È una questione spinosa, scaturita da una presunta discrasia di comportamento del Comitato centrale per l’Albo degli autotrasportatori, rilevata dal TAR Lazio nella sentenza pubblicata il 28 giugno scorso, in materia di ammissione al beneficio della «riduzione compensata dei pedaggi autostradali» pagati dalle imprese di autotrasporto. Ricordiamo che tale misura, attivata alla fine degli anni 90 e poi evoluta nel tempo per favorire l’utilizzo di veicoli a minore impatto ambientale, trova la sua ragion d’essere nel decreto legge 28 dicembre 1998, n. 451, che ha previsto l’assegnazione al Comitato centrale di risorse finanziarie, finalizzate alla «protezione ambientale» e alla «sicurezza della circolazione, anche con riferimento all’utilizzo delle infrastrutture», e ha affidato al ministero dei Trasporti il compito di emanare annualmente apposita direttiva al riguardo.
Cerchiamo, quindi, di ricostruire l’accaduto:
la direttiva ministeriale n. 148 del 7 aprile 2020 si riferisce, tra l’altro, alla riduzione compensata dei pedaggi autostradali pagati negli anni 2019 e 2020 dalle imprese di autotrasporto con sede nel territorio dell’Unione europea, ma nulla dispone sul luogo di immatricolazione dei veicoli impiegati dalle imprese stesse, ai fini dell’individuazione dei soggetti ammessi al beneficio;
in esecuzione di tale direttiva, il Comitato centrale ha adottato la deliberazione n. 2 del 24 aprile 2020, riferita ai transiti effettuati nel 2019. In essa, al Titolo I, sono individuati i soggetti destinatari del beneficio, gli scaglioni di fatturato globale annuo, la classe Euro dei veicoli interessati e la relativa percentuale di riduzione. Al Titolo II, in sede di istruzioni per la presentazione delle domande, è fatta menzione anche alle targhe estere dei veicoli, fra le quali sono espressamente citate quelle emesse da uno Stato non appartenente all’Unione europea;
sempre con riferimento alla citata direttiva ministeriale, la deliberazione n. 4 del 10 giugno 2021, riferita ai transiti effettuati nel 2020, nel Titolo I non figurano innovazioni rispetto a quella dell’anno precedente, ma, nel Titolo II, con riferimento alle targhe dei veicoli, prevede che, per quelli immatricolati all’estero, occorre specificare lo Stato che ha rilasciato la targa, «considerando che sono ammessi comunque solo veicoli che circolano in Italia con licenza comunitaria»;
quest’ultima deliberazione è stata impugnata davanti al TAR del Lazio da un Consorzio iscritto all’Albo degli autotrasportatori e composto da imprese con sedi nel territorio dell’Unione europea e anche in Paesi non appartenenti all’UE (per lo più di nazionalità turca), a nome delle quali presenta annualmente la domanda di riduzione compensata dei pedaggi, facendo leva sulla possibilità di indicare il fatturato aggregato dei propri iscritti. Il Consorzio ha rilevato, in particolare, la circostanza che, negli anni precedenti, non erano mai stati previsti ulteriori criteri per accedere alla riduzione dei pedaggi, tanto meno in ragione dello Stato di immatricolazione del veicolo, come risulterebbe dalle istruzioni fornite per la presentazione delle domande;
il TAR, nelle motivazioni addotte per l’accoglimento del ricorso, fa esplicito riferimento alla difformità fra le due delibere adottate dal Comitato centrale in esecuzione della medesima direttiva ministeriale, per di più senza alcuna apparente motivazione. Richiama, inoltre, il divieto di discriminazione fondato, tra l’altro, sul luogo di immatricolazione del veicolo (ove appartenente al territorio di uno Stato membro dell’UE ovvero a un Paese terzo), imposto dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n.7, che ha dato attuazione alla direttiva 2006/38/CE (di modifica della Eurovignette), ed espressamente riferito al regime di imposizione dei pedaggi. Il giudice amministrativo ritiene che tale divieto sia applicabile anche alla riduzione compensata dei pedaggi, in quanto «misura idonea a riflettersi sul regime impositivo nei riguardi degli operatori economici del settore».
In vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, Assotir ha elaborato un proprio documento denominato «Quattro proposte per l’Autotrasporto Italiano», con cui analizza le principali criticità del settore e proponendo una serie di soluzioni.
Vediamo nel dettaglio le proposte, così come presentate da Assotir:
La reintroduzione dei costi minimi obbligatori per legge al fine di «porre un argine alla rincorsa al massimo ribasso a cui sono soggette le tariffe dei servizi di trasporto»;
Il rafforzamento della legge riguardante i tempi di pagamento al fine di «interrompere quel meccanismo perverso per il quale le imprese di trasporto si trovano spesso e volentieri ad anticipare denaro ai propri clienti non venendo pagate nei tempi previsti dalla legge»;
L’introduzione di una nuova disciplina per rafforzare il sistema di accertamento e pagamento delle attese al carico e allo scarico delle merci.
Claudio Donati, Segretario Generale di Assotir, ha dichiarato che la campagna elettorale rappresenta un’occasione importante per confrontarsi con le forze politiche che si candidano a governare il Paese.
«Il trasporto delle merci su gomma riveste un ruolo strategico per l’economia nazionale e necessita di un’attenzione particolare. Per questo – ha motivato Donati – presenteremo le nostre quattro proposte che mirano a contrastare due problemi fondamentali che affliggono l’autotrasporto italiano: eccessiva intermediazione e sotto tariffazione, fenomeni questi che generano danni per le imprese regolari, per la sicurezza stradale e sono causa di ingresso di capitali di origine malavitosa nell’autotrasporto».
Nel codice, finalmente La nuova norma appare alquanto rilevante sotto più profili. Innanzitutto, la novella introduce per la prima volta nel Codice Civile del 1942 un embrione di definizione di contratto di logistica, sanando in tal modo la lacuna normativa ricordata: d’ora in avanti, sotto il profilo normativo, il contratto di logistica potrà essere qualificato come un contratto di appalto che abbia ad oggetto la prestazione di più servizi riguardanti il trasferimento di cose e che ricomprenda congiuntamente almeno due delle attività indicate nell’art. 1677-bis cod. civ. La portata innovatrice della nuova norma, tuttavia, non si esaurisce sotto il profilo definitorio, in quanto introduce profili di natura sostanziale che andranno a impattare anche sui contratti di trasporto.
È nota la difficoltà dell’autotrasporto nel riuscire a soddisfare l’attuale domanda di servizi di trasporto. Infatti, oltre alle croniche criticità organizzative (dei committenti e delle aziende di trasporto) e infrastrutturali si è aggiunta da qualche tempo la carenza di autisti e i ritardi nelle consegne dei veicoli. Alla luce di ciò la patente-cqc assume ancora maggiore rilevanza e pertanto non ci si può permettere di perderla a seguito di un ritiro dovuto a infrazioni commesse durante la circolazione o a causa del mancato rinnovo dei requisiti psicofisici. Relativamente alla validità , l’art. 126 del CdS («durata delle patenti») prevede che le patenti di guida delle categorie C1, C1E, C e CE, sono valide per 5 anni fino al compimento del 65mo anno di età . Oltre tale limite la validità scende a 2 anni, previo accertamento dei requisiti fisici e psichici da parte della Commissione Medica Locale (C.M.L.). Il medesimo articolo prevede anche che, superati i 65 anni, le patenti C e CE abilitano alla guida di autotreni e autoarticolati di massa complessiva a pieno carico non superiore a 20 ton. Questa regola generale è confermata dal collegato art. 115 («requisiti per la guida») in cui si aggiunge la possibilità di condurre autotreni e autoarticolati anche con massa superiore a 20 ton, fino al compimento massimo dei 68 anni, previo conseguimento di specifico attestato di possesso dei requisiti fisici e psichici a seguito di visita medica specialistica annuale in C.M.L. per l’innalzamento dei limiti di età .
