora tocca all’Italia, dove Eni ha rapidamente messo in piedi una rete di 516 impianti (ancora pochi, ma in realtà basta aggiungere la colonnina dell’HVO a quella degli altri carburanti) per proporre il biocarburante al mercato italiano, subito seguita da Q8 che ha aperto una trentina di impianti analoghi. E i primi autotrasportatori italiani stanno testando il prodotto.

All’estero l’HVO è già diffuso, soprattutto negli Stati Uniti. Nel 2017 le flotte californiane ne hanno utilizzato 200 milioni di galloni, pari a 757 milioni di litri e il Californian Air Resources Board, prevede di arrivare entro il 2027 a oltre 2 miliardi di galloni, pari a 7 miliardi e mezzo di litri.

Che ha i suoi pro e i suoi contro. Tra questi ultimi, almeno per ora, il costo. Che dipende dagli accordi commerciali, ma oscilla intorno ai 15 centesimi in più al litro. Per questo Eni ha lanciato a ottobre una promozione per smaltire l’HVO accumulato. E lo sconto, sommato all’equiparazione del carburante al gasolio ai fini fiscali, ottenuta a fine ottobre, fa sì che oggi un litro di HVO costi 3-4 centesimi meno del diesel tradizionale.
Dal 1° gennaio la promozione non ci sarà più e l’HVO tornerà a costare più del gasolio (salvo nuove iniziative), ma questi tre mesi sono stati più che sufficienti per molte imprese nazionali per provare questo nuovo tipo di biocarburante e verificarne il rendimento e le possibilità di utilizzazione. Perché se aumentano i consumi, le economie di scala abbasseranno il prezzo rendendolo competitivo rispetto al diesel e, comunque, è sempre possibile spuntare qualche centesimo in meno rifornendosi direttamente dal produttore. È quello che fanno la LC3 di Gubbio e il consorzio Contrar di Sesto Fiorentino, due tra le prime aziende di autotrasporto – entrambe pioniere delle alimentazioni alternative – a voler verificare la strada dell’HVO.
La prima sta testando il carburante su 5 veicoli su linee di trasporto a temperatura controllata e di trasporto container. «Noi siamo fornitori di servizi», ha spiegato il Sales manager di LC3, Giorgio Berettini, al videocast K44, «quindi dobbiamo misurarci con le esigenze del cliente, anche in contesti diversi. E allora stiamo testando l’HVO per completare la nostra offerta e per coprire tutte le esigenze del mercato all’interno di soluzioni sostenibili». Una scelta analoga a quella del consorzio fiorentino, che lavora prevalentemente per la GDO, e sta alimentando ad HVO tutti i 110 mezzi della flotta. «Abbiamo fatto una scelta ambientale», spiega Cristiano Magherini, direttore di Contrar, «anche perché abbiamo tutti veicoli Euro 6. Il nostro mezzo più vecchio è un muletto che avrà dieci anni e che teniamo sul piazzale come mezzo di scorta».

Problemi tecnici? Per ora nessuno rilevante. Berettini registra una resa leggermente inferiore al diesel. Magherini, per far capire, sottolinea che gli autisti finora non si sono lamentati. Entrambi non segnalano – come aveva accennato qualcuno – scorie o residui vegetali né nei filtri, né nelle cisterne dove riversano il carburante. E il Contrar, fa notare Magherini, di cisterna ne ha una da 50 mila litri, dove tre volte alla settimana un’autocisterna riversa 35 mila litri di carburante.
Ma, certo, la sperimentazione non è ancora finita. Berettini stima una campionatura valida sui 200 mila chilometri di percorrenza, contro i 50-70 mila finora compiuti. Magherini ricorda che il suo consorzio ha cominciato il test solo da un mese. Il problema semmai è l’incertezza sulle alimentazioni del futuro. Se l’Europa dovesse obbligare anche i camion a viaggiare a batteria? «È un problema», ammette il direttore di Contrar. «L’80% della nostra flotta sono bilici e il 30% sono motrici da 260 quintali che dobbiamo muovere su Milano, Torino, Roma. Con l’elettrico si fa fatica, non ha ancora l’autonomia necessaria. Poi, se l’autonomia aumenterà saremo ben disposti anche noi a investire sul motore a batteria, ma per ora, l’HVO è una buona soluzione per la transizione ecologica».

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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