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Scania Super 500S Cassiopea. Quando il camion è donna

Èuna lei – esordisce Mikael, il driver svedese di Scania.

«Anch’io» – controbatto.

Ecco in cinque sillabiche parole la dimostrazione vivente di come il trasporto sia sempre di più – e finalmente – un settore (anche) per donne. Ridendo io e Mikael ci avviciniamo a Cassiopea, la mia compagna di viaggio per oggi. Sì, perché Scania – ho scoperto – dà un nome ai propri camion, quasi a voler confermare che il veicolo pesante oggi non è solo un mezzo di trasporto, ma diventa una sorta di alter ego del proprio driver e, come si diceva in Grey’s Anatomy, della tua persona. Mikael lo sa ed è estremamente geloso e orgoglioso della sua Cassiopea, vale a dire il nuovo Scania Super 500.

Il nome perfetto

Arrogante e vanitosa, esattamente come la ninfa da cui prende il nome. Un’arroganza positiva, di quelle che ti permettono di farti strada in un mondo prettamente maschile e che, se ne sei sprovvista, ti porta a soccombere. Quella tipologia di arroganza di chi sa cosa vuole e che ha ben chiaro il proprio destino. Ce ne vuole tanta per portare avanti l’obiettivo ambizioso di voler abbattere le emissioni creando un nuovo motore e una nuova driveline. A maggior ragione oggi, quando ormai nulla sembra essere una novità. Se non il fatto – appunto – di essere una donna al volante. Cassiopea è imponente, ha un portamento elegante e sicuro e mette un po’ in soggezione per via dei suoi lineamenti affilati. Ottima padrona di casa, ti accoglie nel suo universo chiedendoti di fare un gradino in più e facendoti percepire la sua decisa vanità. Tutto a ragione, comunque. Chiedo gentilmente permesso e mi accomodo su una poltrona di pelle nera, ventilata e (volendo) riscaldata. Se non stessi guidando, potrei incrociare le gambe e concedermi qualche chiacchierata filosofica con un bel bicchiere di vino rosso a fare da cornice.

Per la donna che non deve chiedere mai

Cassiopea si preoccupa di non farmi mancare nulla e di offrire tutto quanto può senza mai farmi spostare nemmeno di un millimetro dalla mia postazione. Lei sa ciò che una donna vuole: tutto è perfettamente organizzato e nulla è lasciato al caso. Ampi cassettoni sia sopra al posto guida che dietro, per accogliere la pretesa (tipicamente femminile) di avere ogni cosa al proprio posto. Anche se è un ripiano porta-oggetti, simile a una libreria vicino al comodo letto, il tocco di classe che ho votato come mio preferito. Amo ritrovare elementi tipici di una casa in un camion: contribuiscono a farti sentire più accolto anche a chilometri di distanza. Così, «il camion è la mia seconda casa» non è più soltanto una frase di circostanza, ma una realtà.

La funzionalità va colta nella spontaneità. In questa foto Cassiopea è vagamente spettinata, con il volante girato e tanti oggetti quotidiani buttati lì, ai suoi lati. Ed è in questo modo che si apprezza il valore dell’ergonomia, di quella ricca disposizione di tasti, comandi e ripiani che consentono all’ospite del camion – vale a dire l’autista – di non doversi spostare nemmeno di un millimetro.

In guida, con lei che guida

Il piano di appoggio è comodo ed essenziale, anche se non è tra i più
ampi. In compenso lascia più spazio in cabina, in modo da facilitare
gli spostamenti.

Cassiopea è austera e «superba», trasmettendoti subito una sensazione di leggera soggezione: non sai bene se devi lasciare che sia lei a condurre il gioco o se puoi permetterti di governarla. Nelle salite sfodera forza, nelle curve eleganza. Scivola al punto che sembra danzare un valzer seguendo il Berceto e io, non essendo particolarmente abile nei balli da sala, ho dovuto usare i freni prima di abituarmi alla sensazione di essere guidata da chi ne sa più di me. Però, vi assicuro che alla fine è stata una danza meravigliosa. Il cambio non tradisce le aspettative e le due marce in overdrive (che permettono al motore di viaggiare ad alta velocità riducendo il numero di giri), contribuiscono a sfruttare al massimo ogni goccia di carburante, grazie anche al fatto che Cassiopea legge anticipatamente la strada per dare il massimo in ogni occasione, come un’attrice che studia il copione. E come ogni attrice che si rispetti, è in grado di trattenerti con lei se ti distrai. Gli Adas sono, ovviamente, presenti e il freno motore rallenta con dolcezza, forse un po’ troppa. A una donna di questo calibro, servirebbe qualcosa di più deciso. Si sente che è svedese, dal temperamento calmo e ponderato, qualche volta timido (così mi racconta Mikael), ma noi italiani preferiamo emozioni forti e dirompenti. Siamo passionali, forse anche troppo… «Ma è per questo che piacciamo».

Il conto leggero

Cassiopea è distinta anche quando è ora di pagare e non è di certo la tipa che fa «alla romana». Offre lei, anche se il conto è effimero: 20 litri per 100 km in un viaggio di 300 km (5 km x l). Puntualizziamo, per dovere di cronaca, che la velocità media è stata di 70 km/h a causa del traffico. Quindi, considerati i diversi cambi di andatura, Cassiopea è una signora di alta classe anche nei consumi. Il nostro viaggio insieme è avvenuto in una giornata abbastanza complicata in termini di viabilità. Ci siamo incontrate subito dopo il ponte del 2 giugno quando a Milano era in corso la fiera del libro, causa di pesanti disagi sul traffico. Cassiopea però, nonostante l’altezza, non teme gli assembramenti: gli specchi offrono profondità di sguardo e il montante del parabrezza è stato snellito per favorire la visibilità. Nel complesso veramente buona, malgrado lei non sia un carattere dalle ampissime vedute.

