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All’IFAT di Monaco i camion dei rifiuti parlano elettrico

Dopo la cancellazione dell’edizione del 2020 a causa della pandemia e a esattamente quattro anni di distanza dall’ultima apparizione (Monaco 2018) ha fatto il suo ritorno l’IFAT, una delle più importanti fiere a livello globale per le tecnologie ambientali. Dal 30 maggio al 2 giugno gli oltre 260.000 metri quadri del gigantesco spazio interno della Fiera di Monaco hanno fornito agli oltre 142.000 specialisti del settore provenienti da tutto il mondo la possibilità di riunirsi per parlare delle ultime tendenze in campo, nonché di esporre le tecnologie già disponibili sul mercato o in fase di sviluppo.

Buona parte dei padiglioni avevano in mostra veicoli soprattutto per la raccolta di rifiuti, ma anche spazzatrici, sgombraneve, mezzi con cassoni scarrabili e camion per l’utilizzo in cantiere. Tra i costruttori di mezzi pesanti erano presenti Mercedes-Benz Trucks, Iveco, Scania e Volvo Trucks. Noi di Uomini e Trasporti siamo stati alla manifestazione bavarese e abbiamo raccolto quanto di meglio i costruttori hanno portato in mostra a Monaco. Cominciamo con la Stella…

Anteprima per l’eEconic full electric

Il marchio di «casa» ha svelato in anteprima il primo eEconic a trazione elettrica, il veicolo autocompattatore della Stella, tutto a batteria, pensato per le amministrazioni comunali nel campo della raccolta dei rifiuti (ne abbiamo parlato nel dettaglio qui). Questo truck elettrico condivide la struttura di base con l’eActros per il servizio di distribuzione pesante. Si presenta infatti con il pianale ribassato, che facilita accesso e discesa degli operatori.

Ha inoltre un peso complessivo ammesso di 27 tonnellate, asse elettrico con unità di azionamento integrata e due motori elettrici. Le batterie dell’eEconic sono costituite da tre pacchetti batteria, proprio come nell’eActros (anche se lì c’è l’opzione di configurazione anche a quattro pacchetti), ciascuno dei quali offre una capacità installata di 112 kWh e una capacità utile di circa 97 kWh. Per vederlo in Italia dovremo aspettare ancora un po’. L’occasione sarà a Rimini dal prossimo 8-11 novembre per Ecomondo 2022. L’inizio della produzione in serie è prevista invece a fine 2022.

Accanto all’eEconic elettrico e ad un’esposizione di vari veicoli Unimog, Mercedes-Benz Trucks ha portato anche un eActros ribaltabile con cassone smontabile PS T 18 di PALFINGER.

Bis di elettrici per Scania

Chi sta puntando forte sull’elettrificazione è anche Scania, che all’IFAT 2022 ha esposto due camion completamente elettrici. Il primo era uno Scania 25 con cabina P, configurazione 6X2, asse portante a trazione elettrica, 300 kWh di potenza installata, portata superiore a 27 tonnellate e carrozzeria con gancio di Meiller per la raccolta dei rifiuti.

Il secondo era uno Scania 25 con cabina a L, configurazione 6X2, assale di traino a trazione elettrica. Anche in questo caso 300 kWh di potenza installata e portata superiore a 27 tonnellate, ma con cabina a ingresso ribassato e lo Scania City Door, una porta scorrevole verso l’interno per migliorare la visibilità e il comfort di salita. Soluzione, quest’ultima, molto funzionale quando si lavora in ambienti urbani trafficati e congestionati.

Oltre alle soluzioni elettrificate, Scania punta forte anche sui motori tradizionali diesel di nuova generazione (Scania Super) e anche sulle motorizzazioni a gas (sia bioCNG  che bioLNG). Per questo era esposto anche uno Scania L 280, con motore a gas da 9 litri, serbatoio per metano compresso, configurazione 6×2 e asse portante a sterzata elettrica.

Volvo Trucks FMX, robustezza in salsa elettrica

Anche Volvo Trucks ha portato a Monaco la sua gamma di autocarri elettrici per diversi impieghi (regionale, urbano, edilizia), a cominciare dal Volvo FE electric e dal FL electric, particolarmente adatti per la distribuzione regionale e lo smaltimento di rifiuti. In particolare evidenza nello stand c’era anche un FMX Electric, veicolo configurato con gru di carico Palfinger e quindi proposto per il settore delle costruzioni e dello smaltimenti dei rifiuti più pesanti.

In termini di sicurezza, ergonomia e comfort, Volvo FMX è stato progettato per soddisfare i requisiti più elevati per operazioni specifiche. L’unità di guida è stata sottoposta ad approfonditi test di sicurezza, è dotata di ampi finestrini e di grandi specchietti retrovisori. Inoltre può essere dotata di un massimo di otto telecamere a seconda delle necessità, fornendo così una migliore visione a tutto tondo. Il sistema operativo Volvo Dynamic, disponibile anche come optional, semplifica il funzionamento e favorisce l’ergonomia e la sicurezza di guida. Il tetto alto crea un abitacolo spazioso che offre ampia libertà di movimento. Le porte hanno ampi angoli di apertura per facilitare l’ingresso e l’uscita. Inoltre, nell’armadio sono presenti numerosi vani per riporre caschi, guanti e altre attrezzature necessarie.

Iveco con la gamma al completo

Protagonista all’IFAT anche Iveco, con un ampio stand in cui ha fatto cioè sfoggio della sua intera gamma, dai piccoli della casa (Daily) ai medi (Eurocargo) fino ai pesanti (gamma Way). Il veicolo più in vista era sicuramente l’X-Way, il mezzo ideale per le missioni off-road leggere e per l’ultimo miglio nelle applicazioni che prevedono l’arrivo in cantiere. Erano esposti diversi modelli per configurazione e potenza, inclusa quella da 400 CV.

