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Artusi (Federauto): «Non si può dipendere solo dall’elettrico»

Il vicepresidente di Federauto Trucks&Van plaude alle dichiarazioni del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che nei giorni scorsi, incontrando il vice cancelliere tedesco Robert Habeck, ha sottolineato come la transizione ecologica nel settore automotive debba essere affrontata con il principio della «neutralità tecnologica»

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Se si vuole realizzare davvero la transizione ecologica, non è chiaro perché si debba puntare soltanto sulla tecnologia dell’elettrico. Il biometano, i biocarburanti o l’idrogeno, ad esempio, hanno ancora molto da dire dal punto di vista dell’innovazione tecnologica e sostenibile e possono raggiungere gli stessi obiettivi di rispetto ambientale delle batterie elettriche. È questo, in sostanza, il concetto espresso dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e condiviso nell’incontro di alcuni giorni fa con il vice cancelliere e ministro dell’Economia e della protezione climatica tedesco, Robert Habeck.

Concetto che trova pienamente d’accordo Massimo Artusi, vice presidente di Federauto Trucks&Van, che plaude alle dichiarazioni del ministro sottolineando come in Europa «la questione della transizione green dei trasporti sia ancora oggetto di dibattito e che la parola definitiva potrà dirla soltanto il nuovo Parlamento che sarà votato nel 2024».

«Quando il ministro Urso – ha commentato Artusi – afferma che esistono anche i biocarburanti, il biometano e l’idrogeno, non soltanto l’elettrico e porta a sostegno il fatto che gli incentivi per le auto e i veicoli commerciali elettrici sono rimasti in gran parte inutilizzati, riprende argomenti che stiamo ricordando ormai da mesi, non solo per le pericolose ricadute sociali di una mobilità affidata alla sola alimentazione elettrica, ma anche i gravi rischi economici e geopolitici connessi alla dipendenza eccessiva o totale dell’intero sistema-Paese da un unico vettore energetico, qualunque esso sia». 

«Ne abbiamo avuto prova – ha concluso Artusi – con il gas russo, del quale siamo riusciti faticosamente a limitare il fabbisogno, individuando forniture alternative. È probabile che lo stesso accadrebbe se in una società full electric dovessero venire meno fonti di approvvigionamento dell’elettricità. Vogliamo davvero che l’Italia corra questo rischio?».

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La redazione di Uomini e Trasporti

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