La condivisione va basata sulla passione

Voto dieci al ripiano vicino alla branda (qui nascosto in parte dal poggiatesta del sedile passeggero): sembra una piccola libreria e ti fa tanto sentire a casa.

È stato bello, per una volta, incontrare una “collega” per strada e viaggiare con lei per un po’. Ammetto che è sempre stato il mio sogno poter condividere questa strana passione con un’altra ragazza. Sebbene ce ne siano di autiste donne, ancora siamo poche e facciamo fatica a incontrarci. Purtroppo, spesso capita di cadere in quel luogo comune che pretenderebbe la convivenza tra donne molto difficile. Anche se, devo ammettere, che in qualche caso – e a torto – siamo noi per prime a costruirci barriere difensive per evitare complicazioni. Il viaggio con Cassiopea mi ha dato un’importante lezione di vita: quando si condivide una passione è bene farne il fulcro della propria relazione e non cercare a tutti i costi di creare battibecchi a causa delle rispettive diversità. Un progetto ambizioso, quello di Cassiopea (e di tutta la nuova generazione Scania), e forse è proprio in questa ambizione che si deve ricercare la ragione del nome che Scania ha voluto dare al suo 500 Super. Un nome che porta con sé la vanità, la veleggiante arroganza e impertinenza tipiche della Ninfa e la volontà di brillare nell’universo delle nuove generazioni di veicoli che guardano alla lotta delle emissioni. Caratteristiche tipiche (e necessarie) di una donna che vuole farsi strada in un settore percorso fino a ieri soltanto da vicoli stretti.

Dentro i nuovi eActros e Actros L. Il linguaggio dei due mondi

Essere multilingue porta con sé diversi vantaggi. Recenti studi hanno dimostrato che parlare una seconda lingua (o più lingue) dia la capacità, per esempio, di essere flessibile ed elastico nel modo di pensare, di vedere le cose contemporaneamente da più punti di vista, di ampliare la percezione della realtà. Insomma, essere multilingue rende il cervello più stimolato e creativo e non è un caso che oggi, nell’era della comunicazione senza confini e dei viaggi intorno al mondo, il multilinguismo sia considerata una «skill» sempre più apprezzata. Anzi, a volerla dire tutta, è ritenuto ormai quasi obsoleto limitarsi a un solo idioma. Se trasferiamo questo concetto all’universo automotive, o più specificamente al mondo dei camion, negli ultimi decenni abbiamo visto come i costruttori abbiano giocoforza imparato una seconda lingua, quella delle motorizzazioni elettriche, perché a un certo punto è stato deciso che la lingua «nativa» (quella dell’endotermico, con tutte le annesse varianti tra diesel, benzina, ecc.) non fosse più sufficiente. E che per rimanere sul mercato diventasse necessario studiare un nuovo modo di parlare, in genere considerato più «pulito». È così che sul mercato hanno cominciato ad affacciarsi pian piano i primi veicoli elettrici, frutto di anni di studi in cui le Case hanno prima assimilato nuove nozioni tecniche e poi, in un processo di progressivo affinamento, le hanno messe in pratica. Un po’ come quando nei primi anni di scuola si facevano continui esercizi di dizione per correggere i difetti di pronuncia.

Parallelamente a questo nuovo imparare, è successa un’altra cosa: quella lingua «nativa», che nel frattempo rischiava un decadimento o un impoverimento, è stata in qualche modo rivitalizzata. Nel senso che alcuni costruttori hanno corretto alcune storpiature che proprio non si potevano sentire (leggasi la riduzione delle emissioni dei motori diesel). Ed ecco che sul mercato sono tornati all’arrembaggio i diesel, quelli di nuova generazione, decisamente più puliti ed efficienti, anch’essi frutto di anni di studi e ricorrenti perfezionamenti. Il multilinguismo nell’automotive, oggi, è dunque esattamente questo: la capacità di aggiungere conoscenza (e non in antagonismo) alla lingua materna, di valorizzare le conoscenze, di tenere insieme i mondi e di favorire con flessibilità il passaggio dall’uno all’altro.

L’arricchimento linguistico di MB Trucks

Sicuramente tra gli allievi più pronti nel compiere questo percorso votato all’arricchimento linguistico c’è Mercedes-Benz Trucks. Da tempo, infatti, la Stella ha lavorato molto per portare su strada i primi pesanti elettrici a batteria; allo stesso tempo, però, ha fatto di tutto per non lasciar morire il diesel, riportandolo anzi in auge versi nuovi standard qualitativi. E non è un caso che, forte di tale approccio polivalente, la Casa tedesca abbia organizzato lo scorso giugno presso i suoi stabilimenti di Wörth am Rhein un evento simbolico, in cui cioè ha presentato alla stampa internazionale non uno, ma due veicoli, che parlavano linguaggi diversi. Il primo era il nuovo truck pesante elettrico pensato per la distribuzione, l’eActros; il secondo era l’ammiraglia del trasporto a lungo raggio Actros L. Veicoli differenti, dunque, con diverse trazioni, anche se entrambi accumunati dal fatto che le aziende di trasporto possono utilizzarli per svolgere le loro attività quotidiane in tutta efficienza. Perché è questa, secondo Mercedes-Benz, almeno per il momento, la soluzione ideale per mantenere l’efficienza ai massimi livelli: da un lato la propulsione elettrica a zero emissioni e adatta all’utilizzo urbano, anche dove ci sono limitazioni alla circolazione; dall’altro, i consumi ridotti e l’economia dei diesel di nuova generazione, di fatto imbattibili sulle lunghe percorrenze.