Parliamo di un camion che oltre ad aver tra le maggiori capacità di carico utili del segmento, combina l’elevata efficienza dei consumi e le tecnologie di sicurezza dei modelli Iveco on-road (Stralis) con la robustezza off-road dei suoi veicoli più resistenti (Trakker).

Se il tutor non è omologato, controllato e tarato periodicamente, la multa per eccesso di velocità va annullata

Il principio secondo cui una multa per eccesso di velocità rilevata con tutor o autovelox non può essere valida se l’apparecchio in questione non sia controllato e tarato con regolarità (essendo così incerta la sua adeguata funzionalità ed efficacia nel rilevamento) pare ormai essersi consolidato nella giurisprudenza italiana.

Un altro esempio proviene da una recente sentenza del Tribunale di Terni, che si è trovato a esaminare il superamento del limite di 10-40 km/h, da parte di un veicolo di un’azienda di autotrasporto merci, avvenuto sull’A1 Milano-Napoli, nel territorio del Comune di Narni

Il giudice di pace aveva dato precedentemente ragione alla Prefettura di Terni sulla sanzione comminata e rigettato il ricorso dell’azienda annullando però l’ordinanza di rigetto del prefetto e riportando l’importo della sanzione al minimo edittale. A quel punto il difensore della stessa azienda, l’avv. Roberto Iacovacci, non si è accontentato di questa vittoria parziale e ha deciso di presentare ricorso al tribunale di secondo grado, adducendo la mancanza di prova dell’avvenuta taratura dell’apparecchiatura usata e l’assenza della dimostrazione della corretta funzionalità del dispositivo elettronico di rilevazione. 

Di contro la Prefettura di Terni – che è tenuta all’onere della prova – aveva prodotto le iniziali certificazioni di taratura e verifiche di funzionalità del tutor, nonché il documento di approvazione del prototipo.

Ma come abbiamo già visto in altre sentenze di questo tipo, questa documentazione non basta. Il Tribunale ha infatti spiegato che occorre presentare «l’originaria omologazione ministeriale dell’apparecchio (sistema di misura della velocità Sicve, cioè il tutor)… per dimostrare compiutamente l’esistenza dei fatti costitutivi dell’illecito». In altre parole, in presenza di contestazioni da parte del soggetto sanzionato, «spetta all’Amministrazione la prova positiva dell’iniziale omologazione e della periodica taratura dello strumento», citando a sua volta la Cassazione in merito.

Il Tribunale umbro non ha dubbi nell’affermare che la prova dell’infrazione deriva «… dalle risultanze di strumenti di rilevazione debitamente omologati con decreto ministeriale, dovendo ritenersi il procedimento di omologazione diverso dall’approvazione». L’omologazione, in altri termini, è una procedura complessa, che comporta la riproduzione in serie del prototipo appositamente testato in laboratorio e che deve garantire la perfetta funzionalità del dispositivo, nonché verificarne l’efficacia. Ma la documentazione della Prefettura non rispondeva a tali esigenze.

Poco importa dunque che l’autovelox, benché non omologato, fosse stato approvato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Le apparecchiature di misurazione della velocità, dice il giudice ternano, richiamandosi sempre alla Corte di Cassazione in una sentenza del 2020, «devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro funzionamento e l’effettuazione di tali controlli – che vanno eseguiti a prescindere dal fatto che l’apparecchiatura operi in presenza di operatori o in automatico, senza la presenza degli addetti ovvero tramite sistemi di autodiagnosi – dev’essere dimostrata o attestata con apposite certificazioni di omologazione e conformità, non potendo essere provata con altri mezzi di attestazione o dimostrazione del loro corretto funzionamento». 

Ma il Tribunale si spinge anche più in là, affermando che anche se si volesse ribattere che omologazione e approvazione siano attività sovrapponibili, che differiscono solo per specifiche tecniche e natura della strumentazione, in ogni caso “l’Amministrazionenel caso di specie non ha nemmeno prodotto il decreto ministeriale di approvazione”, come avrebbe dovuto fare e non essendo sufficiente “il mero richiamo da parte degli agenti accertatori nel verbale”.

La conclusione è che l’appello è stato accolto e la sanzione annullata, con le spese processuali a carico della Prefettura ternana. Un’altra vittoria per l’autotrasporto merci.

Riduzione pedaggi autostradali 2021, le domande da prenotare dal 6 al 12 giugno

Sono finalmente uscite le indicazioni per quanto riguarda la procedura per ottenere il rimborso dei pedaggi autostradali dei transiti del 2021 (delibera Albo degli autotrasportatori n. 7 del 10 maggio 2022, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.125 del 30 maggio 2022).

ESCLUSI GLI EURO 3

La prima cosa importante da segnalare è che sono esclusi dal rimborso del pedaggio i veicoli Euro 3.

MODALITÀ DI RICHIESTA

Per quanto riguarda le modalità di richiesta, anche quest’anno, come nel 2021, sono state previste due fasi.

  • Nella prima si dovrà prenotare la domanda di rimborso dei pedaggi autostradali in una fascia oraria definita e cioè dalle ore 9.00 del 6 giugno 2022 alle ore 14.00 del 12 giugno 2022. La prenotazione deve essere fatta esclusivamente attraverso l’applicativo «Pedaggi» nel portale dell’Albo nazionale degli autotrasportatori (Servizi – Gestione Pedaggi). 
  • Nella seconda fase occorrerà invece inserire i dati relativi alla domanda e la firma e poi inviare la domanda stessa, sempre in una fascia oraria precisata, ovvero dalle ore 9.00 del 27 giugno 2022 alle ore 14.00 del 22 luglio 2022.