Probabilmente, mentre questa rivista va in stampa, la questione del credito d’imposta di 500 milioni a compensazione delle maggiori spese sostenute dalle imprese dell’autotrasporto per il forte aumento del prezzo dei carburanti, sarà stata risolta; il decreto attuativo sarà stato emanato e il codice tributo sarà stato comunicato dall’Agenzia delle Entrate. E le aziende del settore avranno potuto utilizzare il credito d’imposta per ridare ossigeno alle loro casse ormai allo stremo. Ma la storia di questa misura – ritenuta da tutti urgente e indispensabile – è al tempo stesso tormentata ed esemplare di quanti ostacoli disseminino la strada di ogni provvedimento adottato in Italia e di quante difficoltà , incertezze, confusioni, incomprensioni, ma anche superficialità e imprevidenza finiscano per allungare i tempi di realizzazione di qualunque provvedimento, anche il più urgente.
18 marzo. Il governo approva i 500 milioni Il gasolio costa 56 cent in più da inizio anno
21 aprile. Non si userà il credito d’imposta Il gasolio costa 17 cent in più di gennaio
Sarà stato che il gasolio ad aprile aveva cominciato a calare di prezzo (nella settimana tra l’11 e il 17 ha toccato il punto più basso del periodo con 1,750 euro al litro, pur sempre però 15 centesimi in più dei primi di gennaio), ma il confronto governo-associazioni per concordare le modalità dell’erogazione segna il passo. Un primo incontro serve solo a stabilire che il beneficio sarebbe toccato unicamente ai veicoli Euro V ed Euro VI, remunerando in tal modo gli imprenditori più «virtuosi» che sarebbero stati beffati dal taglio lineare. Ma ancora il 21 aprile – con il gasolio a 1,767 euro, 17 centesimi più caro di gennaio – dopo una nuova riunione con la viceministra, non c’era ancora neppure la certezza che si potesse impiegare il credito d’imposta per ottenere le risorse. «Dal confronto», recitava una nota diffusa da CNA-Fita, «è emerso, in particolare che, molto probabilmente, non sarà il credito d’imposta lo strumento per distribuire i 500 milioni alle imprese. La viceministra ha spiegato infatti che, in alternativa a questa modalità , si starebbe studiando la possibilità di assegnare tali risorse tramite l’Agenzia delle Dogane che già dispone dei dati relativi al consumo di gasolio dei primi tre mesi di quest’anno».
28 aprile. Contrordine: si userà il credito d’imposta Il gasolio costa 23 cent in più di gennaio
Il 28 aprile, un nuovo incontro dà il contrordine: si userà il credito d’imposta, ne potranno usufruirne le aziende con mezzi Euro V ed Euro VI e con massa totale maggiore di 7,5 tonnellate. E finalmente il 2 maggio (il gasolio sta ricominciando a salire: nella settimana 2-8 maggio è a 1,791 euro al litro: più 23 centesimi rispetto a gennaio) il Consiglio dei ministri, insieme alla proroga all’8 luglio del taglio lineare dell’accisa, (ri) approva, nel cosiddetto decreto «Aiuti», l’erogazione dei 500 milioni (496.944.171, per la precisione), questa volta con qualche indicazione in più: l’importo riconosciuto a ciascuna impresa sarà commisurato al quantitativo dei gasolio consumato nel 1° trimestre 2022: il credito d’imposta sarà pari al 28% dei costi sostenuti per l’acquisto del carburante (con un beneficio stimato in 25-30 centesimi al litro). In più tale beneficio non concorrerà alla formazione del reddito. Grande festa. CNA-Fita annuncia: finalmente in dirittura d’arrivo i 500 milioni per l’autotrasporto merci.