Come parla l’eActros

Detto della lingua, passiamo all’articolazione espressiva, quella concreta della parola, per descrivere il modo con cui Mercedes-Benz ha dato corpo e voce alle sue ultime creazioni. E partiamo dall’eActros. Lo staff della Stella ci dà modo di salire a bordo del veicolo, guidato da un driver professionista che ci illustra le caratteristiche di questo potente mezzo, alimentato da tre pacchi batteria che offrono una capacità installata di 112 kWh e una capacità utilizzabile di circa 97 kWh. L’autonomia garantita è di circa 300 chilometri (ma è prevista anche una configurazione con quattro pacchi di batteria e autonomia fino a 400 km). La prima parola pronunciata forte che si sente udire dal veicolo, dunque, non può che essere «energia». Dietro questa parola si nasconde un cuore tecnologico, che poi è in sostanza l’unità di azionamento: un asse rigido elettrico con due motori elettrici integrati e cambio a due rapporti. I due motori riescono a generare una potenza continua di 330 kW e una potenza di punta di 400 kW. Ma anche il linguaggio moderno dell’elettrico ha regole grammaticali precise e così la «principale», come nelle più classiche delle consecutio temporum, richiede l’affiancamento (o meglio il supporto) di una subordinata. Ecco che allora «energia» chiama a sé «ricarica». Quest’ultima ha la funzione di dare un senso compiuto al tutto. Perché senza ricarica, ovviamente, la tecnologia elettrica non ha senso, è vuota, produce «ansia». E nell’eActros la ricarica arriva fino a un massimo di 160 kW: presso una normale stazione rapida DC con corrente a 400A, i tre pacchi batteria impiegano poco più di un’ora per passare dal 20 all’80%.

I vocaboli da comprendere

Altra parola chiave, questa volta pronunciata dal veicolo in maniera più dolce, è «silenzio». Nell’eActros non si sente praticamente nulla, a parte il vento e il rumore di rotolamento degli pneumatici. Non si avvertono interruzioni della forza di trazione, come avviene tipicamente ai cambi di rapporto. I motori elettrici forniscono la stessa coppia elevata lungo tutta la gamma di regime e la potente accelerazione si lascia chiaramente apprezzare in ogni situazione di traffico. C’è poi un’altra parola che merita attenzione. Ha il sapore di una coccola ed è «assistenza»: Mercedes-Benz Trucks offre un’intera gamma di soluzioni digitali e app, tramite il Portale Fleetboard, che aiutano a comprendere l’esperienza dell’elettrico. Citiamo, per esempio, il servizio Charge Management, che consente di pianificare al meglio i processi di ricarica per massimizzare l’utilizzo delle stazioni dedicate, oppure lo strumento di mappatura, mapping-tool, che all’occorrenza consente ai collaboratori del back office delle ditte di trasporti di reagire rapidamente alle differenti condizioni del veicolo. Questo strumento, infatti, mostra in tempo reale dove si trova attualmente un mezzo, se sta viaggiando, se è fermo o in ricarica, qual è il livello di carica della batteria e quale autonomia è ancora disponibile. A ciò si aggiunge un ulteriore strumento, il diario di bordo, con informazioni dettagliate sui tempi di guida, di riposo e di ricarica, sul peso complessivo, sui chilometri percorsi, sullo storico dei tragitti, sulla topografia, sulla temperatura e sul consumo di energia, nonché sulla diminuzione e sull’aumento del livello di carica della batteria.

Come parla l’Actros L

Il vocabolario con cui si esprime l’eActros, insomma, è ricco e completo. Ci sono altre parole interessanti (come per esempio «eConsulting», cioè un ecosistema di servizi di consulenza che facilita i clienti interessati a imboccare la strada verso l’elettromobilità), ma è tempo ora di scendere dal camion anche perché, nel frattempo, ci sta chiamando a gran voce l’altro veicolo, l’Actros L. Anche lui ha qualcosa da raccontare. Parla in maniera diversa, ha un altro lessico ma è comunque chiaro e ci tiene ad arrivare subito dritto al punto: «Non sono il solito diesel». Il nuovo Actros L presentato da Mercedes-Benz, in effetti, è qualcosa di inedito. È stato dotato della terza generazione del motore OM471, che assicura un taglio dei consumi fino al 4% rispetto alla gamma precedente ed è stato progettato per rientrare nei severi limiti di omologazione Euro VIe. Quando si presenta, l’Actros L ci tiene a sfoggiare, in tutta fierezza, il lungo elenco di migliorie che hanno permesso di rendere più efficiente il propulsore. Ed è musica per le orecchie di chi mastica la grammatica dieselista: nuove geometrie dei pistoni, riduzione degli attriti interni, utilizzo del più avanzato sistema di iniezione capace di lavorare sino a 250 bar, aumento del rapporto di compressione del motore da 18,3:1 a 20,3:1. Anche il sistema di scarico con catalizzatori e utilizzo dell’AdBlue per l’abbattimento dei Nox è stato reso più efficiente.

La terza generazione del motore per veicoli industriali OM 471 rende l’Actros L ancora più dinamico, riducendo al contempo i consumi di carburante fino al 4%.

La grammatica del diesel

Non è finita. Oltre al nuovo motore, l’Actros L presenta un’ampia gamma di innovazioni tecniche che sono costantemente orientate alla riduzione del Total Cost of Ownership (TCO), come la nuova gestione del cambio automatizzato PowerShift Advanced che, grazie alla selezione precisa delle marce, consente partenze e accelerazioni più rapide del 40% rispetto alla versione precedente e allo stesso tempo più fluide. Il pedale dell’acceleratore, inoltre, è stato oggetto di piccole ottimizzazioni, come la maggiore sensibilità nella corsa del pedale che consente manovre più sensibili e contemporaneamente più dinamiche. E quando saliamo a bordo, l’Actros L ci tiene a elencare anche un altro tipo di migliorie, quelle di comfort: per esempio, la posizione di seduta è stata ulteriormente ottimizzata ed è stato fatto un gran lavoro per perfezionare l’isolamento acustico della cabina di guida.