DA CHI PUÒ ESSERE CHIESTO IL RIMBORSO E PER QUALI VEICOLI

La riduzione compensata può essere richiesta da imprese, cooperative a proprietà divisa, consorzi, società consortili e raggruppamenti per i costi sostenuti per i pedaggi autostradali relativi ai transiti effettuati a partire dal 1°gennaio al 31 dicembre 2021.

veicoli che possono usufruire della riduzione sono mezzi di proprietà o in disponibilità, utilizzati per servizi di autotrasporto di cose, di classe Euro 4, Euro 5, Euro 6 o superiore o ad alimentazione alternativa o elettrica, rientranti, quanto a sistema di classificazione per il calcolo del pedaggio, nelle classi B, 3, 4 o 5 se basato sul numero degli assi e della sagoma dei veicoli stessi, oppure nelle classi 2, 3 o 4 se volumetrico.

TRASPORTI IN CONTO PROPRIO, ALMENO 200 MILA EURO DI PEDAGGI

Qualora all’interno di consorzi, cooperative o raggruppamenti siano presenti imprese che effettuano trasporti in conto proprio, il fatturato prodotto da queste ultime non partecipa al raggiungimento degli scaglioni di fatturato, ma ciascuna di tale impresa per aver diritto al rimborso deve aver sostenuto costi per pedaggio autostradali di almeno 200 mila euro.

VALORE DEL FATTURATO, ORE NOTTURNE E PEDAGGI A RISCOSSIONE DIFFERITA

Come per lo scorso anno, la riduzione dei pedaggi è commisurata al valore del fatturato annuale relativo ai costi sostenuti per i pedaggi – purché pari almeno a 200.000 euro – ed essa non può essere superiore al 13% del valore del fatturato annuo.

Un’ulteriore riduzione compensata è prevista se i transiti vengono effettuati nelle ore notturne – fermo restando il limite del 13% – vale a dire ingresso in autostrada dopo le ore 22.00 ed entro le ore 2.00 ovvero uscita prima delle ore 6.00.

Tali riduzioni sono concesse esclusivamente per i pedaggi a riscossione differita mediante fatturazione e vengono applicate da ciascuna delle società che gestisce i sistemi di pagamento differito dei pedaggi sulle fatture intestate ai soggetti aventi titolo alla riduzione.

CALCOLO DELLA RIDUZIONE

La riduzione è calcolata in ragione dei diversi scaglioni di fatturato globale annuo, sulla base della classe Euro del veicolo e della relativa percentuale di riduzione – invariata rispetto allo scorso anno – secondo i valori indicati nella tabella seguente:

L’Albo autotrasporto rimborserà i soggetti aventi titolo attraverso le società di gestione dei pedaggi (“service provider”), con le modalità stabilite nelle convenzioni tra tali società e il Comitato centrale.

Euromaster Italia raggiunge i 300 centri di servizio

Lo scorso mese Euromaster, la più grande rete europea di ‘service center’ pneumatici e manutenzione auto, ha raggiunto quota 300 centri in Italia, di cui circa un centinaio si occupano di autocarri.
Nata nel 1991 su un’idea del Gruppo Michelin, unico proprietario di Euromaster, il network è sbarcato da noi nel 2010, in provincia di Cuneo, ed attualmente è presente in 19 Paesi, con oltre 2500 sedi in Europa, tutte in franchising.

«Euromaster si occupa della manutenzione degli pneumatici, ma non solo, anche di quella programmata sul veicolo – spiega durante Autopromotec il direttore marketing Italia, Maurizio Bramezza – Oggi il mercato sta vivendo un momento complesso. È aumentata la competitività, i clienti hanno meno risorse da investire e la situazione generale è incerta per la pandemia, la guerra e le materie prime che non arrivano. Però noi stiamo investendo molto nel multiservice, fornendo un’accoglienza e una qualità del servizio assai elevata; e questo, unito alla professionalità degli operatori e alla qualità dei ricambi, ci sta dando parecchi riscontri positivi».
«La soddisfazione dei nostri franchisee di stare nella nostra rete – continua il direttore – secondo le nostre rilevazioni è di 8,6 punti su 10. L’NPS (Net Promoter Score, lo strumento per misurare la soddisfazione del cliente) è anch’esso molto alto. Siamo partner affidabili e questo ci viene riconosciuto».

Maurizio Bramezza, direttore marketing Italia di Euromaster, al recente Autopromotec di Bologna dove faceva bella mostra sullo stand la DeLorean DMC-12, l’auto per viaggiare nel tempo della pellicola cinematografica Ritorno al Futuro. In mano, una copia del volume 100 numeri per capire l’autotrasporto. Storie in movimento.

Euromaster sta anche lavorando sul fronte della sostenibilità. Da circa 4 anni è azienda plastic free e sta effettuando uno smaltimento intelligente dei materiali più problematici dal punto di vista ambientale (oli, pneumatici, altre sostanze, ecc.). Inoltre i centri sono già attrezzati a effettuare riparazioni di veicoli elettrici.

EDITORIALE | Come collettivizzare i nodi dell’autotrasporto

L’aria è inquinata? Colpa dell’autotrasporto. Sulle strade ci sono troppi incidenti? Sempre colpa dell’autotrasporto. E se le aree di sosta sono infrequentabili o se i treni non sono mai diventati una modalità di trasporto competitiva, le responsabilità sono ancora del settore che muove merci su gomma. Dietro a queste colpe c’è il doppio volto con cui è visto l’autotrasportatore: quello del lobbista poco avvezzo a mollare privilegi (al pari di tassisti o balneari) e quello di una razza arrogante e volgare, che concede il meglio di sé quando si mette a tavola. Perché lì – complice pure l’immagine costruita da Chef Rubio – mangia e beve come se la vita non andasse oltre la tovaglia, dimenticandosi quindi che quando si rimetterà al volante finirà per attentare alla vita degli sfortunati con cui si troverà a condividere la strada.