12 maggio. Adesso c’è il problema del de minimis il gasolio costa 23 cent in più di gennaio
Ma dev’essere una dirittura più lunga dell’arrivo della Milano-Sanremo, se dopo dieci giorni – il 12 maggio (con il gasolio, intanto risalito, quella settimana, a 1,828 euro al litro, 23 centesimi in più di gennaio) – sorge il problema del de minimis, cioè del limite di sostegno alle imprese che un governo non può superare per non incorrere, da parte dell’Unione europea, nella procedura d’infrazione per «aiuti di stato»; limite che per l’autotrasporto è di soli 100 mila euro (in tre anni) per singola azienda contro i 200 mila di quasi tutti gli altri settori produttivi. In realtà , per attutire gli effetti negativi della pandemia, da marzo 2020 questa disposizione è stata attenuata da Bruxelles, ma il decreto non esplicita il ricorso alla norma «attenuata», lasciando il dubbio che in questo caso non possa essere applicata con il rischio, soprattutto per le imprese maggiori – e quindi più esposte – che il tetto del de minimis faccia diventare il beneficio davvero minimo.
17 maggio. Il decreto in Gazzetta il gasolio costa 10 cent in più di febbraio
Per capire come stanno le cose bisogna attendere la pubblicazione del decreto-legge sulla Gazzetta ufficiale, il 17 maggio (il gasolio è il leggera discesa, a 1,820 euro al litro, ma ancora 22 centesimi più di gennaio). Nel testo, in effetti, non compare la dizione circolata in bozza che faceva riferimento al de minimis pre-Covid, ma una conferma da Bruxelles è, comunque, necessaria, nel senso che – sia pure formalmente – l’applicazione della norma «attenuata» deve essere notificata alla Commissione europea che la deve valutare. Soltanto dopo – con la certezza che il sostegno non cadrà sotto la tagliola del de minimis – si potrà emanare il decreto attuativo e, soprattutto, l’Agenzia delle Entrate potrà comunicare alle imprese il codice tributo da usare per «scalare» il contributo dal primo F24 possibile.
7 giugno. Giovannini: il decreto è fermo a Bruxelles Il gasolio costa 34 cent in più di gennaio
Solo una semplice formalità ? Forse no, se venti giorni dopo, il 7 giugno (il gasolio quella settimana è risalito a 1,935 euro al litro, più 34 centesimi rispetto a inizio anno), il ministro per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ammette candidamente in un’audizione alla Camera che il decreto-legge 50 è oggetto di una «interlocuzione» presso la Commissione europea per evitare opposizioni da Bruxelles. Le associazioni di rappresentanza cominciano a preoccuparsi. Unatras si sente costretta a scrivere direttamente al presidente del Consiglio, Mario Draghi, oltre che a Giovannini e a Bellanova, per sollecitare l’erogazione del sostegno.
16 giugno. Giovannini: il decreto è fermo a Bruxelles Il gasolio costa 34 cent in più di gennaio
È una fase delicata per il sistema dei trasporti mondiale, quella in cui Alessandro Pitto è stato chiamato alla guida di Fedespedi. I prossimi anni si presentano nel segno degli squilibri creati dalla pandemia, dell’incertezza del quadro politico-economico mondiale di cui il conflitto in Ucraina sembra una prima drammatica avvisaglia, della transizione verso il trasporto a zero emissioni. Ma Pitto, genovese di 52 anni, abituato dalla nascita ad affrontare i pericoli del mare – meteorologici ed economici – non sembra aver paura. Neppure del fatto di essere il 17° presidente dell’associazione degli spedizionieri italiani. Anzi è la sfida interna a mettere al primo posto del suo programma: «Dobbiamo innanzitutto consolidare», esordisce, «il ruolo della nostra Federazione come interlocutore esperto nel dialogo con stakeholder e decisori pubblici, ruolo che abbiamo costruito in 76 anni di storia al servizio delle imprese di spedizioni italiane e rafforzato nell’ultimo triennio grazie alla rilevanza acquisita dal mondo della logistica nello scenario internazionale e al lavoro portato avanti insieme a Confetra».