Cosa resta

Alla fine, dopo aver «sentito» entrambi gli Actros, ci rimangono in testa due cose. La prima è ovviamente il modo in cui Mercedes-Benz ha saputo rivoluzionare la sua gamma, padroneggiando quello che potremmo definire una sorta di multilinguismo tecnologico che, nonostante la sua stratificazione, ha un minimo comune denominatore: garantire la massima efficienza e serenità a chi deve occuparsi di trasporto. La seconda è proprio la bellezza di ascoltare delle diversità. Elettrico o diesel? Qualunque cosa si scelga, in questo momento, va fatto comprendendo a fondo ciò che ciascuno dei due, a suo modo, ha da raccontarci, senza preconcetti

L’evento «Beyond» di Iveco alle Officine Grandi Riparazione di Torino. Allearsi per accelerare

Il mondo cambia in fretta. La mobilità di domani sarà del tutto diversa rispetto a quella attuale, modificata nel profondo dalle innovazioni tecnologiche e dall’urgenza di cancellare emissioni inquinanti. Ma muta anche perché il modello di globalizzazione fino a ieri imperante ha evidenziato, a partire dalla pandemia, quanto sia critico disporre di catene di fornitura allungate, difficili da ritmare con esigenze produttive improvvise. Chi ha provato ad acquistare un camion e si è sentito rispondere che per la consegna dovrà attendere un anno e mezzo sa di cosa parliamo.
Da questa premessa parte l’esigenza di andare «oltre», di superare vecchie logiche e di annodare nuovi fili. La vicenda di Iveco dell’ultimo anno e mezzo riassume tutto questo. Quello che era un brand in pancia a CNH e che rischiava di finire nelle mani della cinese FAW Jiefang, in poche stagioni ha iniziato a correre. E lo ha fatto – come è stato illustrato nel corso di una cinque giorni (dal 13 al 17 luglio) di confronti e dibattiti, organizzata a Torino presso le OGR e definita non a caso «Beyond» – seguendo i due binari della transizione in corso: quello che conduce all’innovazione e alla sostenibilità della mobilità; quello che riposiziona le produzioni in un contesto territoriale adeguato.

In Italia in bus (verde)

Quale fosse questo contesto, lo si poteva intuire già un anno e mezzo fa, quando – era il 17 aprile 2021 – il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, commentava con soddisfazione il fallimento della trattativa CNH-FAW spiegando che «il governo italiano ritiene la produzione di mezzi pesanti su gomma di interesse strategico nazionale» e aggiungeva che di conseguenza «il Mise è pronto a sedersi al tavolo per intervenire per tutelare e mantenere questa produzione in Italia».
Così, dopo essere diventato un gruppo indipendente, quotato in borsa da inizio 2022, e dopo aver presentato un ambizioso piano industriale in cui si prevede, entro il 2026, di generare ricavi per 16,5-17,5 miliardi di euro (rispetto agli 11,8 di valore aggregato del 2019), marginalità per un 5-6% (era il 3,6) e un utile netto di 800 milioni (contro i 300), adesso per Iveco è arrivato il momento di guardare all’Italia, riposizionando qui il baricentro produttivo delle filiere a maggior tasso di innovazione, quelle utili a realizzare nuovi autobus a zero emissioni. Interessate all’operazione sono sia Torino, individuato come centro di progettazione e di sviluppo, ma anche di fornitura di motori e batterie, sia Foggia, in cui si concentrerà una produzione che sfornerà 3.000 unità entro il 2026, per arrivare a 1.000 l’anno dal 2027. E sembra proprio questo uno dei metodi con cui, di fronte a quella che il ceo della società, Gerrit Marx, ha definito la «più grande transizione mai vista nel settore dei veicoli commerciali», Iveco intende «accelerare», dopo «aver fatto molti passi avanti negli ultimi due anni».
D’altra parte, se la transizione è un momento in cui tutto cambia e in cui si creano spazi e contesti commerciali inesplorati, è normale che chi arriva prima riesca a conquistare posizioni di leadership. E solo chi riesce a correre si mette nella condizione di occuparli prima di altri.

Il Nikola Tre sarà proposto in due versioni: una 100% elettrica a batteria (BEV)
con un’autonomia fino a 500 km e un tempo di ricarica di circa 100 minuti;
l’altra elettrica a celle combustibili (FCEV) con un’autonomia di 800 km e
il tempo di rifornimento è inferiore a 20 minuti.

Investimenti in ricerca e sviluppo

Già, ma come si imprime velocità alla corsa? Il primo metodo è quello di sostenere la ricerca e lo sviluppo. Ci vogliono soldi e Iveco, stando alla quantificazione del direttore finanziario del gruppo, Francesco Tanzi, ha investito 450 milioni di euro in R&S soltanto in Italia. Altri capitali, conseguenza della scelta di aver privilegiato la penisola, sono quelli promessi da Giorgetti – ha detto all’evento torinese – per «supportare l’industria automobilistica nell’affrontare la transizione verde e digitale» e che oggi hanno preso la forma di 80 milioni stanziati per agevolare gli investimenti di imprese della componentistica nello sviluppo di una filiera nazionale degli autobus elettrici e altri 50 destinati all’area del capoluogo piemontese per sostenere investimenti produttivi nella filiera dell’automotive. A questi poi vanno sommati gli altri fondi presenti su più capitoli all’interno del PNRR e che dovrebbero dare ancora più impulso alla produzione di bus verdi in Italia, la cui partenza è prevista dall’inizio del 2023.
Si tenga presente che gli effetti virtuosi dell’attivazione di una filiera si spalmano sulle aziende della componentistica spingendole verso una crescita – è stato calcolato – di circa il 30%.