Tutte fesserie, certo. Però, il fatto che all’esterno esista una tale considerazione morale per questa professione, di certo non innesca una corsa per volervi accedere.

In ogni caso serve non piangere, ma studiare contromisure. Quali, me le suggerisce la Società italiana di medicina ambientale (Sima), autrice di uno studio, pubblicato a fine maggio, da cui emerge che ogni anno tutti i veicoli adibiti al trasporto merci producono 190 tonnellate di PM2.5 e 232 di PM10, il 7% del totale delle emissioni inquinanti. Percentuale tutto sommato modesta, se non fosse che da sola determina a ogni cambio di calendario la perdita di 12.000 anni di vita e una spesa conseguente per la sanità italiana che va dagli 860 milioni al miliardo di euro.

Dopo aver letto questa notizia l’autotrasportatore prova un certo sobbollimento nella regione gastrico-duodenale. Proviamo a tenerle a bada per tentare di ragionare. Da un certo punto di vista lo studio della Sima indica un modo intelligente di collettivizzare un problema. Esattamente ciò che l’autotrasporto non sa fare. Mi spiego.

Prendiamo il dato che vuole l’età media del parco circolante del settore fissata a 14 anni. Lo si ripete da anni in ogni convegno, ma non interessa nessuno. Ma se invece sottolineassimo che ogni anno in Italia la nostra sanità spende un miliardo in più perché l’autotrasporto inquina, forse qualcuno si porrà il problema di rinnovare quei veicoli vetusti e sarà indotto a farlo non per il bene dell’autotrasporto, ma per quello della collettività.

Una volta colte tali opportunità, potremmo tentare di applicarle altrove. Tutto sta nell’interpretare le problematiche dell’autotrasporto non dal suo punto di vista, ma da quello dell’opinione pubblica. Faccio un altro esempio. In Italia mancano 18mila conducenti di camion e dopodomani potrebbero per ragioni anagrafiche raddoppiare. Il problema è tangibile, ma interessa poco. Se però si cominciasse a far mente locale su quante merci – dai farmaci agli alimenti fino ai carburanti – rimarrebbero ferme quando non ci saranno più mani disposte a girare il volante di un camion, molti alzerebbero la testa.

Altro esempio: ogni giorno un camion attende in media 4,35 ore per caricare e scaricare merci, facendo perdere alle imprese che hanno investito in quei camion l’opportunità di fatturare tre miliardi in più. Detta così suona come un lamento corporativo. Ma se calcolassimo quanto potrebbero costare meno al consumatore finale quei prodotti costretti ad attendere e quanto potrebbe rimanere di più ogni anno nelle sue tasche, secondo voi quell’attesa attirerebbe di più l’opinione pubblica? Io ritengo di sì e sicuramente susciterebbe interesse anche nel committente se cogliesse quanto quell’attesa è il fattore che spesso lo mette fuori mercato, perché i suoi concorrenti, attivi in altri contesti territoriali in cui il carico è fluido, sopportano un peso logistico inferiore. Messo di fronte a tale evidenza, cioè, anche lui ingaggerebbe una lotta contro le lungaggini.

D’altra parte, lo Stato su questo versante si è dimostrato blando. L’ex sottosegretario Bartolomeo Giachino, intervenuto (dalla platea) alla presentazione della terza edizione dei «100 Numeri per capire l’autotrasporto», pretendeva di spacciare l’indennizzo di 40 euro l’ora come la soluzione al problema. In realtà è evidente che un sistema costretto all’inattività per 4,35 ore al giorno mina l’efficienza e la competitività dell’intera economia del paese. È per risarcire questo danno non bastano certo 40 euro. Lo sanno bene Spagna e Portogallo che sanzionano pesantemente chi provoca le attese in quanto sacrifica l’interesse collettivo alla rapida circolazione delle merci. E chissà se anche da noi un caricatore, davanti alla prospettiva di dover pagare 15 mila euro di multa, guarderebbe a quei quattro giri e mezzo di orologio con diversa apprensione.

Aree di sosta sicure: un vuoto da colmare

Il «ruolo essenziale e insostituibile» della logistica nell’economia italiana, in cui il trasporto stradale delle merci è largamente maggioritario, ha trovato un’ulteriore conferma nell’Allegato al DEF 2022, dedicato alle Strategie per le infrastrutture, mobilità e logistica sostenibili e resilienti, dove si afferma – tra l’altro – che trasporti e magazzini forniscono il 4,8% dei fattori di produzione all’industria manifatturiera (ben superiore alla percentuale del 3,1% del contributo dei fornitori di energia) e il 26% dei fattori produttivi del commercio all’ingrosso. 
Sta di fatto, però, che l’attività di autotrasporto è tuttora influenzata negativamente da rilevanti criticità che ne condizionano in vario modo la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Fra questi, vale la pena di soffermarsi su due aspetti, affrontati anche nel salone Transpotec Logitec di Milano in virtù dell’incidenza che hanno sulla sicurezza e sull’ottimizzazione dei flussi di trasporto:

  • la sostanziale assenza, sulla rete autostradale italiana, di aree di parcheggio certificate come sicure e protette, che dovrebbe essere superata applicando gli standard individuati dal recente regolamento delegato, adottato dalla Commissione europea il 7 aprile 2022, dopo aver rilevato che, sull’intera rete europea, meno del 3% degli stalli destinati ai veicoli pesanti si trova in aree di parcheggio custodite.  Il nuovo regolamento prevede che le aree, da realizzarsi almeno ogni 100 km, e tali da garantire comunque adeguati servizi alla persona, come docce, servizi igienici, strutture per l’acquisto di cibo e bevande, siano classificate in quattro livelli di sicurezza: bronzo, argento, oro e platino, da poter scegliere in funzione del valore della merce trasportata. Va sottolineato che l’iniziativa intende non solo migliorare le condizioni di riposo dei conducenti, ma anche proteggerli dalla violenza e dai furti del carico e, proprio per questo, rappresentare un incentivo per i giovani di ambo i sessi a scegliere la professione di conducente. Per di più, un’area di parcheggio dotata di videosorveglianza e costantemente monitorata allontanerebbe il pericolo di eventi criminosi come le rapine nei confronti degli autisti, che a oggi, come sappiamo, vengono ritenuti dalla giurisprudenza come un’ipotesi di «colpa grave» e quindi sufficiente a disapplicare il limite fissato per la responsabilità vettoriale (pari a 1 euro per ogni chilogrammo di merce perduta o avariata), seppure spesso il conducente non aveva modo di parcheggiare il veicolo in un luogo sicuro. Non possiamo, quindi che augurarci che il recente ritorno in mano pubblica del controllo della rete autostradale italiana contribuisca ad accelerare iniziative, come la realizzazione di aree di sosta sicure dedicate ai mezzi pesanti, che i precedenti concessionari non avevano ritenuto essenziale adottare;
  • i tempi di attesa, tuttora eccessivi, per il carico e lo scarico delle merci, purtroppo non migliorati dopo l’entrata in vigore della legge 127 del 2010, che ha fissato in due ore il periodo di franchigia, oltre il quale il committente sarebbe tenuto a corrispondere al vettore l’indennizzo di 40 euro/ora. Come testimoniato nei «100 numeri per capire l’autotrasporto. Storie in movimento», una serie di inefficienze lungo la catena logistica fa sì che quasi la metà del tempo di lavoro giornaliero di un autista sia trascorso nell’attesa che siano espletate le operazioni di carico e scarico e che il costo dell’improduttività dei veicoli in attesa sia stimato in oltre 3 miliardi di euro.  Si tratta, peraltro, di una problematica di portata non solo italiana; in Portogallo è stata recentemente affrontata con un’apposita norma che non si limita a disciplinare i tempi massimi di attesa e le relative responsabilità, fissando i conseguenti indennizzi, ma stabilisce anche sanzioni pecuniarie di rilevante ammontare per lo svolgimento non corretto delle operazioni di carico e scarico. Anche la Spagna, a seguito di un’agitazione degli autotrasportatori nel dicembre scorso, ha deciso di intervenire sul tema e, con un recente decreto reale, ha vietato il carico e lo scarico dei mezzi pesanti da parte dell’autista e ha fissato in un’ora il tempo massimo di attesa, prevedendo di definire con apposita norma le sanzioni per il mancato rispetto di tali regole. In ogni caso, la rilevanza e l’impatto di tale problematica sull’andamento della catena logistica, ne consiglierebbero un approfondito esame a livello comunitario, per studiare possibili soluzioni coordinate e condivise.

In definitiva, perché alle parole corrispondano i fatti, il tavolo ministeriale con le associazioni di categoria dell’autotrasporto dovrebbe senza indugio porre in discussione scelte e iniziative concrete, indirizzate al superamento di criticità che, come quelle che abbiamo ricordato, ostacolano l’obiettivo di sostenibilità della logistica.

L’opportunità degli indici di affidabilità fiscale

Proprio come a scuola, anche per le imprese a fine anno arrivano le pagelle. Si chiamano ISA, Indici Sintetici di Affidabilità fiscale, e rappresentano un nuovo strumento con cui si intende fornire a professionisti e imprese un riscontro sul loro livello di affidabilità fiscale.
Si tratta di un voto, da 1 a 10, dato dall’Agenzia delle Entrate a seconda dell’affidabilità fiscale della nostra azienda: più si è affidabili, più alto sarà il voto e maggiori saranno i benefici concessi.

L’ormai prossima dichiarazione dei redditi, pertanto, può essere il momento ideale per fare il punto della situazione e per valutare in modo critico e costruttivo gli equilibri patrimoniali, finanziari ed economici della nostra azienda e, conseguentemente, la bontà del nostro operato. In altri termini, potrà essere l’occasione per implementare un sistema di controllo di gestione.
Lord Kelvin diceva che «se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla».
Partendo proprio dalle risultanze della dichiarazione dei redditi e del modello ISA, come possiamo migliorare la nostra votazione? Come possiamo rendere migliore la nostra azienda?

Per elaborare gli ISA si tiene conto di tanti indicatori, che si possono dividere in due macro categorie:

  • dati che indicano l’affidabilità dell’azienda;
  • dati che indicano la presenza di anomalie.

La valutazione finale è la media aritmetica di tutti questi indicatori.
Gli indicatori di affidabilità misurano la redditività per addetto. Nello specifico, vengono valutati:

  • ricavi per addetto;
  • valore aggiunto per addetto;
  • reddito per addetto.

La logica di questi tre indicatori è sostanzialmente la stessa e occorre dividere i ricavi, il valore aggiunto e il reddito per il numero di addetti.

Maggiore è il numero di persone che lavorano all’interno dell’attività e maggiore sarà il fatturato presunto dell’azienda che permette a ciascun addetto di ricevere un reddito adeguato. Se noi consideriamo che, mediamente, il reddito lordo di un lavoratore dipendente full time è di circa 25.000, possiamo presumere che redditi inferiori non siano adeguati.