Lei viene dal mare. E dal mare sono arrivati i primi squilibri creati dalla pandemia, con navi container bloccate fuori dai porti. Nella difficoltà , tuttavia, le compagnie marittime fanno utili con crescite a due cifre. Quali conseguenze ha tale squilibrio sugli spedizionieri?
Rispetto alle dinamiche di mercato a cui eravamo abituati, è in corso una rivoluzione, che pesa quotidianamente, da due anni, sull’operatività delle imprese di spedizioni e soprattutto sui flussi in import e in export. I disagi a danno della merce che tutti conosciamo – noli elevati, affidabilità ai minimi storici, mancate partenze – sono esplosi nel post pandemia, ma le loro cause vengono da lontano e affondano le radici nella rincorsa al gigantismo navale che ha messo in crisi gli altri snodi della logistica. Grazie a processi di acquisizione orizzontale e di integrazione verticale le compagnie marittime hanno consolidato una posizione di assoluta dominanza nel mercato che sfruttano a proprio vantaggio grazie anche a una legislazione europea non più adeguata al contesto di mercato – penso in particolare al Consortia Block Exemption Regulation. La forza delle shipping line sta nella capacità di controllare l’offerta di stiva e di conseguenza il livello dei noli. L’ultima analisi del Centro Studi Fedespedi lo mette bene in evidenza: nel primo trimestre 2022 è stata registrata una diminuzione del livello di traffico di container a livello mondiale (a causa degli effetti della crisi in Ucraina) ma i profitti finali delle shipping line continuano ad avere segno positivo. Davanti a tale scenario, mi preme sottolineare che il conto non lo pagano solo le imprese di spedizioni ma pesa sul Made in Italy, sui flussi di import-export, sulla merce, sui consumatori. Dunque, il tema non è solo tutelare il ruolo delle imprese di spedizioni, ma proteggere il mercato. In USA la questione è ben presente anche agli organi di governo, in primis al presidente Biden che rintraccia nell’oligopolio delle compagnie marittime una delle cause dell’inflazione. Purtroppo, il nostro interlocutore in Europa è stato finora passivo davanti alle istanze delle rappresentanze dell’industria logistica. Ma noi continuiamo a lavorare con il CLECAT, nostra rappresentanza in Europea, e con FIATA, la nostra federazione a livello mondiale, richiamando il decisore pubblico e le autorità competenti a intervenire a tutela del mercato.
Per la prima volta la logistica entra nel Codice civile, grazie a un emendamento al DL sul PNRR, con cui il legislatore ne riconosce il ruolo e il contratto che definisce il suo svolgimento assume forma specifica all’interno della regolamentazione dei contratti di appalto. Dopo l’ammodernamento – sostenuto da Fedespedi – della disciplina del contratto di spedizione, c’è una nuova attenzione di governo e Parlamento riguardo alla logistica?
L’emergenza pandemica ha fatto guadagnare all’industria logistica popolarità inedita di cui abbiamo giovato anche in termini di dialogo con i decisori pubblici che sempre più spesso ci hanno coinvolto tra gli interlocutori chiave per gestire la crisi prima e i piani di ripresa dopo. Un nostro merito è sicuramente quello di aver dato il massimo dell’impegno favorendo l’accreditamento della nostra rappresentanza, per la preparazione tecnica e la capacità di confronto e dialogo nei tavoli politici. In questo è stato ed è fondamentale il ruolo della nostra confederazione, Confetra: grazie a tale sinergia, è stato possibile instaurare il confronto in sede di CNEL che ha portato all’approvazione della nostra proposta di modifica del Codice civile in materia di contratto di spedizioni. Lo spirito con cui abbiamo avviato il lavoro, infatti, è stato di adattare il dettato normativo all’operatività delle filiere di approvvigionamento del 2022, restituendo agli operatori uno strumento legislativo che sia una guida alla propria attività e non motivo di incertezza o contenzioso.
Altro risultato conseguito da Fedespedi è il SuDoCo, sportello unico doganale dei controlli che dovrebbe accelerare le procedure doganali e minimizzare le attese nei porti. Ci riuscirà veramente?