Volumi e velocità garantiti dalle partnership

Manca da svelare un altro pezzo della vicenda, quello che spiega un altro tassello della strategia Iveco. Perché è vero che innovazione e posizionamento contano, ma è anche vero – come ha insegnato il compianto Sergio Marchionne – che sono necessari volumi ed economie di scala. Per ovviarvi Iveco ha puntato sulle partnership, stringendole in modo sistematico e avendo cura di relazionarsi con aziende in grado di aiutarla a correre, in quanto già dispongono della tecnologia di cui il costruttore italiano necessita. Esemplare in tal senso, l’accordo siglato con Hyundai lo scorso marzo, focalizzato su powertrain elettrici e su automazione e tecnologie per la connettività, e che nel corso di Beyond ha preso forma. Perché gli autobus assemblati a Foggia saranno equipaggiati con una cella combustile che arriva da Torino, ma di produzione sudcoreana. Per la precisione avrà marchio Htwo, quello creato da Hyundai nel dicembre 2020 per commercializzare celle a idrogeno e capitalizzare una ventennale esperienza in questo ambito. E quanto questo accordo consenta di bruciare le tappe lo si coglie dalle parole di Domenico Nucera, presidente della Business Unit Bus, che ha spiegato come Iveco abbia «già iniziato a partecipare a gare pubbliche per autobus alimentati a idrogeno e proseguirà nei prossimi mesi».

Le batterie con Microvast, i motori LNG per l’India

È soltanto un esempio di partnership, ma Beyond ne ha fatte emergere altre. Una la troviamo sempre «sotto» gli autobus. In genere le forniture delle batterie provengono da FPT Industrial, ma sono realizzate in virtù di un rapporto con una società di Houston (Texas), la Microvast, specializzata nello sviluppo di questo componente perno per la transizione energetica. La partnership, siglata nel 2019, è divenuta produttiva nel 2022, quando le due società hanno realizzato un pacco batterie completo con ciclo di vita di dieci anni per autobus a pianale ribassato a marchio Iveco.
Una seconda arriva dall’India dove FPT ha firmato un accordo con Blue Energy Motors, azienda con sede a Pune e concentrata sulle tecnologie a zero emissioni per veicoli commerciali, per la fornitura entro fine 2022 di motori a gas naturale liquefatto da 6,7 litri, realizzati nello stabilimento torinese di FPT in cui lavorano più di 2.600 persone e destinati a un mercato in cui circolano 3,5 milioni di veicoli pesanti.

Assali per Nikola e mobilità futuristica con Via

È noto a tutti che Iveco ha creduto fortemente in Nikola e insieme hanno dato vita a una joint venture paritetica per realizzare – nello stabilimento tedesco di Ulm, di proprietà dello stesso gruppo torinese – due modelli di camion elettrici, denominati Nikola Tre e basati sulla piattaforma dell’Iveco S-Way, alimentati rispettivamente a batterie e a celle combustibile. Il primo (BEV), distribuito a partire dalla seconda metà del 2023, ha un’autonomia fino a 500 km e un tempo di ricarica di circa 100 minuti, il secondo (FCEV), in produzione da fine 2022, ha un’autonomia di 800 km e tempo di rifornimento inferiore a 20 minuti. E forse qualcuno sa pure – l’annuncio è di fine giugno alla presentazione dell’IAA – che Iveco ospiterà sul proprio stand ad Hannover questi due veicoli, esponendoli insieme ai nuovi Daily declinati allo stesso modo. Vale a dire uno completamente elettrico, e pronto per il lancio, che avrà piattaforma modulare e proporrà diverse opzioni di pacco batteria con una capacità singola di 37 kWh, e l’altro, in fase di prototipo, dotato di celle a combustibile con 10 kg di idrogeno a 700 bar.
Non tutti sanno, invece, che uno dei componenti basilari dei Nikola Tre, l’assale elettrico dotato di prestazioni fino a 840kW/1.140CV,èprodotto a Torino da FPT in uno stabilimento dedicato inaugurato nel 2022 e da qui è inviato a Coolidge, in Arizona, per equipaggiare i Nikola Tre di classe 8 destinati al mercato americano.
In ambito digitale, invece, si muove Via, società newyorkese attiva nel settore della mobilità in sharing, con cui Iveco Bus ha siglato un memorandum d’intesa per sviluppare soluzioni di trasporto pubblico su misura e on-demand e servizi digitali associati per gli autobus.

Assistenti vocali Amazon e guida autonoma Plus

Tutta da scoprire pure la relazione tra Iveco e Amazon, articolata su più fronti. L’ultimo riguarda la fornitura entro il 2022 di 1.064 S-Way Cng alimentati a biometano e gestiti dai partner del colosso dell’e-commerce in Europa. Questi camion sono dotati della tecnologia Iveco Driver Pal, l’assistente vocale di bordo con funzionalità Amazon Alexa, frutto di una relazione di Iveco con Amazon Web Services, attiva da fine 2020 e finalizzata a introdurre sui camion un servizio con cui, usando la voce, è possibile pianificare gli itinerari, verificare la necessità di manutenzione e lo stato del mezzo e richiedere suggerimenti sullo stile di guida. E proprio riferendosi ai veicoli forniti ad Amazon, in grado di contenere le emissioni rispetto a un motore diesel fino al 75%, Marx ha sottolineato come questa soluzione sia non soltanto pronta all’uso, ma in grado di sfruttare il suo potenziale ambientale per ancora qualche decennio, a maggior ragione vista l’odierna contingenza. «E a chi sostiene che un veicolo elettrico alimentato attualmente con centrali funzionanti a carbone o con fonti non rinnovabili sia meno inquinante di un nostro camion alimentato a biometano – ha detto polemicamente il ceo – mente sapendo di mentire».
Altre intese degne di note guardano alla guida autonoma, dove Iveco ha stretto una relazione con la società Plus di Cupertino, che sta integrando il sistema di guida autonoma PlusDrive sugli S-Way, equipaggiandoli cioè con sensori che monitorano l’ambiente circostante, rilevano gli ostacoli, mappano il profilo stradale e adattano traiettoria e velocità di conseguenza. In più tramite le tecnologie Vehicle-to-Everything (V2X), il sistema interagisce con altri veicoli e con infrastrutture autostradali.
Rispetto invece all’elettrificazione, Iveco ha siglato un memorandum d’intesa con Enel X per esplorare una collaborazione funzionale allo sfruttamento ottimale delle potenzialità della mobilità elettrica per veicoli commerciali in Europa e per valutare come i camion elettrici di Iveco possano supportare la transizione della flotta Enel a un parco veicoli a zero.
Infine, nell’aprile 2022 Iveco Group ed Eni hanno firmato una lettera d’intenti per individuare modalità con cui accelerare il processo di decarbonizzazione del mondo dei veicoli commerciali in Europa.