Oltre gli indicatori di affidabilità che misurano la redditività per addetto, occorre valutare, se presenti, anche gli indicatori di anomalia.

Quali sono gli elementi di anomalia?

  • margine operativo lordo negativo;
  • elevata incidenza degli ammortamenti;
  • reddito complessivo negativo;
  • elevato costo del venduto.

Nel settore autotrasporto, tra gli indicatori spia di possibili anomalie c’è il «costo per litro di gasolio consumato nel periodo».
Tale variabile legata al carburante prevede, per il 2021, una soglia minima di 1,04 euro e una soglia massima di 1,49 euro.
Le imprese che si assestano esattamente su un costo per litro consumato nel periodo pari al minimo previsto ottengono un bel «10» dall’indicatore; man mano che il costo a litro sale verso la soglia massima di 1,49 euro, il voto scende, fino a «1».
Questo indicatore, già oggetto di precedenti contestazioni (si veda la mia rubrica pubblicata nell’ottobre 2019) potrebbe non risultare «congruo» per quei consorzi o cooperative che ottimizzano i propri costi tramite acquisti collettivi. In questi casi, infatti, la singola azienda socia riesce a spuntare un prezzo del gasolio più concorrenziale e, quindi, anche al di sotto dei valori medi riscontrati presso i distributori dal MISE.

Da ultimo ricordiamo pure che la circolare dell’Agenzia delle Entrate n.18/E del 25 maggio ha introdotto una revisione straordinaria per adeguare gli indici di affidabilità alle condizioni economiche post-pandemiche. In particolare ha individuato gli interventi necessari a garantire il corretto funzionamento degli indici e ha definito nuove cause di esclusione che non trovano applicazione per i contribuenti che:

• hanno subito una diminuzione dei ricavi di cui all’art. 85, comma 1 – esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e) – ovvero dei compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, di almeno il 33% nel periodo d’imposta 2021 r-spetto al periodo d’imposta 2019;

• hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019;

• esercitano, in maniera prevalente, le attività economiche individuate da specifici codici attività.

Rifiuti, il ruolo del responsabile

Il Responsabile Tecnico (RT) della gestione dei rifiuti è la figura tecnica introdotta nel nostro ordinamento come requisito necessario per l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali da parte di quelle aziende intenzionate a svolgere attività di raccolta e trasporto rifiuti, di intermediazione e commercio rifiuti senza detenzione, comprese quelle che svolgono attività di bonifica.
I requisiti per ricoprire tale incarico sono cambiati nel corso degli anni; se fino al 2017 la competenza veniva acquisita tramite dimostrazione del titolo di studio, dell’esperienza e della partecipazione a specifici corsi di formazione in base alle categorie, dal 17 ottobre 2017 è stata introdotta la verifica iniziale o di aggiornamento di idoneità, vale a dire un vero e proprio esame a quiz da effettuarsi presso le sezioni regionali allo scopo di elevare le competenze e l’aggiornamento periodico del RT, a cui sono richieste conoscenze, compiti e responsabilità particolari.
Per il passaggio dalle precedenti regole alle nuove è stato previsto un «periodo transitorio», destinato a terminare il 16 ottobre 2023 (era inizialmente il 16 ottobre 2022, ma è stato prorogato di un anno per via del Covid).
Pertanto, entro tale data, tutti i RT riconosciuti e abilitati in regime transitorio, dovranno iscriversi, pena il decadimento, alla «verifica di idoneità di aggiornamento», mentre quelli nuovi dovranno sostenere la «verifica iniziale di idoneità».

Oltre alla verifica di idoneità rimane il titolo di studio e il requisito di esperienza che varia in base alle categorie, alle classi e al ruolo ricoperto in azienda, così come previsto dalla delibera 06 del 30 maggio 2017. Tale delibera prevede infatti che l’esperienza nello stesso settore di attività per cui si richiede l’iscrizione possa essere acquisita:

  • come legale rappresentante di impresa;
  • come responsabile o direttore tecnico o come dirigente o funzionario direttivo tecnico;
  • come dipendente in affiancamento al Responsabile Tecnico Rifiuti. In questo caso, però, è necessario trasmettere preventivamente, e non in modo retroattiva, alla sezione regionale competente una specifica dichiarazione riportata in allegato B della medesima delibera firmata dal dipendente, dal legale rappresentante e dal responsabile tecnico.

Per le classi più basse in generale non sono richiesti anni di esperienza. A titolo di esempio, l’iscrizione in categoria 4 per la raccolta e il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, l’iscrizione in classe F ed E richiede il superamento della verifica, mentre per l’iscrizione in classe D, l’RT dovrà dimostrare anche un anno di esperienza. Pertanto, è importante prendere visione di tutti i requisiti previsti e dei relativi anni di esperienza.
Le verifiche iniziali e di aggiornamento di durata quinquennale, che avvengono tramite prova scritta (test di 40 domande con diversi punteggi minimi a seconda del tipo di prova e differenziata tra verifica iniziale e aggiornamento), sono costituite da un modulo base (obbligatorio) e 4 specializzazioni (categoria 1-4-5, 8, 9 e 10). Alla stessa prova ci si può iscrivere con minimo 2 moduli (base + 1 specializzazione) e massimo per 3 moduli (base + 2 specializzazioni). Il superamento del modulo base in una prova è tenuto valido anche per le successive specializzazioni e pertanto non dovrà essere ripetuto.