Per quasi vent’anni il mondo degli operatori ha richiesto la realizzazione dello Sportello Unico Doganale e dei Controlli, strumento cardine per garantire qualità , efficienza, velocità del ‘momento doganale’. L’obiettivo è stato in parte raggiunto con l’inserimento dell’effettiva realizzazione del Sudoco nella misura 3.2 del PNRR a cui è seguito il Decreto n. 235 dello scorso dicembre contenente il Regolamento istitutivo dello Sportello Unico e la determinazione dell’Agenzia delle Dogane che ha definito l’architettura generale della piattaforma. Noi crediamo che questo strumento possa segnare un punto di svolta per il sistema logistico italiano, gravato da decenni dal peso di oneri amministrativi che ci rendono meno competitivi rispetto ai Paesi nostri vicini in Europa. L’architettura del sistema, per come la conosciamo oggi, mira a questo facendo propri i principi sanciti dalla legislazione europea: once only e single window, trasmissione di dati e informazioni una sola volta e interfaccia comune a tutte le autorità competenti per l’espletamento di controlli e formalità doganali. Sappiamo che l’Agenzia delle Dogane ha avviato già a febbraio il processo di realizzazione della piattaforma informatica. Dunque, non possiamo che chiedere di accelerare il processo e portare finalmente concretezza al progetto. Nostro compito sarà continuare a monitorare con attenzione e sollecitarne alle autorità l’effettiva e rapida attuazione.
85 anni di storia, un fatturato di circa 100 milioni di euro, una flotta composta da 700 container (tra tank e silo) e da 190 camion (di cui 140 di proprietà e 50 di padroncini in subvezione). È il ritratto in cifre della Giezendanner, società svizzera specializzata a livello europeo nel settore del trasporto intermodale e stradale, dal 2021 approdata anche nel nostro Paese con l’apertura di una filiale con sede a Ravenna. A guidare la rappresentanza italiana è Simon Valvassori, che ha raccontato a Uomini e Trasporti progetti, numeri e ambizioni della società , entrata dallo scorso luglio a far parte anche del Gruppo Federtrasporti.
Com’è nata e qual è la storia di Giezendanner?
La società è nata in Svizzera nel 1934. Agli inizi era una piccola impresa a conduzione familiare che nel tempo è diventata un grande player. In questo momento il gruppo è leader nel trasporto interno alla Svizzera e negli ultimi anni è cresciuto ulteriormente grazie all’acquisizione di nuove società . La sede centrale è a Rothrist, nel cantone di Aargau, dove vengono coordinate tutte le attività principali. È qui, infatti, che si trova il motore di tutto: il terminal dei treni, le stazioni di lavaggio delle cisterne con certificazione SQAS, le officine, gli uffici e 25.000 metri quadri di magazzini. C’è poi la filiale di Colonia, in Germania, attiva dal 1995, che organizza tutte le operazioni di trasporto in nord Europa. Il collegamento tra Rothrist e Colonia è assicurato ogni giorno grazie a una coppia di treni con 40 unità : il primo treno parte alle 16 da Rothrist in direzione Koln e il secondo alle 17 in direzione opposta. Così vengono inviati sia i carichi dei clienti, sia le unità vuote per i successivi ricarichi. Giezendanner è anche azionista di maggioranza della Kombiverkehr, l’associazione dei trasportatori intermodali tedeschi.
Cos’ha portato la società a sbarcare anche in Italia?
La filiale italiana è stata ufficialmente costituita nel 2021, ma in realtà le basi di questa operazione affondano le radici nel 2017. All’epoca la società era intenzionata ad allargare i propri orizzonti e a espandersi sul mercato italiano alla ricerca di nuovi clienti. Allo stesso tempo io, che venivo da 15 anni di lavoro come direttore presso una grande ditta privata di trasporti stradali in cisterna, ero alla ricerca di nuove opportunità lavorative di più ampio respiro e così decisi di iniziare a collaborare con Giezendanner. Diciamo che è stato un mutuo arricchimento. È successo infatti che molti dei miei clienti precedenti mi hanno chiesto di poter collaborare seguendomi nella nuova realtà , per cui abbiamo sviluppato un lavoro che ad oggi ha portato la filiale a gestire una flotta di circa 100 container dedicati prevalentemente al trasporti di prodotti colloidi, come latici, dispersioni ecc.