Nuovi cambi per i Volvo FL e FE. Trasmissioni da città

Cento chilometri in autostrada possono essere percorsi anche senza che la trasmissione se ne accorga. Se vengono coperti in ambito urbano, invece, il numero di cambiate diventa molto più elevato di quanto si possa immaginare. Ecco perché Volvo Trucks ha deciso di rendere più fluida ed efficiente la guida dei suoi due modelli votati alla distribuzione urbana – il Volvo FL e il Volvo FE – proponendo per entrambi delle nuove trasmissioni. Per quanto riguarda il più piccolo FL, quello che forse nell’arco della sua vita lavorativa viaggia per una percentuale altamente maggioritaria su strade urbane, il nuovo cambio è completamente automatico e, rispetto al modello di cui prende il posto, aumenta il numero dei rapporti fino a otto. In questo modo lascia un segno anche sul conto del gasolio, rendendolo più leggero – stando ai calcoli del costruttore svedese – di circa il 4% rispetto al modello precedente.
In più, spiega Kenneth Ackerberg, responsabile prodotto per Volvo FL ed FE, insieme alla nuova trasmissione «viene offerta una funzionalità completa di presa di forza anche a veicolo fermo, più versatile e ideale per mezzi d’opera, spargisale, spazzaneve e altri utilizzi simili».

Il cambio I-Shift sul Volvo FE

Il fratello maggiore Volvo FE fa anche meno sforzo per ottenere un’ottimizzazione analoga, perché prende a prestito dalle gamme più pesanti il nuovo cambio I-Shift, in grado di velocizzare i cambi marcia del 30%. E se il dialogo ottimale cambio-motore finisce per migliorare la guidabilità del veicolo, un’attivazione più rapida della frizione aiuta a contenere l’interruzione della coppia e a rendere più fluidi i cambi marcia.

Tre modalità ottimali di guida

L’ottimizzazione dei due modelli ha qualcosa in comune. Sia sul Volvo FL sia sull’FE, infatti, adesso sono disponibili tre diverse modalità di guida – economy, performance e off-road – che possono essere selezionate dalla plancia, spingendo un apposito pulsante. A quel punto nel quadro strumenti comparirà la relativa indicazione.
In realtà, per aiutare i trasportatori a risparmiare carburante, il camion viene sempre avviato in modalità eco, con la funzionalità eco-roll disponibile a pedale. Basta però un semplice clic per passare alla modalità performance, mentre la modalità off-road è stata concepita per quei veicoli impiegati anche in cantiere, giacché offre prestazioni migliorate a velocità ridotte.

DAF annuncia l’allargamento delle nuove generazioni di veicoli industriali. Innovazione nella distribuzione

In casa DAF sono ancora inebriati dal rotondo successo raccolto dai veicoli XF, XG e XG⁺ di nuova generazione, di cui sono stati prodotti 10.000 esemplari nell’arco di un paio di stagioni (la produzione ufficiale è iniziata soltanto nello scorso inverno), che è già arrivato il tempo di allargare la gamma, proponendo sulla base dello stesso concetto dei Truck of The Year 2022 anche un mezzo da distribuzione. La cosa è imminente, seppure non se ne conoscono tutti i dettagli. Ciò che è certo è che il nuovo veicolo si chiamerà XD, affiancherà l’attuale CF (che quindi proseguirà la sua carriera), sarà presentato in anteprima a settembre (dal 20 al 25) all’IAA di Hannover e verrà prodotto da lì a poco, vale a dire dal prossimo autunno. La casa olandese non dice molto altro, limitandosi a informare che decreterà il nuovo standard in termini di sicurezza, efficienza e comfort di guida.

A garantire la sicurezza saranno l’ampio parabrezza e i grandi finestrini laterali, mentre per rendere ottimale la visibilità diretta si sfrutteranno sia la posizione bassa della cabina, sia il finestrino opzionale della portiera lato passeggero per la visuale sul marciapiede, già presente peraltro sulle serie maggiori, al pari delle telecamere usate sia per inquadrare il retro del veicolo, sia la parte frontale e l’angolo cieco angolare.

Rispetto all’efficienza, invece, DAF chiama a raccolta la già apprezzata aerodinamica della cabina e i nuovi motori Paccar MX-11. Un dettaglio, questo, che dovrebbe far pensare, in quanto il costruttore olandese non fa riferimento alla motorizzazione più grande (MX-13), forse perché troppo ingombrante sotto una cabina da distribuzione e quindi affida tutte le missioni a quella da 11 litri (opportunamente rivista). Anche perché per la distribuzione più pesante, laddove dovesse necessitare di maggiore potenza, c’è sempre l’XF, dotato a tale scopo di adeguate dimensioni.
Rispetto al comfort di guida, infine, il modello XD beneficia di un’accessibilità superiore (molto probabilmente, anche se DAF non lo specifica, affidata a due soli gradini, come si conviene per un veicolo da distribuzione) e una cabina con volumi fino a quasi 10 m3. Le numerose possibilità di regolazione di sedile e volante garantiscono a trovare la migliore posizione di guida possibile. Il cruscotto ergonomico è dotato di quadri strumenti chiari e digitali. La guida e la manovrabilità beneficiano del nuovo design della parte anteriore del telaio, della sospensione della cabina e dell’assale posteriore.