Dalla verifica iniziale è dispensato il legale rappresentante che abbia ricoperto e ricopre contemporaneamente il ruolo di RT e che, al momento della domanda, abbia maturato esperienza nel settore di attività oggetto dell’iscrizione per almeno 20 anni. Sono ammesse interruzioni intermedie pari al 20%, ma non nell’ultimo anno. Come si può notare, le delibere dell’Albo sottolineano che l’esperienza deve essere acquisita nello stesso settore. Pertanto, a titolo di esempio, un RT che ha ricoperto tale carica nel trasporto di rifiuti in categoria 4 non ha i requisiti per la categoria 5 o per l’intermediazione senza detenzione in categoria 8.
Nel periodo transitorio l’RT può ricoprire tale ruolo solo per le categorie e le classi acquisite alla data del 17 ottobre 2017 potendo acquisire il ruolo di RT presso altre imprese, ma solo per le medesime categorie e classi o per quelle inferiori. Nel caso di passaggio a categoria o a classi diversa o superiori è necessario effettuare la verifica di idoneità di aggiornamento.
Visto il numero di imprese impegnate nei rifiuti e il numero di RT, le sezioni regionali stanno intensificando il numero delle sessioni fino a una media di quattro all’anno per ogni regione. Il calendario è pubblicato sul sito www.albonazionalegestoriambientali.it

Bellanova. il confronto governo-associazioni sarà «permanente». Un tavolo carico di dossier

È lungo il Tavolo delle regole. Non come quello di Vladimir Putin, sei metri di marmo per tenere a distanza e mettere a disagio i suoi interlocutori. La lunghezza del Tavolo intorno al quale si siedono il governo e i rappresentanti dell’autotrasporto non si misura con il metro, ma con il calendario. E la viceministra alle Infrastrutture e ai Trasporti, Teresa Bellanova – che quel tavolo l’ha fortemente voluto, lo guida con fermezza e lo sostiene a ogni occasione – lo ha misurato con un aggettivo che non lascia margini di dubbio: «permanente». Perché «i problemi sul banco sono tanti», ha detto, e ognuno di questi allunga il tavolo nel tempo. E poi se ne sorgono altri e altri ancora, il tavolo diventa sempre più lungo, quasi interminabile. Dunque, «permanente», appunto.

I 500 milioni a compensazione

È lì, intorno a quel Tavolo, che sono stati sbloccati i 500 milioni per risarcire le imprese dei maggiori costi del carburante e a mettere una toppa a uno di quei grovigli che solo la burocrazia italiana sembra capace di inventare. I nostri autotrasportatori per fronteggiare la concorrenza dei colleghi degli altri Paesi europei dove il pieno costa molto meno, usufruiscono di uno sconto dell’accisa di 0,214 euro per litro per il carburante dei veicoli superiori alle 7,5 tonnellate. Dallo scorso anno, per colpire i veicoli più vecchi e inquinanti il beneficio è stato limitato a quelli delle categorie Euro 5 ed Euro 6. Ma quando, a partire dal 22 marzo (e, per ora, fino all’8 luglio), per proteggere imprese e cittadini dalla fiammata dei prezzi dei carburanti, è stato deciso di tagliare l’accisa di 25 centesimi al litro in modo uniforme per tutti, la riduzione è stata sospesa e assorbita dallo sconto generalizzato.
Il paradosso – lo ha fatto notare subito il presidente di Anita, Thomas Baumgartner – è che, in piena transizione ecologica, lo sconto per i mezzi più inquinanti – al di sotto dell’Euro 4 – è stato di 25 centesimi, mentre le imprese più virtuose, quelle che hanno investito in veicoli Euro 5 ed Euro 6, hanno risparmiato solo 3,6 centesimi. «Un effetto che facciamo fatica a far comprendere ai nostri clienti», aveva sottolineato Baumgartner sollecitando un intervento a compensazione del governo.
Di qui lo stanziamento di 500 milioni legato ai consumi del primo trimestre, concordato nel Tavolo delle Regole il 28 aprile e varato il 2 maggio dal Consiglio dei ministri che ha riconosciuto un credito d’imposta del 28% del costo del gasolio dei primi tre mesi dell’anno per i veicoli pesanti Euro 5 ed Euro 6. La decisione – rapida ed efficace – ha raccolto l’apprezzamento delle associazioni di categoria – dalla Fita ad Assotir – anche perché permetterà di recuperare tra i 25 e i 28 centesimi per litro e perché non contribuirà alla formazione del reddito. Tanto più che, soprattutto per merito della confindustriale Anita che rappresenta i trasportatori più strutturati, il governo ha corretto una bozza che circolava, confermando anche per questi fondi l’esclusione dal de minimis, il tetto europeo per i finanziamenti pubblici che non si può superare, pena l’accusa di aiuti di Stato e che per l’autotrasporto è fissato a soli 100 mila euro. Sospeso durante la pandemia, se fosse stato applicato a questa misura, avrebbe rischiato di ridurre fortemente il beneficio proprio per le imprese più strutturate.
Unico inconveniente è che fra una discussione e l’altra, una correzione o una cancellazione, i tempi dell’erogazione materiale dei 500 milioni si allungano. Proprio la questione del de minimis va notificata a Bruxelles e, anche se ne dà per scontato l’assenso, è difficile che le procedure attuative (leggi la circolare delle Agenzia delle Entrate con il codice tributo) possano essere attivate prima di qualche mese.