Quali sono i vostri mercati di riferimento?
I nostri tank non sono dedicati al mercato italiano, ma viaggiano per tutta Europa anche su tratte «esotiche». Solo a titolo di esempio, carichiamo regolarmente dal Belgio per Svezia e Finlandia, ma anche per Polonia e Repubblica Ceca. Ovviamente il mercato italiano dal Belgio è il principale, ma per noi è importante offrire un servizio a 360° e i clienti apprezzano molto questa caratteristica e la nostra flessibilità . Un lavoro, del valore di 6 milioni di euro annui per un totale di circa 350 trasporti al mese, svolto con i nostri tank container e con 5 subvettori integrati che svolgono per noi i trasporti stradali in caso di ritardi o emergenze.
Qual è il bilancio dell’attività fin qui svolta?
La crescita dei trasporti e del lavoro gestito è stata pari a un 25% annuo. Ed è proprio questa crescita che ha portato nel 2021 alla costituzione della succursale italiana, che in realtà è molto più di una semplice filiale: nei fatti è una società autonoma con status interno di business unit. Abbiamo completa autonomia per la selezione dei clienti, le tariffe, le strategie commerciali.
A luglio Giezendanner Italy è entrata a far parte nel Gruppo Federtrasporti. Cosa vi ha spinto a intraprendere questo processo di affiliazione?
Un tratto essenziale che contraddistingue la vostra attività ?
Il lavoro di squadra. In ufficio sono affiancato da tre professionisti, tra i quali Cristina Grecu – responsabile operativo – che è il mio braccio destro e il mio vice. Non meno importanti sono gli autisti per le trazioni: rappresentano una risorsa preziosissima e sono il nostro biglietto da visita. Del resto, in tempo di Covid, quando non ci si vedeva con i clienti, chi erano gli unici a mandare avanti il lavoro?
Quali sono i piani per il futuro?
La società , come accennato, cresce per acquisizioni e questa resta la strategia principale anche per i prossimi anni. A tal proposito possiamo dire che siamo interessati anche ad acquisire una o più società del nostro Paese per una crescita organica nel sistema Italia.
Con il settore dell’autotrasporto attanagliato dalla cronica carenza di autisti e dalla crescente pressione sui tempi di transito, spesso a causa di strade sempre più congestionate dal traffico e dai cantieri eterni, il ricorso all’intermodalità può rappresentare una boccata d’ossigeno per le imprese di autotrasporto. Attraverso un’equilibrata combinazione tra strada e rotaia, è possibile infatti riuscire a ottimizzare con maggiore efficienza i flussi di merci, oltre che a renderli più sostenibili. Così sì potrebbe riassumere la visione di Trasporti Pesanti, operatore logistico con sede a Piadena (Cremona), da sempre convinto della bontà della soluzione intermodale che, secondo il direttore generale Stefano Storti, «diventerà sempre più indispensabile per le strategie di movimentazione delle merci dei prossimi anni».
Una logistica alternativa a quella su gomma
Una visione, quella di Trasporti Pesanti, che è stata corroborata da continui investimenti per il potenziamento delle infrastrutture per l’intermodalità . Ne è una chiara conferma l’annuncio, nello scorso luglio, dell’avvio di un nuovo collegamento ferroviario tra il proprio terminal, situato a Piadena (a 150 km da Milano), all’hub Interface di North Sea Port, situato a Gand. L’apertura di questa nuova rotta unisce la Lombardia al Belgio e rappresenta il secondo accesso ferroviario in Italia dopo quello di Segrate, avviato nel 2021. Il servizio, come ha sottolineato Storti nel corso dell’evento di inaugurazione della nuova linea, «è stato reso possibile da un notevole sforzo da parte del team della Trasporti Pesanti e anche dei nostri fornitori, che hanno garantito l’approvvigionamento dei mezzi di movimentazione e la realizzazione delle infrastrutture necessarie». Strategica in tal senso, per la finalizzazione del progetto, la sinergia avviata con la compagnia ferroviaria belga Lineas.