Ford Trucks Italia sponsor del team di Superbike. Metti l’F-MAX in sella a una Yamaha

Ford Trucks crede molto nelle relazioni valoriali tra mondo dei camion e mondo dello sport, così come è evidente che intende infondere ai suoi veicoli un connotato di dinamicità e di avventura. Ecco perché ha deciso di diventare partner del team GYTR impegnato nel Campionato Mondiale FIM Superbike 2022. Per la precisione Ford Trucks Italia mette al servizio del team Yamaha due F-MAX, impegnati nel trasferire tutte le attrezzature del team tra i vari circuiti che ospitano le gare in tutto il mondo. Inoltre, il logo Ford Trucks è presente sulle due Yamaha Rl di Garrett Gerloff e Kohta Nozane, sulle tute da corsa dei due piloti, negli spazi box del GYTR GRT Yamaha WorldSBK Team e sui mezzi di trasporto della squadra.

Un Renault Trucks D Wide ZE a CEM Ambiente. Differenziata ed elettrica

Renault Trucks Italia ha consegnato a CEM Ambiente un D Wide Z.E 100% elettrico allestito con compattatore posteriore Mazzocchia. Il veicolo, sottoposto preventivamente a una sperimentazione di tre settimane, sarà impiegato per la raccolta e il trasporto del Multipak e dell’umido, inizialmente all’interno del Comune di Cologno Monzese.

Pierre Sirolli, AD Renault Trucks Italia e Giovanni Mele, presidente CEM Ambiente.

Il servizio di raccolta differenziata di CEM potrà così beneficiare di due vantaggi considerevoli: quello di operare in totale assenza di rumorosità e quindi di poter essere utilizzato fin dalle prime ore del mattino; quello di azzerare le emissioni inquinanti e quindi di rendere ancora più verde l’immagine dell’azienda di Cavenago Brianza che da anni investe in tal senso. Prova ne sia che per ricaricare il camion e quindi a garantire che effettivamente l’energia per alimentarlo sia effettivamente pulita, impiegherà l’impianto fotovoltaico realizzato presso la propria sede che, a breve, verrà ulteriormente potenziato con l’obiettivo di accrescere il proprio parco veicolare a emissioni zero.

Soddisfatto della fornitura l’amministratore delegato di Renault Trucks Italia, Pierre Sirolli, che dopo aver ricordato l’impegno del costruttore francese nel raggiungere entro il 2030 con il prodotto elettrico il 50% delle vendite, ha sottolineato come in questo momento vendere un veicolo elettrico a un’azienda equivale a diventarne partner, perché diventa essenziale «anche garantire una specifica formazione di prodotto e di guida, sia agli autisti che ai responsabili parco, e un affiancamento costante durante il periodo d’utilizzo del veicolo per fornire un supporto costante e una risposta sia alle richieste tecniche sia a quelle legate alle infrastrutture di ricarica».

I passi di MAN verso il camion elettrico. Il primo anno dell’eMobility Center

A un anno esatto dall’inaugurazione, MAN Truck & Bus traccia il bilancio del suo MAN eMobility Center (il centro impegnato nello sviluppo e nel test della produzione di camion elettrici, situato all’interno dello stabilimento di Monaco). E i risultati non possono essere più che soddisfacenti.
In 12 mesi MAN ha lanciato 20 prototipi del suo prossimo eTruck pesante stradale. Sono stati inoltre formati oltre 1.700 dipendenti con corsi di formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie ad alta tensione. Ed entro la fine del 2022 il numero dei dipendenti formati è destinato a salire a 2.000 unità.

«MAN si sta preparando per il futuro dell’elettromobilità e sta sviluppando la sua trasformazione come fornitore di soluzioni sostenibili per il trasporto merci su strada – ha affermato Alexander Vlaskamp, CEO di MAN Truck & Bus, in occasione del primo anniversario dell’eMobility Center a Monaco di Baviera. «Il nostro eTruck pesante stradale dovrebbe uscire dalla linea di produzione di Monaco all’inizio del 2024. A tal fine, stiamo preparando ora i dipendenti alla tecnologia ad alta tensione rendendo più flessibile la nostra produzione».

Tutto il nuovo di Schmitz Cargobull. La giostra dell’elefante

Innovazioni per un trasporto più efficiente: è il motto con cui Schmitz Cargobull ha mostrato all’interno del sito produttivo di Gotha – acquisito 25 anni fa, impegnato a realizzare ribaltabili dal 1935, ma dedicato a progettare giostre nel 1883, anno della sua fondazione – tutto quanto “gira” sulla sua ruota produttiva. Le innovazioni si sono concentrate su veicoli più aerodinamici per ridurre emissioni e costi, su soluzioni per rendere più efficiente il trasporto refrigerato, per ridurre la tara mantenendo solidità e per sfruttare la telematica nell’analisi dei dati.

Il ribaltabile che non c’era

I telai in acciaio del ribaltabile S.KI sono stati riprogettati e alleggeriti da 45 a 110 kg in base alla lunghezza. Il design delle traverse garantisce più stabilità e durata al telaio grazie all’alta protezione dalla corrosione, mentre quello del telaio ottimizza verniciatura e zincatura. Da qui la garanzia contro la ruggine offerta per 10 anni. È disponibile in 4 lunghezze di telaio (7.2, 8.2, 9.6, 10.5 m), a seconda dell’applicazione, del livello di carico e del volume della carrozzeria desiderato. Oltre alla versione base, sono disponibili una light per carichi particolarmente elevati e una heavy duty per impieghi gravosi. Il peso della nuova cassa in acciaio da 24 m³ è stato migliorato per l’uso in cantiere con un risparmio di peso di 180 kg. L’ampio pianale piatto garantisce baricentro più basso, a vantaggio della maneggevolezza. Inizio della produzione: fine marzo 2023.

La vasca 4 assi

Anche per i trattori a 4 assi Schmitz offre una carrozzeria M.KI su misura con volumi da 16 a 23 m3. Come per il semirimorchio, la base per le vasche è un cassone in acciaio arrotondato resistente a usura e ammaccature. Ampia la gamma di varianti garantita dal sistema modulare. Oltre alle lunghezze classiche (5,5 e 5,8 m) è ora disponibile quella da 5,2 m per trattori a passo corto e con 87 kg di peso in meno all’analoga scocca SR14. La gamma di spessore del pavimento va da 5 a 10 mm, quella delle pareti laterali da 4 a 8 mm, mentre le sponde sono alte 1.300, 1.460, 1.560, 1.660 mm.