Pedaggi, incentivi, marebonus

Forse proprio in previsione di quest’attesa, nell’ultima riunione del tavolo – quella, appunto, del 28 aprile – la viceministra Bellanova ha anche aggiornato le associazioni su altre risorse che saranno erogate a più o meno breve termine. Il meccanismo per il rimborso dei pedaggi autostradali è scattato, ma le liquidazioni (sono 180 milioni) arriveranno a settembre, mentre per quanto riguarda gli altri carburanti, il ministero sta lavorando a un provvedimento che uscirà a breve, per attuare il credito d’imposta per gas naturale liquefatto e l’AdBlue taglia-emissioni.
Prima – tra maggio e giugno – inizieranno, fortunatamente, i pagamenti degli incentivi per gli investimenti del 2019 e del 2020, di cui è stata ormai completata la fase istruttoria. E nello stesso periodo cominceranno ad arrivare anche i pagamenti del Marebonus. Per il quale il governo sta lavorando a Bruxelles per ottenere che l’incentivo arrivi al trasportatore e non più all’armatore. Dalla Commissione arrivano segnali positivi in tal senso, almeno sul combinato strada–mare. Più ostacoli, invece, sembrano frapporsi all’operazione analoga sul versante Ferrobonus.
Per il Marebonus gli armatori, quasi annusando l’aria, hanno già riversato sulle tariffe l’intero aumento percentuale del costo del carburante. «Se il carburate aumenta del 30%», fa notare il segretario di Assotir, Claudio Donati, «non puoi aumentare della stessa percentuale l’intera tariffa, ma semmai soltanto la componente carburante. Invece nel periodo settembre 2021-aprile 2022, i maggiori operatori marittimi – il cui numero è notoriamente assai ristretto – hanno apportato sui propri listini aumenti tariffari complessivi non inferiori al 30%, con punte che toccano il 46%».

Il pacchetto mobilità

Si vedrà. Intanto sul Tavolo delle Regole non si accumulano solo dossier legati a finanziamenti e sostegni. In uno dei prossimi appuntamenti toccherà certamente aprire quello del Pacchetto mobilità europeo. Teresa Bellanova si è impegnata a riconvocare le associazioni per condividere la circolare applicativa del decreto dirigenziale che ha tradotto in normativa nazionale le indicazioni europee. Una questione su cui c’è qualche problema all’interno delle stesse associazioni.
Il ministero, in realtà, ha emanato sul tema due decreti ministeriali a breve distanza di tempo l’uno dall’altro. Nessuno dei due, tuttavia, ha chiarito come interpretare la proporzione richiesta per il requisito di stabilimento tra volume d’affari, automezzi e autisti, rinviandone la definizione a una norma successiva. Ma la cautela del decreto è sintomo della difficoltà a mettere d’accordo quanti vogliono fissare una quota per il subappalto (in Francia è al 25%) e quanti invece preferiscono una dizione più generica. Il secondo decreto, peraltro, ha aggiunto, per quanto riguarda i requisiti per l’accesso alla professione, che i veicoli di cui l’impresa deve dimostrare la disponibilità non devono essere necessariamente di proprietà, ma possono essere acquisiti anche tramite rateazione, leasing e noleggio. La possibilità di essere ammessi a esercitare la professione anche con un solo veicolo di qualunque classe Euro e per giunta noleggiato ha suscitato più di qualche mugugno.

Gli altri dossier sul tavolo

Se ne parla nei prossimi incontri. Ma intanto i dossier si accavallano. La stessa Bellanova ne ha parlato al Transpotec di Milano, intervenendo in video alla presentazione dell’ultima edizione dei «100 numeri per capire l’autotrasporto» (l’intervista completa è a p. 16): dal problema delle attese al carico e scarico merci («Questo è un tema che è stato posto da molto tempo ed è per questo motivo che ho voluto allargare il confronto, limitandomi non solo a convocare il Tavolo sull’autotrasporto ma anche interpellando la committenza. L’obiettivo è di trovare un’intesa condivisa per l’intera filiera, in modo da poter dare risposte di lunga durata»), alla carenza di autisti (oltre ai voucher per gli under 35, «su questo tema siamo impegnati anche con il ministero dell’Istruzione per far sì che vengano messe in campo azioni di orientamento nelle scuole medie e superiori e quindi far conoscere e far capire l’importanza di questo settore»).Ma il tema più delicato rimane quello della clausola di adeguamento del corrispettivo per tenere conto dell’aumento dei prezzi del carburante. «Aver condiviso che nel trasporto merci devono essere presi come riferimento, anche nei contratti non scritti, i valori indicativi dei costi di esercizio che vengono pubblicati dal nostro ministero», ha affermato la viceministra, «è un elemento di grande soddisfazione oltre che un ottimo risultato che si porta avanti tra istituzioni e associazioni».

Nuovi incentivi?

Teresa Bellanova sa bene che (anche se oggi a chiedere a gran voce il ritorno ai costi minimi obbligatori è solo Assotir) la questione si riproporrà, ma si affida all’ottimismo della volontà: «Quando si arriva alla firma di un protocollo», ha detto a Milano, «vuol dire che c’è stata la disponibilità e la capacità della filiera nel suo insieme di darsi delle regole condivise. E questa è una cosa che reputo di grande importanza, perché è proprio grazie a quel protocollo che poi siamo arrivati all’attuazione dei decreti che hanno previsto risorse importanti per il settore».
A ogni buon conto ha concluso il suo intervento sventolando sotto gli occhi dei presenti la possibilità di far arrivare altre risorse nelle tasche degli autotrasportatori. Sotto quale forma? È semplice. Percorrendo l’unica strada che mette d’accordo le imprese del settore con i traguardi ecologici del governo: gli incentivi per il rinnovo del parco. Per questo la viceministra ha ricordato gli stanziamenti già decisi, ma ha offertola sua massima disponibilità qualora si rendesse necessario reperire ulteriori risorse, assicurando che gli autotrasportatori troveranno in lei «una persona sempre disponibile e impegnata a lavorare per ottenere questo risultato».

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