15.000 container all’anno
«I clienti chiedono capacità di trasporto ferroviario aggiuntiva sul corridoio europeo tra il Nord e il Sud – ha sottolineato Storti – e riteniamo che questo collegamento sia la risposta perfetta: una soluzione ferroviaria veloce e affidabile, capace di collegare in circa 24 ore due tra le regioni industriali più importanti d’Europa». Ma si tratta anche di una soluzione ecologica, considerando che questo servizio, aggiunge Storti, «è in grado di trasferire dalla strada alla rotaia circa 15.000 container l’anno, evitando così l’immissione nell’ambiente di 90.000 tonnellate annue di CO2». La frequenza del servizio sarà di cinque viaggi la settimana, in entrambe le direzioni. Le principali merci trasportate dai treni riguardano prodotti chimici, acciaio, piastrelle, prodotti per la casa, merci sfuse e polveri in tutti i tipi di container.
Per Linde stiamo parlando dei transpallet elettrici T14-T20 con operatore a terra, che hanno una portata tra le 1,4 e le 2 ton e si presentano più robusti e silenziosi. Ideali per la movimentazione e il trasporto di pallet, i T14-T20 hanno un design compatto, con un telaio di soli 429 mm che rende il carrello più maneggevole e allo stesso tempo più leggero. Tutti i transpallet sono dotati di un motore elettrico a prestazioni elevate. La funzione Safety Speed riduce automaticamente la velocità di marcia in base all’angolo del timone, mentre il caricabatteria integrato consente di effettuare la ricarica da qualsiasi presa di corrente (entrambi optional). Sul fronte sicurezza, se l’operatore rilascia l’interruttore a farfalla o modifica la direzione di marcia, il mezzo frena automaticamente. Un sistema anti-schiacciamento rileva il contatto, anche leggero, del piede con il veicolo e lo arresta, evitando l’intrappolamento dei piedi tra carrello e ostacolo. Un freno di stazionamento automatico impedisce lo spostamento involontario in pendenza e la funzione marcia lenta – opzionale – consente un controllo supplementare in situazioni difficili. Rispetto al comfort, il display sul telaio fornisce all’operatore tutte le informazioni su ore di funzionamento, batteria e stato di manutenzione. Il motore silenzioso, così come la pompa idraulica, gli equipaggiamenti speciali e le ruote opzionali a triplo rullo portante, mantengono la rumorosità al di sotto dei 60 DB per un impiego serale o notturno in aree urbane. Infine, per i servizi di assistenza i tecnici del Gruppo sono in grado di accedere ai dati del transpallet tramite un’interfaccia centrale, per effettuare la diagnostica degli errori e gli aggiornamenti software, anche da remoto.
Anche Still ha lanciato una nuova gamma elettrica, la RXE 10-16 C, con portata fino a 1,6 ton e velocità max di 12,5 km/h. Alti meno di 2 m e larghi meno di 1 m, questi frontali sono ideali per lo scarico dei camion. Possono essere equipaggiati con batteria al piombo-acido o agli ioni di litio e sono alimentati da un motore trifase da 24 v a bassa manutenzione. Anche in questo caso la sicurezza è stata garantita con il Curve Speed Control, che regola automaticamente la velocità in curva e aiuta a mantenere il veicolo in traiettoria, l’indicatore di direzione, l’illuminazione di sicurezza Safety Light 4Plus, il segnalatore dell’altezza di sollevamento, l’assistente di stabilità e il rilevamento del sovraccarico. Infine, il computer di bordo intelligente Still Easy Control permette di visualizzare l’altezza di sollevamento, l’angolo, il brandeggio del montante, il carico e il suo baricentro.