L’ISO solo elettrico

Dal 2025 entrare in città per trasportare merci sarà consentito soltanto utilizzando veicoli a emissioni zero. Ecco perché Schmitz ha sviluppato il semirimorchio S.KOe tutto elettrico, dotato di gruppo frigo con elettronica di potenza integrata e sistema di batterie collegato al generatore sugli assali. L’unità S.CUe offre capacità di raffreddamento fino a 15.900 W e di riscaldamento di 9.100 W. Le batterie poste alle spalle dei piedi di appoggio sostituiscono il serbatoio diesel. Il nuovo assale Schmitz elettrificato recupera energia in frenata, prolungando il tempo di funzionamento del gruppo e riducendo quello per ricaricare la batteria tramite rete. La gestione intelligente della batteria assicura che il livello di carica rimanga il più alto possibile per offrire elevato livello di sicurezza in situazioni di fermo. La potenza del generatore dell’asse elettrificato è adattata alle esigenze del gruppo frigo. Il sistema è integrato nella telematica Schmitz, così che lo stato del sistema (livello carica della batteria, autonomia, tempo di ricarica residuo ecc.) si possano monitorare tramite portale dedicato.

Il centinato volante

Tra i centinati S.CS arriva il semirimorchio EcoGeneration in tre telai: Ecofix (coil), Ecoflex (collettame e bevande) ed Ecovarios (automotive), concepiti per far risparmiare 1.000 euro all’anno per l’intera durata del mezzo (1 milione di km). Il rimorchio aerodinamico con parte posteriore sollevabile riduce resistenza all’aria, consumo di carburante ed emissioni di CO2. La regolazione dell’altezza del rimorchio può essere monitorata a distanza. A seconda dell’attività la carrozzeria Eco può essere dotata di telone standard o del Power Curtain per ridurre ulteriormente il peso.

Green e interconnesso: l’evoluzione secondo Goodyear e Giti Tire. Rotolando verso il futuro

Senz’aria, rotondi o costruiti con insospettabili materiali riciclati. Quando si parla degli pneumatici del futuro, le visioni si sprecano e aprono orizzonti avveniristici decisamente rivoluzionari. Però la realtà, specie nel settore dei veicoli industriali, è in concreto molto più semplice, anche se le sollecitazioni del motore elettrico, insieme alla maggiore tara per il peso delle batterie, alla coppia veloce e al consumo più alto dei battistrada, porteranno quasi sicuramente a una copertura più leggera e adattata.

«Non credo che la gomma del domani sarà molto diversa da quella di oggi – ci racconta Matteo Berti, sales general manager commercial di Goodyear Italia – Non vedo all’orizzonte qualcosa di dirompente, che cambi il concept del prodotto. Ma lo pneumatico sarà sempre più centrato al tipo di mezzo e di utilizzo. Sul cava/cantiere, per esempio, noi abbiamo già oggi tre tipologie, così come diversi modelli di gomma ‘efficiente’ nel consumo di carburante (per tratte dritte, con performance chilometrica, ecc.). Dall’altra parte lo pneumatico dovrà sempre più interfacciarsi col veicolo, in modo da controllarne la prestazione. L’RFID è una buona tecnologia, ma non basta. Con Proactive Solutions interconnettiamo la gomma con soluzioni tecnologiche di industria 4.0, per estrarre più info possibili e poi digitalizzarle. Abbiamo poi brevettato un algoritmo predittivo (G-Predict) che, analizzando la massa dei dati, può fare previsioni sui potenziali fuori uso, sulla manutenzione e in generale gestire la mobilità».

Anche per Daniel Gonzalez, responsabile vendite e marketing Spagna-Italia-Malta per Giti Tire, l’aumento e l’affinamento della digitalizzazione sarà lo scenario prossimo venturo: «Credo che in futuro gli pneumatici avranno sempre più chip interni e sensori che trasmetteranno quanti più dati possibili. La gomma senza aria è una bella idea, ma non so quanto potrà essere commerciabile».

Dove invece tutti i produttori stanno lavorando alacremente è nel fornire al cliente – e in particolare al flottista – uno pneumatico sempre più ‘verde’ e sostenibile ambientalmente. «In questo momento stiamo sviluppando gomme green – spiega Gonzalez – che comportano riduzione di consumo di carburante e diminuzione di CO2, puntando sulla bassa resistenza al rotolamento del battistrada. Nei nuovi prodotti, in parte usciti a giugno e in parte in uscita a fine anno, passeremo nell’etichetta pneumatici dalla lettera D alla B nel maggior numero di misure possibili. Per esempio, il nuovo GSR 237, sviluppato e testato in Europa, è uno pneumatico che si inserisce perfettamente in questo discorso, così come l’invernale GDR 621, che ha una nuova miscela del battistrada in grado di aumentare il chilometraggio del 30% rispetto al predecessore».

«Il nostro approccio al ‘green’ non abbraccia solo lo pneumatico che risparmia carburante, tipo il Fuelmax Endurance – precisa Berti – ma anche soluzioni di mobilità sostenibile, come l’offerta Proactive Solutions cui accennavo, o di gestioni della gomma e della flotta (Fleet Online Solutions), fino ad arrivare al ricostruito, con un approccio più attento alla ricostruzione sia su carcasse del nostro Gruppo che di altri produttori. L’obiettivo al 2030 è quello di produrre gomme realizzate al 100% con materiali ‘ecofriendly’; anzi già adesso abbiamo sviluppato un prototipo che usa per il 70% materie a ridotto impatto ambientale. Il passo successivo sarà l’interconnessione tra i diversi player che ruotano intorno all’autocarro».

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